categoria: Distruzione creativa
Il boom dei data center: saranno i nostri nuovi vicini di casa?


Post di Danilo Andreotti, Unit Director Data Center di Deerns –
Il mercato globale dei data center è in piena espansione. Con un valore stimato di 325,9 miliardi di dollari e previsioni che sfiorano i 440 miliardi entro il 2028, questa infrastruttura silenziosa ma cruciale sta diventando sempre più pervasiva, spinta dalla digitalizzazione dei servizi, dalla diffusione del cloud, dalla crescita dell’intelligenza artificiale e dallo sviluppo dei dispositivi connessi.
Anche in Italia la tendenza è chiara: nel 2024 la potenza IT installata ha raggiunto i 513 MW, segnando un +17% rispetto all’anno precedente. Milano, con i suoi 238 MW, si conferma un nodo strategico nel panorama europeo. Gli investimenti seguono a ruota: 5 miliardi nel biennio 2023-2024, altri 10 previsti tra il 2025 e il 2026 per arrivare ad una stima di 23 miliardi nel periodo 2025-2030.
Questa corsa alla digitalizzazione porta con sé nuove sfide, non solo tecnologiche, ma anche urbanistiche, ambientali e sociali. L’arrivo dei data center nelle città – un tempo relegati in aree industriali isolate o in periferia – impone oggi una riflessione più ampia: possono diventare una presenza positiva nel tessuto urbano? E soprattutto, a quali condizioni?
Dal hyperscale all’edge: per i data center un nuovo paradigma urbano
I data center di grandi dimensioni, gli hyperscale, restano fondamentali per supportare carichi complessi, ma oggi si affacciano sulla scena urbana anche gli edge data center: strutture più piccole, decentralizzate, pensate per essere collocate nei pressi degli utenti, nei centri abitati, per garantire prestazioni più rapide e ridurre la latenza.
Questa transizione verso infrastrutture più “di prossimità” segna un cambio di paradigma. I data center non sono più soltanto grandi scatole grigie da nascondere ai margini delle città, ma potenziali vicini di casa che si integrano nel contesto urbano. Questo cambiamento, però, richiede attenzione e gradualità. In contesti urbani già sottoposti a forti tensioni – come l’aumento vertiginoso degli affitti brevi e la rarefazione degli spazi abitativi accessibili – introdurre nuove infrastrutture richiede un bilanciamento attento tra innovazione tecnologica e vivibilità dei quartieri
Riqualificare l’esistente: rigenerazione prima di edificare
Una delle risposte possibili è il riutilizzo di edifici esistenti. Capannoni industriali dismessi, ex spazi per uffici o ex centri logistici possono essere trasformati in data center all’avanguardia. Questa strategia, già adottata in progetti pilota a Roma e Torino, consente di ridurre il consumo di suolo, accorciare i tempi di autorizzazione e mantenere un legame con la storia e l’identità dei quartieri.
Progettare la convivenza: estetica, energia e sostenibilità
Progettare un data center urbano significa anche confrontarsi con nuove esigenze: estetiche, funzionali e ambientali. Le facciate chiuse e anonime tipiche dei data center tradizionali devono lasciare il posto a soluzioni architettoniche integrate, in grado di convivere con uffici, spazi commerciali, aree comuni. È necessario pensare a edifici misti, dove coesistano tecnologia e servizi, con accesso alla luce, sicurezza e comfort.

La corsa alla digitalizzazione porta con sé nuove sfide, non solo tecnologiche, ma anche urbanistiche, ambientali e sociali (Designed by Freepik)
Il tema energetico resta centrale. I data center consumano molta energia e, in alcuni casi, anche acqua per il raffreddamento. Tuttavia, l’adozione di sistemi a circuito chiuso consente di ridurre il consumo idrico. Inoltre, si apre la possibilità di riutilizzare il calore generato dai server per alimentare impianti di teleriscaldamento di quartiere, strutture ricreative, campus o residenze, restituendo così energia alla comunità.
L’integrazione urbana può diventare un’opportunità, non solo un rischio, se affrontata con approccio sistemico: dialogando con le reti elettriche esistenti, evitando sprechi, favorendo soluzioni di economia circolare.
Norme, tempi e riconoscimento: l’urgenza di una cornice chiara
A rallentare l’evoluzione in Italia è però l’assenza di un quadro normativo certo. Attualmente i data center non hanno una classificazione ATECO specifica, e le normative regionali sono disomogenee. La Regione Lombardia ha tracciato alcune linee guida, ma serve un riconoscimento nazionale chiaro e condiviso. Nel 2024 sono state presentate in Parlamento quattro proposte di legge da partiti trasversali (Azione, Lega, FdI, PD), e l’ISTAT ha annunciato l’introduzione di un codice specifico.
Una normativa univoca consentirebbe non solo di accelerare gli investimenti, ma anche di definire standard condivisi in termini di impatto ambientale, inserimento urbano, autorizzazioni e sicurezza. Solo così si potrà parlare davvero di una trasformazione digitale responsabile.
Data center e città: la sfida della prossimità
I data center, sempre più presenti e necessari, non possono essere sviluppati in assenza di dialogo con i territori. Serve una visione che tenga conto della pressione sugli spazi urbani, dell’equilibrio sociale nei quartieri, della sostenibilità ambientale.
La vera domanda, oggi, non è se i data center possano entrare nelle nostre città, ma come. Solo progettandoli come buoni vicini di casa, capaci di convivere con i bisogni di chi abita i quartieri, potremo trasformare questa infrastruttura silenziosa in un motore intelligente di sviluppo urbano sostenibile.