Dopo l’AI, la prossima crisi globale sarà una crisi di fiducia

scritto da il 12 Agosto 2025

Post di Matteo Maria Artero, Chief Operating Officer, Soly

Abbiamo attraversato shock sanitari, energetici e tecnologici. Quello che arriva ora non riguarda gli strumenti, ma la fiducia.

Negli ultimi anni il sistema globale ha attraversato quattro grandi scosse, ognuna delle quali ha messo in luce una forma diversa di fragilità.

La pandemia ci ha mostrato come un’emergenza sanitaria possa congelare le economie, chiudere i confini e mettere in difficoltà governi e aziende nel giro di pochi giorni. Non è stata solo una crisi medica. È stata anche una crisi logistica, di leadership e di coordinamento.

La guerra in Ucraina ha rappresentato il secondo shock: l’energia. All’improvviso, parole come “indipendenza” e “diversificazione” hanno smesso di essere ambizioni di policy e sono diventate strategie di sopravvivenza. La mappa energetica dell’Europa è stata riscritta in pochi mesi. Le certezze su costi, accesso e sicurezza sono state stravolte.

Poi è arrivata l’ondata dell’intelligenza artificiale. Il terzo shock.

Stavolta non si è trattato di scarsità, ma di accelerazione. Strumenti che un tempo appartenevano ai laboratori di ricerca sono diventati prodotti di massa da un giorno all’altro. Le aziende si sono affrettate ad adottarli, gli investitori hanno inondato il settore, le istituzioni hanno faticato a tenere il passo. All’inizio il discorso era sull’efficienza. Poi si è trasformato: bias, opacità, mancanza di controllo. Abbiamo capito che questi modelli possono essere potenti ma anche imprevedibili, difficili da spiegare e impossibili da verificare a fondo.

E oggi, nel 2025, si sta delineando un quarto shock. Non fa rumore. Non ha un singolo evento scatenante o un titolo in prima pagina. Ma è già qui: un progressivo collasso della fiducia nei sistemi invisibili da cui dipendiamo ogni giorno.

Lo shock della fiducia è strutturale

Ci affidiamo a catene del valore che non vediamo, a software che non comprendiamo, a piattaforme i cui incentivi non coincidono necessariamente con i nostri. Diamo per scontato che i nostri sistemi energetici funzionino, ma non ci chiediamo da dove arrivino le materie prime o cosa succede se non arrivano.

Ci aspettiamo che l’AI supporti le decisioni, ma dimentichiamo che ci stiamo affidando a modelli addestrati su dati che nessuno di noi ha mai davvero revisionato. Non è una questione di settori. È una questione di come abbiamo costruito la scala senza trasparenza, la velocità senza piani di backup, e la complessità senza responsabilità condivisa. Ciò che iniziamo a vivere oggi è il risultato di quelle scelte. Non mancano gli strumenti. Manca la fiducia.

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Nel 2025 si profila uno shock diverso dagli altri, un progressivo collasso della fiducia nei sistemi invisibili da cui dipendiamo (designed by Freepik)

Progettiamo per la performance, non per la resilienza

I sistemi moderni sono ottimizzati per funzionare in condizioni ideali. Ma quando si presentano stress reali come conflitti, scarsità di risorse o errori algoritmici, scopriamo quanto poco margine abbiamo lasciato. Le catene just-in-time si bloccano per un ritardo in porto. Le infrastrutture intelligenti si fermano con una fluttuazione di tensione. I processi automatizzati rallentano quando i server non reggono o cambiano i termini di licenza. Ogni livello della nostra economia è oggi legato a catene digitali e fisiche che nessun attore singolo controlla. La vulnerabilità vera non è tecnologica. È operativa. Strategica. Psicologica.

Dobbiamo riprogettare per generare fiducia

Cosa servirebbe per costruire sistemi su cui le persone possano contare anche quando le cose vanno male? Non solo sistemi “sicuri”, ma sistemi che meritano la fiducia perché sono leggibili, responsabili e progettati per assorbire gli urti, non solo per performare. Questo significa accettare un po’ di attrito se serve a creare chiarezza, localizzare più di quanto farebbe un mondo ottimizzato solo per i costi, ripristinare ridondanze dove le abbiamo eliminate, spiegare come funzionano le cose, non solo mostrare che funzionano.

La prossima crisi si diffonderà in silenzio

Siamo abituati a pensare per settori: sanità, energia, tecnologia. Ma i crolli più significativi di questo decennio potrebbero non rientrare in queste categorie. Arriveranno dagli spazi tra un sistema e l’altro, dove nessuno sta guardando. Per questo il prossimo shock non sarà definito da un input mancante o da un prodotto fallito. Sarà definito dal momento in cui ci renderemo conto che non capiamo più come funziona il sistema o chi è responsabile quando si blocca. In quel momento, la fiducia scompare. E senza fiducia, anche la tecnologia migliore smette di essere utile.

Il prossimo capitolo del progresso non sarà scritto da chi automatizza più velocemente, ma da chi progetta sapendo che prima o poi qualcosa andrà storto.

 

Bio dell’autore

Matteo Maria Artero è Chief Operating Officer in una climate-tech company attiva in Europa. Ha ricoperto ruoli di leadership in Amazon, Zara (Inditex) e Getir/Gorillas, guidando trasformazioni digitali, sviluppo omnicanale e riorganizzazioni internazionali. È investitore privato, docente MBA e scrive regolarmente di trasformazione, AI e sistemi globali da un punto di vista operativo.