Venture capital e diritto: come evitare la fuga dell’innovazione

scritto da il 07 Agosto 2025

Post di Carlos Rosquet Martinez, Corporate M&A, DLA Piper – 

L’esperienza d’oltreoceano e anglosassone insegna quanto il venture capital sia una leva strategica per l’innovazione e la crescita economica. Storicamente, invece, in Italia l’investimento in startup ha incontrato ostacoli strutturali: un mercato bancocentrico, una scarsa cultura dell’equity e un’accentuata propensione al risparmio. Fino al 2012, infatti, l’ecosistema dell’innovazione si presentava ancora immaturo e privo di un impianto normativo adeguato. Oggi invece si può osservare una discontinuità significativa e una crescente rilevanza economica del settore, soprattutto grazie all’acquisita consapevolezza politica e il conseguente aggiornato contesto normativo. Tuttavia, in linea con i mercati internazionali, anche quello italiano è stato influenzato dalla recente instabilità geopolitica e dalle tensioni acute nelle relazioni commerciali e così interessato da un calo in termini di numero di operazioni, valore medio degli investimenti e assenza di mega round.

Nonostante i tangibili progressi, non mancano certo le difficoltà e il persistente divario con le principali giurisdizioni europee. I recenti studi di Banca d’Italia evidenziano come il mercato sia fortemente penalizzato da tre fattori: poche idee scalabili, sottodimensionamento dei fondi e difficoltà di exit in un limitato orizzonte temporale. In particolare, la scalabilità dei progetti è pregiudicata dalla frammentazione del tessuto imprenditoriale italiano, dominato da piccole-medie imprese e interessato da poche grandi società tecnologiche.

Dall’analisi dei dati di mercato emergono criticità nella crescita, ma anche delle potenzialità. Infatti, le principali operazioni completate negli ultimi tre anni sono qualificabili come pre-seed e seed e perciò rappresentano una fase di transizione del mercato, lasciando ipotizzare una prossima fase di scale-up più robusta e continuativa. In questo scenario, il corporate venture capital dovrebbe svolgere un ruolo sempre più rilevante, poiché si trova nella migliore posizione per apportare capitali, ma anche know-how industriale, competenze tecniche e vie di accesso al mercato.

Dalla pratica quotidiana emerge chiaramente che una delle sfide più insidiose è il contrasto alla “fuga dell’innovazione”. Sempre più startup italiane tendono infatti a trasferire la propria sede all’estero, nel tentativo di ricercare nuovi capitali o perché imposto da investitori istituzionali che richiedono la costituzione di holding in giurisdizioni estere (secondo il tipico fenomeno di forum shopping).

In questo contesto, l’impiego delle risorse del PNRR e il coinvolgimento degli investitori istituzionali – come fondi pensione e casse professionali, oggi anche agevolato dallo Scaleup Act – potrebbero replicare il modello statunitense degli anni ’80, contribuendo così alla crescita del comparto.

venture capital

Sempre più startup italiane tendono infatti a trasferire la propria sede all’estero, nel tentativo di ricercare nuovi capitali (designed by Freepik)   

Riassunte tali criticità endemiche del mercato, preme aggiungere che alcune anomalie del mercato italiano potrebbero essere corrette con pratiche mirate che non necessitano di interventi legislativi. Criticità quali l’inasprimento delle posizioni negoziali, il rallentamento dei tempi di chiusura dei round e l’aumento dei costi fissi rappresentano sintomi di una crescente complessità operativa. Ciò impone a tutti gli operatori una maggiore cultura imprenditoriale e una visione di sistema di lungo periodo.

Inoltre, una maggiore diffusione di competenze legali e finanziarie adeguate, nonché l’investimento a sostegno della ricerca possono supportare i founder e, al contempo, rafforzare l’attrattività del mercato, che sarebbe favorito dalla costruzione di un ecosistema dell’innovazione competitivo, inclusivo e sostenibile. Il percorso è stato positivamente avviato anche da chi per primo ha dato inizio ad attività di standardizzazione dei documenti contrattuali (es. SAFE, piani di incentivazione) e procedure di alleggerimento delle due diligence.

A livello sovranazionale, anche l’Unione Europea si sta muovendo per favorire un ambiente più favorevole agli investimenti. L’iniziativa “Choose Europe to Start and Scale” mira a rendere l’UE un polo attrattivo per gli investimenti venture capital, promuovendo semplificazione normativa e convergenza di disciplina.

Negli ultimi anni, il legislatore italiano ha introdotto misure significative: dallo Startup Act (D.L. 179/2012) al recente Scaleup Act (L. 193/2024), favorendo una maggiore capacità selettiva delle società che possono beneficiare del regime agevolativo.

Un punto di svolta per il futuro dell’innovazione sarà rappresentato dall’imminente approvazione della legge sull’intelligenza artificiale. Si tratta di un settore in cui si è concentrata gran parte dell’attività di venture capital a livello internazionale, mentre l’Europa ha finora ricoperto un ruolo marginale, più da osservatrice che da protagonista. Il testo, già approvato dalla Camera dei Deputati, mira a promuovere lo sviluppo dei sistemi di AI, bilanciando l’esigenza di favorirne l’utilizzo con la necessità di contenere i rischi legati a un uso improprio della tecnologia e la violazione dei diritti fondamentali. In attesa dell’approvazione definitiva, resta forte l’auspicio che il legislatore sappia evitare un eccesso di regolamentazione, che rischierebbe di soffocare le opportunità di crescita e di investimento in un settore strategico per la competitività del Paese.

Per concludere, il diritto può (e deve) accompagnare questa evoluzione, rimuovendo ostacoli e creando condizioni favorevoli per l’afflusso dei capitali, ma non è da solo sufficiente a colmare il divario con le economie più evolute e a dare forma a un ecosistema dell’innovazione all’altezza delle sfide globali. Il successo di questo percorso non può che essere frutto di uno sforzo corale: tutti gli attori sono chiamati a fare sistema, con l’ambizione – finalmente concreta e oggi all’orizzonte – di competere ad armi pari con le altre giurisdizioni più avanzate.