Il declino silenzioso del dollaro: le nuove reti prendono il potere

scritto da il 03 Giugno 2025

Conflitti, sanzioni economiche, rivoluzioni digitali e un debito USA fuori scala stanno riscrivendo le regole del gioco. È in corso una nuova guerra fredda: finanziaria e tecnologica. Il mondo sta cambiando sistema operativo.

Il controllo delle infrastrutture monetarie è la nuova frontiera del potere. Chi emette e intermedia valuta detta le regole. Non basta più emettere la moneta dominante: bisogna gestire la rete, la fiducia che la sorregge e il codice che la governa.

Il dollaro sta diventando come il latino medievale: lingua ufficiale delle corti e dei mercati, onnipresente nei documenti anche se a casa nessuno lo parlava più. Negli anni ’60 oltre l’80% delle riserve valutarie globali era in dollari. Nel 2001 erano il 72%. Oggi sono sotto il 59% (IMF, 2024). Nessuna valuta l’ha ancora sostituito, ma tutte lo stanno aggirando. Il mondo continua a usare dollari come unità di conto (valuta in cui si formula il prezzo) — ma sempre meno come mezzo di pagamento (valuta con cui si salda effettivamente). Sempre più spesso, la fattura è in dollari ma il bonifico no.

Il biglietto verde domina sulla carta, ma perde potere nei fatti. È ancora usato per circa il 60% delle fatture nel commercio internazionale (Boocker and Wessel, 2024), ma la quota nei pagamenti è scesa al 46%, mentre l’euro pesa per il 24% e lo yuan avanza. Gli Stati Uniti contano per appena il 12% del commercio globale effettivo. La quota del dollaro nei cambi è ai minimi dal 2002, l’indice DXY ha perso l’8% dal picco del 2022. Le banche centrali diversificano e le imprese fatturano in valute locali (Bank for International Settlements, BIS, 2022).

dollaro

Le statistiche sovrastimano il ruolo effettivo del dollaro. Le transazioni in valute alternative bypassano SWIFT (la rete occidentale che collega le banche globali), non usano dollari Usa e non compaiono nei conti ufficiali. Flussi Sud-Sud, export cinesi, pagamenti con l’Africa: una quota crescente del commercio globale sfugge alla rilevazione. Leggere l’economia globale in dollari è come usare una vecchia mappa: può falsare la lettura macroeconomica.

Un nuovo sistema operativo globale. Oltre cento paesi stanno testando valute digitali (Central Bank Digital Currencies – CBDC). Sono strumenti di pagamento, ma anche leve di potere: offrono tracciabilità, programmabilità e integrazione fiscale. Sono nate come innovazione tecnica, ma stanno diventando infrastrutture geopolitiche. Alcune, come il digital yuan, sono già operative e integrate con Russia, Emirati, ASEAN (l’associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico). Progetti come mBridge (piattaforma cross-border promossa dalla Banca dei Regolamenti Internazionali) consentono transazioni tra valute digitali ufficiali fuori da SWIFT e dal dollaro (IMF, 2024; BIS, 2024). Il nuovo asse monetario passa per la rete.

Il potere si sposta dalle valute alle reti. La vera competizione non è tra monete, ma tra architetture digitali.

La Cina ha costruito una rete completa. CIPS (Cross-Border Interbank Payment System) per i pagamenti interbancari in yuan; UnionPay, il più grande circuito globale di carte per volume; Alipay, piattaforma digitale di pagamenti retail usata da 80 milioni di esercenti. È un sistema chiuso, ma già globale.

L’India ha fatto ancora di più. UPI (Unified Payments Interface), piattaforma statale per i pagamenti digitali, processa oltre il 50% del Pil indiano e funziona già in Francia, Singapore, Malesia. MOSIP (Modular Open Source Identity Platform), sistema per l’identità digitale, è in rollout in 17 paesi dal Marocco alle Filippine. Non si paga senza venire identificati. E chi controlla l’identità, controlla il flusso.

Gli Stati Uniti non stanno innovando: stanno deregolando. Il Congresso ha bloccato la CBDC federale. Al suo posto: stablecoin private, finanza non regolata e, dal 2025, accesso diretto di soggetti privati ai sistemi pubblici. Il caso DOGE (Department of Government Efficiency) è emblematico: il team di Elon Musk ha ottenuto accesso al sistema di pagamento del Bureau of Fiscal Services, che gestisce l’80% della spesa federale USA. Alcuni pagamenti pubblici sono stati sospesi o rallentati, senza spiegazioni ufficiali. Non è l’infrastruttura a mancare, ma la fiducia nella sua neutralità.

Il rischio non è il collasso, ma la frammentazione. Ogni rete nazionale adotta standard propri: difficoltà di integrazione, costi duplicati, maggiore esposizione al rischio. SWIFT resta centrale, ma ogni barriera tecnica diventa un incentivo politico: restare nel proprio ecosistema.

L’Europa ha un’opportunità, ma il tempo stringe. Il regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets Regulation) è operativo, l’euro digitale in fase di design. L’Unione Europea ha scala, istituzioni e legittimità per proporre un’alternativa trasparente alle big tech USA e ai protocolli asiatici. Ma le banche frenano e l’infrastruttura tarda ad arrivare (ECB, 2025). Nel frattempo, intelligenza artificiale e smart contracts accelerano la disintermediazione. Chi arriva tardi, resta fuori.

Il dollaro non sparirà, ma rischia l’obsolescenza silenziosa. Resterà nei contratti, nelle statistiche, nei bilanci. Ma sarà come il latino odierno: presente nei documenti, assente nella vita. Resiste, ma non comanda. Oggi la vera unità di conto è la rete. E chi la controlla, detta le regole.

Bibliografia