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Governance come asset competitivo: leva strategica per le PMI


Post di Roberto Cravero, coordinatore Reflection Group sulle PMI di Nedcommunity –
La buona governance rappresenta un elemento valoriale in grado di apportare un contributo rilevante alla visione strategica ed alla gestione dei rischi sistemici da affrontare per potersi adeguare a scenari di contesto sempre più rapidamente mutevole. Tali rischi non sono gestibili con un sistema di mera conformità normativa, occorre disporre di competenze multidisciplinari e innovative in grado di coniugare, in un contesto partecipativo, il rigore e la flessibilità.
Ma se è ormai ampiamente riconosciuto che la governance non rappresenta un tema di compliance, la sua rilevanza nella costruzione di un percorso abilitante verso una più rapida e sostenibile crescita dell’impresa non è ancora consolidata. Allo stesso tempo, non viene prestata adeguata cura alla necessità di intercettare efficacemente i rischi e le opportunità e di affrontare correttamente le transizioni necessarie, come ad esempio quelle legate alla trasformazione digitale e all’AI.
Molte aziende che compongono il nostro tessuto imprenditoriale, in larga parte rappresentato da aziende familiari e spesso di piccole dimensioni, dispongono di forti attitudini a sviluppare competenze tecniche, sanno realizzare investimenti significativi nei loro settori produttivi, ma spesso sottostimano il contributo che una buona governance può apportare alla loro competitività.
Governance come asset strategico
La buona governance non è un insieme di regole interne: rappresenta un vero e proprio asset strategico, uno di quegli “intangible” che contribuisce in modo determinante alla creazione del valore di un’azienda, come ci ricorda anche la norma attuativa della CSRD (D.Lgs 125/2024, comma 1, art. 1, lettera h), sottolineando l’importanza delle “risorse prive di consistenza fisica, da cui dipende fondamentalmente il modello aziendale dell’impresa e che costituiscono una fonte di creazione del valore per l’impresa”.
Con una governance efficace è possibile garantire anche l’adeguatezza degli “assetti organizzativi, amministrativi e contabili” (OAC), fondamentale per una corretta gestione e per la prevenzione delle crisi aziendali e per favorire la diffusione di quella cultura del rischio indispensabile per un efficace monitoraggio del percorso verso la sostenibilità.
La buona governance, rappresentando un fondamentale pillar della sostenibilità, può inoltre contribuire a facilitare l’accesso al credito o a farvi ricorso a condizioni finanziarie più favorevoli.
Da dove trae origine la virtuosa connessione tra sostenibilità, governance e merito creditizio? È perché questi concetti non sono ancora oggi di comune dominio e, al contrario, faticano a diffondersi adeguatamente, specialmente nel mondo delle PMI?

La buona governance non è un insieme di regole interne: rappresenta un vero e proprio asset strategico, uno di quegli “intangible” che contribuisce in modo determinante alla creazione del valore di un’azienda (designed by Freepik)
Impatto degli ESG sul merito creditizio bancario
La rilevanza dei fattori ESG nel merito creditizio è connessa all’evoluzione subìta negli ultimi anni dalla normativa europea che, nel porre enfasi sui temi legati alla sostenibilità, ha condizionato le prassi dei regulator nazionali e ha promosso l’introduzione di una diversa ponderazione di tali aspetti nella misurazione del rischio creditizio e, quindi, delle perdite attese sui crediti dei soggetti vigilati (ie, le banche).
Il cambio di paradigma normativo ha segnato un progressivo superamento dei sistemi di rating statistici e impersonali che furono disposti dalla normativa Basilea II, con l’introduzione, attraverso le linee guida EBA-GL LOM, di un nuovo approccio più articolato e prospettico nella valutazione del merito creditizio. Quest’ultimo non è più basato esclusivamente sull’analisi delle performance economico-finanziarie storiche del soggetto finanziato: nuova rilevanza è assegnata alle prospettive future (cd. forward looking) e alla capacità di saper integrare in modo coerente lo scopo del business con i valori ambientali, sociali e di governance espressi nella gestione.
Gli istituti bancari vengono dunque richiesti di osservare le PMI anche nel modo in cui esse sapranno interpretare ed evolvere il proprio modello di business alla luce dei fattori ESG e di misurare il loro sistema di governance, garante primo della coerenza tra obiettivi dichiarati e azioni intraprese.
Il processo di integrazione dei fattori ESG nei modelli di valutazione del merito creditizio delle imprese da parte del sistema creditizio si articola in quattro fasi principali:
Raccolta dei dati ESG, attraverso fonti affidabili che permettano di acquisire informazioni rilevanti sull’impresa;
Analisi qualitativa e quantitativa, in cui le politiche e le pratiche aziendali si affiancano a metriche ESG, punteggi di sostenibilità e benchmark settoriali;
Valutazione del rischio, combinando i dati ESG ed i rischi e le opportunità derivanti dalla sostenibilità con gli indicatori economico-finanziari tradizionali;
Decisione di credito, in cui l’analisi ESG contribuisce a determinare l’erogazione del finanziamento e le relative condizioni economiche.
La scarsa sensibilità da parte di molte PMI della rilevanza dei criteri ESG nel merito creditizio è riconducibile anche all’assenza da parte del sistema bancario di criteri univoci di misurazione di tali rischi nella procedura di erogazione del credito, con conseguenti diverse e relativamente autonome modalità di valutazione da parte dei singoli istituti.
Ma se è indubbio che tale misurazione non possa discostarsi dagli impatti potenziali generati dal “rischio fisico” degli agenti ambientali e dal “rischio di transizione” legato al passaggio a sistemi di produzione e consumo dell’energia con minori emissioni di CO2, per le realtà meno strutturate, come le PMI, l’analisi del rischio sarà inevitabilmente estesa anche alla governance. Proprio per tali realtà, infatti, il vertice aziendale ricopre un ruolo centrale nella definizione e attuazione degli obiettivi di sostenibilità, nella loro integrazione nel piano industriale o negli obiettivi dichiarati e nella successiva corretta modalità di rendicontazione, anche se basata sul sistema di reporting volontario (VSME).
Colmando i gap informativi e potendo disporre di informazioni affidabili, solo intensificando la collaborazione ed il dialogo con gli intermediari finanziari, le PMI potranno beneficiare di “riflessi positivi sull’accesso a finanziamenti esterni”, come rappresentato dal vicedirettore generale di Banca d’Italia in un incontro sulle PMI e la transizione climatica e ambientale.
Un investimento che ripaga
L’importanza di investire nella governance – che certo rappresenta un costo, ma non improduttivo – è dunque fondamentale per tutte le PMI. Poter disporre di una struttura capace di garantire coerenza tra strategia, valori e comportamenti, generando fiducia negli stakeholder e rafforzando la reputazione aziendale, è infatti un’opportunità strategica per posizionarsi fra gli attori credibili e resilienti, anche e forse in particolare nel rapporto con i vari partner finanziari.