Sovranità dei dati: la sfida dell’AI nelle imprese italiane

scritto da il 17 Giugno 2025

Post di Alberto Adorini, CEO e Co-founder di Brainyware – 

Negli ultimi anni, l’Intelligenza Artificiale generativa ha conquistato l’immaginario collettivo. Se ne parla con entusiasmo, la si sperimenta con curiosità, e molti la indicano come il prossimo grande salto tecnologico. Eppure, quando si passa dal piano delle intenzioni a quello dell’implementazione concreta, il quadro che emerge è ben diverso: l’impatto reale sull’ecosistema imprenditoriale italiano resta limitato.

Secondo l’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, soltanto il 22% delle grandi aziende e appena il 6% delle PMI hanno avviato progetti strutturati. Il dato si riduce ulteriormente se ci si concentra sui modelli generativi. Il confronto europeo evidenzia un divario significativo: nei Paesi nordici oltre un’impresa su quattro utilizza già soluzioni basate su AI, mentre in Italia la penetrazione si ferma all’8,2%.

Perché questa distanza? Le cause di questo ritardo sono note e ricorrenti: complessità tecnologica, scarsità di competenze specialistiche, costi difficili da stimare e, soprattutto, dubbi legati alla gestione e alla sovranità dei dati.

I costi dell’AI? Come un lancio di dadi

L’adozione dell’AI, infatti, ha un costo che va ben oltre la semplice licenza. Incide in modo rilevante il consumo dei cosiddetti token, l’unità di misura del lavoro svolto dal modello. Più l’AI è sofisticata, maggiore è il numero di token richiesti, con un impatto diretto e spesso imprevedibile sui costi. Non sorprende che il 40% dei CFO paragoni la stima dei costi legati all’AI a un lancio di dadi.

Un’ulteriore criticità riguarda l’inadeguatezza dei modelli generalisti rispetto al contesto aziendale. Offrono risposte generiche, non sempre affidabili e spesso disancorate dalla specificità del business. Secondo uno studio recente, nel 20% dei casi i contenuti generati risultano imprecisi o “allucinati”: un margine di errore inaccettabile per chi prende decisioni strategiche.

L’uso di piattaforme esterne: vietare non basta

Il nodo cruciale resta tuttavia quello della sovranità del dato. Ed è qui che emerge un fenomeno insidioso: l’Invisible Knowledge Loss. Ogni giorno, in uffici e reparti anche critici, i dipendenti utilizzano strumenti di AI per ottimizzare il proprio lavoro – dalla redazione di e-mail alla produzione di documenti – ricorrendo spesso a piattaforme esterne tramite account personali.

AI

 Il 27% delle aziende statunitensi ha già introdotto limiti, se non divieti, all’utilizzo di strumenti di AI generativa (Designed by Freepik)

Si stima che il 74% degli accessi all’AI avvenga al di fuori dei canali ufficiali aziendali, con il risultato di una progressiva dispersione del patrimonio informativo e del know-how interno. Un rischio amplificato dal fatto che molte soluzioni generaliste si istruiscono proprio sulla base dei dati ricevuti. Non stupisce, dunque, che il 27% delle aziende statunitensi abbia già introdotto limiti – o veri e propri divieti – all’utilizzo di strumenti di AI generativa. Tuttavia, vietare non basta. È solo l’inizio.

L’AI in azienda e un reale vantaggio competitivo

Alla luce di tutto questo, viene da chiedersi: come può un’impresa abbracciare davvero questa tecnologia senza perderne il controllo? In Brainyware ci siamo a lungo interrogati, e la risposta – a nostro avviso – passa da tre elementi strategici. In primo luogo, è necessario riappropriarsi della sovranità sui dati, evitando che il patrimonio informativo aziendale venga disperso o messo a rischio. In secondo luogo, è fondamentale personalizzare l’AI sul contesto specifico in cui si opera: solo un modello costruito attorno alle specificità dell’impresa – non un sistema standardizzato – può offrire un reale vantaggio competitivo. Infine, serve un modello di pricing chiaro e trasparente, che consenta di pianificare gli investimenti con consapevolezza.

Le aziende italiane sono disposte a investire

Su questi tre pilastri abbiamo costruito la nostra proposta e il mercato ha risposto in modo immediato con un picco di ordini. Un segnale chiaro che le imprese italiane, anche quelle di piccole e medie dimensioni, riconoscono le potenzialità dell’AI generativa e sono pronte a investire in soluzioni se su misura e sicure.

L’Intelligenza Artificiale generativa ha il potenziale per ridefinire i modelli di business e trasformare i processi decisionali. Ma non basta adottarla: occorre governarla. E per farlo servono metodo, consapevolezza e visione. È il momento di passare dalla sperimentazione alla strategia, affinché l’innovazione non resti una promessa, ma diventi una leva concreta di crescita e competitività.