categoria: Vicolo corto
Seveso III, l’Italia non è pronta: perché questo silenzio è pericoloso


Post di Massimiliano Palma, Ceo di Regola –
Mancano meno di 12 mesi a quello che sarà il 50esimo anniversario dell’incidente di Seveso, in Brianza. La catastrofe industriale che, nell’estate del 1976, vide la contaminazione dell’ambiente circostante un’industria chimica con elevati quantitativi di tetracloro-dibenzodiossina sembra, purtroppo, essere stata dimenticata. Assorbita dalle “nebbie del tempo”. E questo nonostante, tra le altre cose, l’aumento nelle zone più colpite di tumori e, in particolare, linfomi e leucemie sia documentato fino ai giorni nostri.
Adeguamento alla direttiva Seveso III
Così accade che diversi siano ancora i comuni italiani che devono fare fronte agli adeguamenti normativi previsti dalla Direttiva 2012/18/UE, la cosiddetta “Seveso III”, chiamata con questo nome proprio in memoria del tragico episodio dell’Icmesa e che questo avvenga pure in un contesto in cui, dopo una pandemia e tra scenari bellici e mutamenti climatici, quotidianamente si dibatte in materia di preparedness di fronte a scenari emergenziali.
Scenari che, anche volendo mettere da parte timori bellici (che naturalmente tutti speriamo non debbano mai trovare riscontro nella realtà), non sono in realtà molto distanti da noi: nello stesso anno in cui la direttiva europea vedeva la luce, per esempio, si verificava il devastante terremoto in Emilia Romagna, che mise fuori uso l’80% degli impianti produttivi in un’area, come quella nei dintorni di Mirandola e della contigua area del Panaro, in cui è situato un importante polo del settore bio-medicale. E cioè, in sostanza, ancora fabbriche chimiche.
Territori impreparati
Se pensiamo che una recente analisi statistica (fonte: Our World in Data) ha dimostrato come, in Unione Europea, la media annuale del numero di vittime da eventi climatici estremi sia aumentata esponenzialmente dal 2020, addirittura del 1200%, faremmo bene a preoccuparci, poiché, quando accadono calamità naturali di vasta portata, non è infrequente che il rischio di incidenti industriali sia rilevante. Che il territorio non sia preparato, quindi, è davvero molto grave. Così come altrettanto grave è il fatto che questo argomento raramente venga affrontato al di fuori di riunioni tecniche ristrette, mentre andrebbe “gridato”.
Il ruolo delle autorità locali e le possibili soluzioni
Il problema principale, fondamentalmente, verte sul fatto che sono ancora numerose le difficoltà nella cooperazione tra autorità e impianti produttivi soggetti alla direttiva medesima e nella conseguente necessità di stabilire e definire piani emergenziali adeguati ed efficaci per proteggere la popolazione residente nelle aree interessate. Purtroppo è un tema con il quale chi opera nell’emergenza-urgenza si trova a fare i conti quotidianamente.

Disastro ecologico. Ricercatore in tuta protettiva bianca e maschera antigas mentre installa un segnale di avvertimento: divieto di accesso su territorio contaminato (designed by Freepik)
Chi opera nella fornitura di soluzioni end-to-end per le centrali operative dei numeri di emergenza e per la gestione della protezione civile è, per esempio, impegnato in prima linea per porre l’accento su questa tematica. Quale può essere, quindi, la soluzione? La bacchetta magica non esiste, specialmente quando si tratta di incidenti di rilevante portata. Tuttavia ci si può permettere di suggerire ai comuni e alle pubbliche amministrazioni in genere l’impiego di software di allerta rapida, che possono essere impiegati anche a tale scopo.
Piattaforme integrate e flessibili
Sul mercato, infatti, vi sono strumenti strategici che, grazie a piattaforme integrate e flessibili, consentono di coordinare tempestivamente le attività emergenziali tra amministrazioni locali, operatori degli impianti produttivi eventualmente a rischio e gli stessi cittadini, garantendo flussi informativi strutturati, tracciabili e multicanale.
Attraverso l’invio di allerte mirate via SMS, email, social media, app e pannelli stradali, oggi sarebbe possibile informare in tempo reale la popolazione su situazioni di rischio anche nel malaugurato caso di incidenti industriali, su interruzioni di servizi essenziali e sulle eventuali misure di sicurezza da adottare. Fondamentale, altresì, è che tali sistemi siano resilienti di fronte a eventuali interruzioni dei servizi, come energia, trasporti, acqua o telecomunicazioni, poiché, in tali situazioni, la continuità operativa è una responsabilità strategica.
In contesti come quella di un disastro naturale o di altro tipo, che può facilmente diventare anche un disastro industriale, facilitare il dialogo operativo tra autorità locali, forze dell’ordine, protezione civile e aziende soggette agli obblighi previsti dalla Seveso III, assicurando al contempo una gestione coordinata, documentata e conforme alle normative è oggi imprescindibile e dobbiamo augurarci che il senso di responsabilità che percepisce chi lavora in questo campo sia condiviso, sempre di più, anche da chi amministra la cosa pubblica.