L’auto elettrica accelera, ma il piano dell’Europa qual è?

scritto da il 03 Giugno 2025

Post di Alberto Stecca, ceo di Silla Industries – 

Nel primo trimestre del 2025, le vendite globali di veicoli elettrici sono cresciute del 35% rispetto al 2024. Secondo l’ultimo report dell’International Energy Agency (IEA), entro fine anno oltre un’auto nuova su quattro sarà elettrica. La transizione ecologica non è più una scommessa: è in piena accelerazione.

Eppure, proprio mentre il mercato globale accelera, emergono traiettorie opposte: se da un lato, i costruttori tradizionali rallentano – ad esempio Honda ha appena annunciato un taglio del 30% ai suoi investimenti EV, preferendo rifugiarsi nel segmento ibrido – i nuovi player progettano e crescono. BYD – il gigante cinese dell’elettrico – rilancia in Europa con la Dolphin Surf, una compatta full electric sotto i 19.000 euro, progettata da zero per il mondo elettrico e pronta per competere in uno dei segmenti più sensibili al prezzo.

Nel mezzo, l’Europa si scopre vulnerabile. Non solo perché il divario tecnologico con la Cina cresce a ritmo costante, ma soprattutto perché manca una visione industriale chiara, condivisa e soprattutto attuata con coerenza. Non si tratta solo di fare “più auto elettriche”, ma di decidere quale ruolo vogliamo giocare nella filiera del valore: progettare o assemblare, innovare o rincorrere, guidare o subire.

Oggi assistiamo a strategie scoordinate: alcuni costruttori investono in piattaforme native EV e provano a difendere una presenza industriale locale; altri, di fronte alla pressione dei margini, arretrano e si affidano a tecnologie esterne, spesso asiatiche. Il risultato è una frammentazione che rende l’Europa fragile, esposta non solo alla concorrenza cinese, ma anche alle instabilità delle catene globali del valore.

auto elettrica

Vogliamo davvero che l’Europa diventi il mercato — e non il motore — dell’innovazione altrui?

Servono scelte chiare sulle tecnologie chiave, investimenti mirati e una filiera europea che non sia solo un ideale, ma una realtà industriale competitiva. Serve un’alleanza tra industria, istituzioni e innovazione per costruire un ecosistema capace di competere su scala globale.

Alcuni brand leader, come Renault, propongono soluzioni coraggiose – come un “Airbus dell’auto elettrica” – per rilanciare la produzione di veicoli accessibili e nativamente elettrici. Ma troppo spesso queste iniziative restano isolate, non seguite da un’azione sistemica.

Oggi si parla di dazi, e si discute di come difendersi dalla concorrenza cinese. Ma i dazi sono solo una misura difensiva, temporanea. Non sostituiscono la necessità di ricostruire filiere locali, investire in piattaforme europee, rafforzare l’infrastruttura e soprattutto riportare valore industriale nel continente.

Perché la vera frattura non è più (solo) tra Cina ed Europa, ma tra chi crede ancora nel ruolo strategico dell’industria europea e chi ha rinunciato a immaginarla. Alcuni gruppi investono per restare protagonisti, altri si limitano a fare da distributori di tecnologie sviluppate altrove, al punto che alcune grandi aziende europee oggi si limitano a distribuire prodotti sviluppati interamente in Asia, pur avendo storicamente competenze ingegneristiche e capacità industriale da leader globali.

Rinunciando a una visione chiara e investimenti coerenti, l’Europa rischia di uscire dalla grande transizione industriale del secolo senza un ruolo da protagonista.