AI, chip e potere: la nuova sfida tech è per la sovranità tecnologica

scritto da il 31 Luglio 2025

Post di Marco Barresi, Equity Research Analyst di Lombard Odier

Nei primi mesi del 2025, il settore tecnologico ha attraversato una fase correttiva significativa, arretrando rispetto ai picchi raggiunti nel 2024. Il ridimensionamento dei multipli, spinto da aspettative eccessive e da una maggiore selettività da parte degli investitori, non ha però intaccato il potenziale strutturale del comparto. Al contrario, la recente volatilità rappresenta un’opportunità per ricalibrare lo sguardo e concentrarsi su ciò che conta davvero: le trasformazioni profonde, sistemiche e irreversibili innescate dall’intelligenza artificiale (IA). Siamo di fronte a una transizione che va ben oltre l’evoluzione tecnologica.

L’IA è ormai un asset strategico, una leva di competitività industriale e un simbolo di sovranità tecnologica. È un ambito in cui Stati e aziende stanno concentrando capitali, attenzione politica e sforzi infrastrutturali. La posta in gioco non è solo economica, ma anche geopolitica, sociale e culturale.

Il cuore di questa trasformazione è rappresentato dalla proliferazione di modelli IA ad alte prestazioni, sempre più accessibili. L’emergere di soluzioni come DeepSeek in Cina dimostra che è possibile ottenere capacità di calcolo comparabili ai modelli più avanzati con costi di addestramento significativamente inferiori. Questo trend sta abbattendo barriere storiche all’ingresso, abilitando una democratizzazione dell’IA che coinvolge startup, università e governi locali. Il risultato è una moltiplicazione esponenziale delle applicazioni intelligenti nei settori più disparati: dalla sanità all’agricoltura, dalla manifattura all’automotive, dalla gestione dei disastri alla pubblica amministrazione.

Questa accessibilità comporta però una conseguenza tutt’altro che marginale: un’esplosione della domanda di risorse computazionali. Il paradosso di Jevons applicato al digitale è evidente: più l’IA diventa efficiente, più se ne consuma. La riduzione dei costi alimenta nuovi casi d’uso, che a loro volta generano fabbisogni crescenti di potenza di calcolo, banda, raffreddamento, sicurezza e – non ultimo – energia elettrica. I data center diventano così i nuovi snodi nevralgici del sistema economico globale.

Le esigenze dell’IA moderna, specie nelle sue declinazioni più avanzate come l’IA agentica e quella fisica, spingono i limiti dell’infrastruttura esistente. Gli agenti intelligenti, capaci di percepire, decidere e agire in autonomia, richiedono processi decisionali in tempo reale, apprendimento continuo e pianificazione strategica: tutto ciò moltiplica la necessità di elaborazione locale, attraverso architetture edge computing sempre più diffuse. Anche i sistemi multimodali – in grado di gestire voce, immagini, gesti e contesto fisico – pongono sfide inedite alla capacità computazionale e all’efficienza energetica.

AI, dalle cinque big tech Usa 300 miliardi di investimenti

Non sorprende, quindi, che i principali hyperscaler stiano accelerando i propri piani di investimento. Le cinque big tech americane prevedono per il 2025 una spesa aggregata in conto capitale di circa 300 miliardi di dollari, il 26% in più rispetto al 2024. Anche i due principali player cinesi stanno incrementando i budget, con un totale stimato di 28 miliardi di dollari. Una parte significativa di queste risorse è destinata alla costruzione e all’aggiornamento dei data center dedicati all’IA. Ma l’infrastruttura non è fatta solo di silicio e server: servono anche energia a basso costo, accesso alla rete elettrica, terreni disponibili, sistemi di raffreddamento a liquido e impianti di trasmissione ad alta efficienza.

L’altro fronte strategico è quello dei semiconduttori. Il nodo dei chip, in particolare delle GPU di fascia alta, resta critico. La domanda supera l’offerta, rallentata da colli di bottiglia produttivi e da vincoli geopolitici sempre più stringenti. Gli Stati Uniti hanno intensificato i controlli sull’export di chip IA avanzati verso la Cina, spingendo quest’ultima a rafforzare l’industria locale e a favorire l’autosufficienza. Ne sono un esempio la crescita dei progettisti di chip e dei produttori di apparecchiature per la fabbricazione dei wafer.

AI

(designed by Freepik)

Eppur si muove: ecco l’Europa

Anche l’Europa si muove: il programma “Digital Decade Policy Programme” e l’iniziativa InvestAI mobilitano complessivamente oltre 365 miliardi di euro per costruire un ecosistema digitale più autonomo, sicuro e competitivo. Negli Stati Uniti, il reshoring della produzione avanzata è ormai un obiettivo bipartisan. Il già citato CHIPS Act si affianca al progetto Stargate – una partnership pubblico-privata che prevede investimenti per 500 miliardi di dollari in quattro anni. TSMC ha annunciato ulteriori 100 miliardi di dollari per ampliare la propria presenza produttiva sul suolo americano. Tuttavia, riportare la manifattura hi-tech in Occidente richiede tempo e capitale umano altamente qualificato, ancora largamente concentrato in Asia. Il divario infrastrutturale è profondo, ma non incolmabile.

La super potenza cinese

In Cina, il governo continua a sostenere con forza lo sviluppo dell’IA nazionale, nonostante le incertezze normative. Xi Jinping ha recentemente invitato le aziende tech a “mettere in mostra il proprio talento”, confermando l’orientamento espansivo. Alibaba prevede, nei prossimi tre anni, di superare in spesa capitale quanto investito nell’intero decennio precedente. Tencent ha triplicato il rapporto capex/fatturato, portandolo al 12%. In entrambi i casi, l’obiettivo è chiaro: consolidare una leadership autonoma nel settore IA, soprattutto in ambiti chiave come l’edge computing, la robotica e i dispositivi con IA integrata. Tutto ciò avviene mentre la generazione Z – nati tra il 1997 e il 2010 – si affaccia sul mondo del lavoro con una familiarità nativa con questi strumenti. Sono utenti, creatori e acceleratori dell’adozione dell’IA. La loro presenza contribuirà a superare le barriere culturali e organizzative che finora hanno rallentato l’adozione di tecnologie intelligenti in molti contesti industriali e pubblici.

Uno sviluppo che presenta rischi: ecco quali

Naturalmente, non si possono ignorare i rischi. Le tensioni commerciali potrebbero tradursi in dazi e misure ritorsive, aumentando i costi delle componenti critiche. L’ipotesi di un rallentamento macroeconomico, in particolare negli Stati Uniti, potrebbe frenare gli investimenti IT. Tuttavia, l’adozione pervasiva dell’IA nei settori core – sanità, logistica, energia, amministrazione pubblica – rende questa spesa meno sensibile al ciclo e più resiliente rispetto ad altri segmenti tecnologici. Ripensare la tecnologia, oggi, significa affrontare simultaneamente questioni ingegneristiche, geopolitiche, ambientali e sociali. Significa comprendere che l’IA non è solo uno strumento, ma una nuova infrastruttura cognitiva su cui si giocherà la competitività futura. E per gli investitori, significa agire con consapevolezza, individuando dove il vincolo infrastrutturale genera valore duraturo.

Nel lungo termine, persino frontiere come il quantum computing – ancora lontane ma sempre più concrete – promettono di rivoluzionare l’equilibrio tra potenza e complessità, aprendo la porta a un nuovo ciclo di innovazione. Ma è nel presente che si pongono le fondamenta. E solo chi saprà investire oggi nelle reti, nei chip e nei centri di calcolo che faranno girare il mondo intelligente di domani, potrà raccogliere i frutti di un futuro sempre più automatico, ma mai privo di scelte strategiche.