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Marketing e AI: non solo licenziamenti, spazio alla formazione


Post di Alex Ballato, professionista del marketing e co-founder di Hellodì, Content Media House milanese –
L’Intelligenza Artificiale non fa eccezioni, soprattutto quando si tratta di entrare nei processi aziendali. Sta infatti ridefinendo ogni settore del mondo del lavoro, e anche il marketing è coinvolto, come dimostrato da una ricerca che ha messo in evidenza che oltre il 35% dei professionisti del settore utilizza l’AI per creare contenuti, ottimizzare le email, gestire i social media e pianificare il targeting degli annunci. [1]
La domanda che sorge spontanea a questo punto è: fino a che punto l’Intelligenza Artificiale potrà sostituire la creatività e la capacità di ascolto umana?
Un caso emblematico, a tal proposito, è quello di Klarna, colosso svedese dei pagamenti digitali, che dimostra come l’idea di un’automazione totale, almeno per ora, sia distante dalla realtà. Nonostante il lancio nel 2024 di un AI Assistant in grado di svolgere il lavoro di 800 agenti, l’azienda ha recentemente introdotto un progetto pilota con figure umane, garantendo sempre ai clienti la possibilità interazione con un essere umano quando necessario. Un approccio distante dal paradigma “AI First” (che si propone invece di implementare tecnologie AI in tutti i processi aziendali, a discapito delle persone).
Dall’altro lato ci sono invece i colossi Amazon e Microsoft che hanno appena annunciato nuovi importanti tagli del personale, a conferma del fatto che l’integrazione dell’intelligenza artificiale nei processi aziendali è davvero imprevedibile.
È innegabile che la trasformazione che stiamo affrontando è una vera e propria rivoluzione equiparabile all’avvento di internet, se non addirittura a quello dell’elettricità. Il cambio di prospettiva dettato dall’Intelligenza artificiale è tanto profondo quanto imprevedibile poiché sta rimodellando le competenze richieste, le aspettative dei clienti e persino il valore percepito del lavoro creativo: comprendere e affrontare tutte le implicazioni è ormai un’innegabile necessità.
In questo contesto in cui prevedere il futuro sembra impossibile, una sola cosa appare chiara: nessuno, ad oggi, può sapere come andrà. C’è chi afferma che la parte creativa sarà sempre in mano all’uomo, e chi invece immagina un futuro in cui anche la creatività e il pensiero saranno delegati agli algoritmi. Probabilmente la verità si trova a metà strada. Più che una semplice sostituzione, si tratta di una collaborazione: è la sinergia tra competenze umane e potenziale tecnologico la soluzione più efficace e competitiva.
In azienda, sempre più giovani entrano dando per scontato l’uso quotidiano di strumenti di AI, e questa verità è confermata da ogni nuova assunzione in Hellodì. Il punto è capire quanto li conoscono davvero e in che modo li impiegano, ed è proprio qui che si apre un nuovo capitolo fatto di competenze ibride e necessità formative. Il punto non è più (solo) se l’AI prenderà il posto dell’essere umano, ma come le persone riusciranno a integrarla in modo intelligente nei flussi di lavoro.
Per quanto concerne il settore della comunicazione, molti operatori sono ancora frenati da timori o da una formazione inadeguata. Infatti in molti casi la reazione all’innovazione è ancora la chiusura per paura di sbagliare, preferendo il mantenimento dello status quo. Ma oggi il confronto con l’AI non si può più evitare: serve comprenderla, testarla e imparare a sfruttarla con criterio. In Italia assistiamo a un ampio numero di realtà ancora indietro sul fronte dell’innovazione – non a caso sentiamo ancora parlare di “digitalizzazione delle aziende” nonostante si tratti di un processo in atto da oltre vent’anni.
Nella maggioranza dei casi da noi osservati, l’utilizzo dell’AI nel marketing è ancora limitato, superficiale e inefficace, con molte aziende che si trovano tuttora in una fase esplorativa e pochissime che sono già state in grado di implementare e sfruttare il potenziale degli strumenti tecnologici disponibili. Il più delle volte l’utilizzo si riduce a tool di base come ChatGPT per la scrittura di email o la preparazione di presentazioni – utili, certo, ma ben lontani dal reale valore che l’AI può offrire. Se allenati, questi sistemi possono gestire compiti molto più complessi, perfezionando continuamente la qualità degli output e riducendo in maniera tangibile il carico di lavoro.

Mentre molte aziende licenziano per “fare posto” all’AI, altre continuano invece ad assumere, scommettendo sull’intelligenza umana e investendo nella formazione delle persone (designed by Freepik)
Quindi, come orientarsi?
Ecco i 3 punti da non dimenticare per chi, nel mondo del marketing, vuole davvero iniziare a capire e usare l’Intelligenza Artificiale:
1- L’AI non è ChatGPT. Così come ancora oggi alcune persone si limitano a posizionare “Internet” sul medesimo piano della semplice ricerca su Google, assistiamo allo stesso rischio di confusione con la riduzione dell’AI a un chatbot che genera testi e immagini. Ma questa è solo la punta dell’iceberg, perché nella realtà le potenzialità sono immense – servono tuttavia sforzo e tempo per imparare a usare questi strumenti nel migliore dei modi, allenandoli in profondità attraverso la costante interazione con essi.
2- L’AI non è gratis e veloce. L’idea che “tanto ci pensa l’intelligenza artificiale in 5 minuti” è rischiosa quanto quella di chi anni fa affermava “basta il nipote bravo al computer per farlo gratis”. Ancor più di quanto avvenuto con le novità tecnologiche del passato, lo sviluppo di competenza vera in tema di AI richiede investimento – di denaro sì, ma soprattutto di tempo, viste le sue enormi potenzialità e quindi la maggior complessità di imparare a usarla in modo approfondito.
3- L’AI rivoluzionerà il lavoro, e l’unico modo per stare al passo sarà la collaborazione – restare uniti come un gruppo. Come ogni grande rivoluzione tecnologica, anche l’avvento dell’IA comporta numerosi cambiamenti nei settori lavorativi, ma con una differenza rispetto al passato: questa tecnologia avanza talmente velocemente da generare il rischio concreto che il mondo del lavoro non riesca ad adattarsi in tempo. Se i nuovi impieghi arriveranno troppo tardi rispetto alla scomparsa di quelli attuali, rischiamo di pagare un prezzo sociale elevato. Per questo è necessario un impegno collettivo per tenere il passo con il cambiamento digitale e assicurarci che nessuno resti indietro – come professionisti, ma soprattutto come umani.
La buona notizia? Più automazione significa più tempo per pensare, creare e innovare. L’obiettivo è liberare l’essere umano dai compiti più ripetitivi di “fatica digitale”, per creare nuovo spazio a pensiero critico, creatività e curiosità. E mentre molte aziende licenziano per “fare posto” all’AI, altre continuano invece ad assumere, scommettendo sull’intelligenza umana e investendo nella formazione delle persone.