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Simboli pop: per la promozione a brand non basta essere iconici


Post di Anna Maria Stein, avvocato – Of Counsel in Eversheds Sutherland, Diritto Commerciale e IP –
Il Tribunale dell’Unione Europea dice no al tentativo di trasformare l’iconico “I ♥” e il cubo di Rubik in marchi registrati. Due recenti sentenze rafforzano i limiti alla protezione di simboli generici e forme funzionali, anche se famosissimi.
Chi non ha mai indossato – o almeno visto – una maglietta con la scritta “I ♥ NY” o una delle sue infinite varianti? L’iconico simbolo dell’amore universale è ovunque: t-shirt, tazze, borse e adesivi. Ma se pensate di poter mettere un lucchetto legale su quel cuoricino rosso, sappiate che il Tribunale dell’Unione Europea non è d’accordo.
In una decisione (caso T-304/24, sentenza del 9 luglio 2025) che farà discutere il mondo del marketing e del fashion, il Tribunale dell’Unione Europea ha respinto la richiesta di registrazione come marchio del simbolo “I ♥” su capi d’abbigliamento. Una seconda decisione (caso T-1170/23, sentenza del 9 luglio 2025), arrivata quasi in parallelo, il Tribunale dell’Unione Europea ha negato anche al celebre cubo di Rubik lo status di marchio registrato per via della sua funzionalità.
Due casi diversi, una lezione comune: secondo il Tribunale dell’Unione Europea, nemmeno i simboli pop più amati sono automaticamente marchi registrabili.
Il caso “I ♥”: amore sì, ma senza esclusiva
Nel 2022, l’azienda tedesca sprd.net aveva tentato di registrare tre versioni del celebre “I ♥” per abbigliamento, posizionandolo in punti specifici: lato sinistro del petto, etichetta interna e parte posteriore del collo. L’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) ha però rigettato la richiesta. La motivazione? Il simbolo “I ♥” comunica semplicemente il messaggio “Io amo” – un’espressione così generica e diffusa da non potersi associare a un brand specifico. In assenza di un “carattere distintivo”, cioè della capacità di identificare inequivocabilmente l’origine commerciale del prodotto, un segno non può godere della protezione conferita dal marchio.
Sprd.net ha fatto ricorso al Tribunale dell’Unione Europea, sostenendo che la posizione del simbolo gli conferiva un carattere unico. Ma il Tribunale ha confermato la decisione dell’EUIPO: né il simbolo né la sua collocazione sui prodotti di abbigliamento sono sufficienti a distinguere i prodotti da quelli di altri brand.
Il cubo di Rubik: troppo funzionale per essere protetto
Nel secondo caso, il protagonista è un’icona dei giochi di logica: il cubo di Rubik. Una società britannica ha tentato di registrare come marchio il design del celebre rompicapo inventato nel 1974 dall’architetto ungherese Ernő Rubik, nel tentativo di ottenere diritti esclusivi.
Ma qui entra in gioco un altro principio cardine del diritto dei marchi: la non proteggibilità delle forme funzionali.
Il Tribunale dell’Unione Europea ha stabilito che tutti gli elementi caratterizzanti del cubo non sono solo iconici, ma sono essenziali al funzionamento del gioco. Di conseguenza, non possono essere registrati come marchio. La motivazione è più semplice che risolvere il rompicapo stesso: ogni suo aspetto, inclusi la forma cubica, la struttura a griglia e la differenziazione dei colori, serve alla funzionalità generale del gioco. Per questo motivo, il Tribunale ha confermato la decisione dell’EUIPO di annullare diversi marchi dell’Unione Europea legati cubo. Il Tribunale ha concluso che tutti gli elementi essenziali del design contribuiscono al funzionamento del prodotto, escludendolo così dalla protezione come marchio.
Cosa ci insegnano queste decisioni?
Le due pronunce ribadiscono principi fondamentali della normativa europea sui marchi:
- 1. Un segno, per essere protetto, deve avere carattere distintivo: la sua funzione non può limitarsi a trasmettere un messaggio generico o popolare.
- 2. La funzionalità esclude la registrazione: se una forma o un design sono necessari al funzionamento di un prodotto, non possono essere monopolizzati da un singolo soggetto economico.
In un mercato in cui la comunicazione visiva è fondamentale, e dove ogni dettaglio – anche il più semplice – può diventare parte di una strategia di branding, queste sentenze pongono un chiaro limite alla “trademarkizzazione” della cultura pop.
Puoi quindi continuare ad amare Parigi, i gatti o la pizza con tutte le magliette che vuoi. Ma l’amore, in fondo, resta di tutti — anche per il diritto europeo. E se ti stai ancora allenando per risolvere il cubo di Rubik in meno di un minuto, sappi che quel piccolo rompicapo colorato continuerà a mettere alla prova l’ingegno di tutti — senza essere un marchio.