Non bastano i dati: come trasformarli in vantaggio competitivo

scritto da il 19 Giugno 2025

Il Knowledge Management non è più una funzione accessoria, è l’esperienza, le competenze e le idee di chi decide e che può fare la fortuna o la sfortuna di un’impresa. La conoscenza oggi rappresenta una vera e propria infrastruttura strategica che alimenta competitività, innovazione e capacità adattiva delle imprese. In un contesto segnato da avanzamenti tecnologici esponenziali, dall’affermarsi di Intelligenza Artificiale e Quantum Technologies, dall’incertezza dei mercati e dalle nuove sfide geopolitiche, il vero differenziale competitivo risiede sempre più nel capitale intellettuale, nelle impalcature cognitive che abilitano la capacità di un’azienda di produrre, condividere e rigenerare conoscenze, competenze e relazioni, diventando l’asset centrale per il successo.

Governare efficacemente la conoscenza significa accelerare l’innovazione, rafforzare l’agilità strategica, valorizzare il patrimonio immateriale, facilitare il trasferimento delle competenze tra generazioni e costruire reti collaborative ad alto valore aggiunto. Non è un caso che il Global Knowledge Management Survey di APQC (2023) rilevi come oltre il 75% delle imprese leader a livello globale consideri oggi il KM una leva essenziale per migliorare performance e posizionamento competitivo. A confermare tale tendenza è anche Gartner, secondo cui il 67% dei CEO ritiene che la capacità di valorizzare la conoscenza interna sarà decisiva per il successo nei prossimi tre anni.

Il KM è ormai una competenza core che permea strategia, cultura e processi aziendali. I modelli più evoluti di corporate strategy, dalle multinazionali alle PMI innovative, integrano pratiche di knowledge governance a supporto di processi decisionali più solidi e inclusivi.

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Di questi temi si è discusso lo scorso 30 maggio all’Università di Salerno, durante la terza edizione del Workshop Internazionale della Italian Global Community of Knowledge Management (IGCKM). Come ha sottolineato Maria Teresa Cuomo, Ordinario di Management dell’Innovazione all’Università di Salerno e Co-Chair del Workshop, “l’obiettivo è costruire una comunità di pratica aperta e metadisciplinare, capace di accompagnare concretamente lo sviluppo della knowledge economy”.

L’edizione di quest’anno ha visto la partecipazione di oltre 500 persone tra accademici, rappresentanti del mondo imprenditoriale, policy maker e giovani ricercatori. Il workshop ha approfondito le nuove frontiere del KM nei sistemi complessi, con particolare attenzione alle interconnessioni tra tecnologie emergenti, capitale intellettuale ed ecosistemi collaborativi.

Manlio Del Giudice, Ordinario di Management all’Università Digitale Pegaso e Founder di IGCKM, ha ricordato che “le imprese capaci di integrare KM, tecnologia e capitale intellettuale non solo innovano più rapidamente, ma si affermano come veri hub cognitivi nei loro mercati di riferimento”.

Uno dei temi trasversali emersi riguarda proprio l’utilizzo del KM per promuovere innovazione responsabile. Dalla gestione avanzata dei dati e delle competenze nelle filiere manifatturiere all’accelerazione di nuovi modelli imprenditoriali nei settori fintech, agrifood, cybersecurity e Quantum Technologies, la capacità di orchestrare conoscenze, di leggere i dati ed interpretare gli scenari, anticipando il mercato rappresenta la vera value proposition di successo.

Come ha osservato Armando Papa, Ordinario di Management all’Università di Salerno e Co-Chair del Workshop, “l’innovazione nasce spesso nei punti di confine. È quando la conoscenza si muove tra domini diversi – tecnici, creativi, manageriali – che si sprigionano soluzioni davvero inedite, capaci di trasformare dati in scelte prima e soluzioni poi, quindi di Business e Human Intelligence: è proprio questa la potenza trasformativa della conoscenza”.

In questa prospettiva, il KM si conferma un abilitatore per la gestione della complessità, il governo della trasformazione digitale e il sostegno alla sostenibilità sociale e ambientale. Giuseppe Fenza, Associato di Informatica all’Università di Salerno e Co-Chair del Workshop, ha ribadito che “nessuna impresa può innovare da sola. In un mondo data-driven, costruire alleanze cognitive con università, centri di ricerca, startup e istituzioni diventa una assoluta priorità”.

Il messaggio lanciato al mondo imprenditoriale è chiaro: il Knowledge Management non è più un tema riservato agli specialisti. È una competenza che deve permeare leadership, cultura e processi core. Applicare il KM, come ha ricordato Maria Teresa Cuomo, significa “costruire imprese più intelligenti, più inclusive e più capaci di rigenerarsi: ciò consente loro di esplorare nuove soluzioni e di coordinarsi quando necessario (esercitando integrazione e sinergia), mantenendo un assetto dinamico, adattivo e aperto.

Come ha osservato in chiusura Manlio Del Giudice:Nel nuovo paradigma dell’economia della conoscenza, in un mondo che corre, le organizzazioni operano mantenendo al contempo distintività cognitiva e capacità di reazione, quini chi ha il coraggio di imparare, ha anche la forza di guidare e lo può fare costruendo intelligenze connettive e reti cognitive aperte sempre più aperte e transdisciplinari”.

In un contesto che evolve a velocità sempre maggiore, la capacità di apprendere più rapidamente della concorrenza rappresenta oggi la leva più potente. In fondo, nell’impresa del futuro non vincerà chi possiede più dati, ma chi saprà trasformarli più velocemente in conoscenza condivisa e in valore.