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Auto, il protezionismo Usa può fermare l’onda d’urto cinese?


Post di Franco Orsogna, Automotive Sector Leader di Deloitte –
Un settore che negli ultimi lustri ha vissuto enormi incertezze (regolatorie, relative alle motorizzazioni, ai nuovi entranti, agli enormi investimenti in tecnologia, giusto per citarne alcuni) si trova adesso ad affrontare l’ultima variabile, i dazi americani.
Su quest’ultimo aspetto, non abbiamo ancora una definizione di dettaglio e le regole attuative non sono né definitive né chiare, sebbene gli industriali italiani da mesi ne osservino le evoluzioni in preparazione alle possibili risposte da dare al loro business e al mercato. Non dimenticando che oggi potranno essere imposte delle regole, ma cosa succederà tra un anno o oltre? Impossibile fare previsioni.
La svolta protezionista è iniziata con Biden
E ricordo anche che a chi già operava negli Stati Uniti non era sfuggita l’IRA (Inflaction Reduction Act, la legge “green” voluta da Joe Biden), che introduceva nell’agosto del 2022 limitazioni per chi non avesse avuto produzione nel suolo degli Stati Uniti. E qui gli industriali italiani, in particolare i fornitori dell’auto, con le loro forti doti di resilienza avevano già intrapreso investimenti negli Usa con la realizzazione di stabilimenti locali. Una prima avvisaglia di protezionismo vi era già stata.

Automobili Cadillac del produttore statunitense General Motors allineate in un deposito veicoli in un porto industriale. REUTERS/Kim Kyung-Hoon
Altro punto da osservare è proprio il mercato americano, sia in termini produttivi che di vendite. Dove si son viste punte di circa 17 milioni di veicoli venduti sul territorio (anno 2015), sino ai circa 15 milioni di vetture nel 2024; veicoli passeggeri, inclusi quelli commerciali. Mentre la componente di produzione locale è variata dalla punta dei circa 11,8 milioni di pezzi nel 2015, sino agli attuali 10,6 milioni nel 2024, quindi in decrescita come tutti i paesi sviluppati economicamente.
Auto made in Usa e forza made in Pechino
In sostanza, questo il mercato da aggredire per i costruttori e fornitori e da proteggere secondo Washington. Per cui, parliamo di un mercato assolutamente non secondario, ma sicuramente maturo e con segni di stabilità o decrescita, in un contesto globale di sovracapacità produttiva e con costi dei veicoli sempre in aumento (per sopperire ai volumi annosamente in riduzione).
Risultato? La produzione statunitense potrà avere qualche espansione interna, soprattutto lato componentistica, ma sicuramente le capacità di sviluppo e di investimento delle circa 30 case automobilistiche cinesi non avranno problemi ad affrontare i dazi, anche con elevate percentuali. Per cui attendiamoci un progressivo ingresso negli Stati Uniti dell’auto cinese.
E per l’ultimo attore della catena, il consumatore? Dovrà affrontare costi di acquisto più elevati, anche per produzioni maggiormente nazionali.