La falsa partenza degli incentivi per l’auto elettrica

scritto da il 08 Settembre 2025

La vicenda degli incentivi all’auto elettrica in Italia assomiglia a un esercizio di equilibrismo. Il decreto attuativo c’è, i 600 milioni sono sul tavolo, eppure la partenza continua a slittare. Questa volta, abbiamo appreso nel fine settimana, il problema non è il budget, ma le mappe dell’Istat: servono a definire le cosiddette “aree urbane funzionali”, cioè città sopra i 50 mila abitanti e le relative zone di pendolarismo. Solo chi abita lì potrà accedere al bonus. Peccato che le mappe attuali risalgano a dieci anni fa, e l’aggiornamento richiederà almeno un mese in più.

Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, ha spiegato che se i cambiamenti saranno marginali, il governo potrebbe partire subito con i vecchi dati e correggere più avanti; se invece saranno rilevanti, bisognerà aspettare. Non più entro fine settembre. Metà ottobre? Chissà. Nel frattempo, produttori, concessionari e consumatori restano con il fiato sospeso: l’attesa potrebbe raffreddare ulteriormente un mercato già debole.

Le regole sono chiare, ma restrittive. Il bonus vale solo per le famiglie con ISEE fino a 40 mila euro. Per chi è sotto i 30 mila l’incentivo arriva a 11 mila euro, per chi si colloca tra 30 e 40 mila scende a 9 mila. Oltre, niente. In ogni caso, bisogna rottamare un’auto fino a Euro 5 e comprarne una nuova elettrica, categoria M1 (trasporto persone, max 8 posti oltre il conducente), con prezzo massimo di 35 mila euro più IVA. La procedura passerà per una piattaforma online: registrazione, voucher e sconto diretto in fattura dal concessionario.

C’è poi il capitolo imprese. Solo le micro – meno di dieci dipendenti e due milioni di fatturato – potranno ottenere fino a due incentivi per veicoli elettrici commerciali (N1 e N2), con copertura del 30% del prezzo e tetto a 20 mila euro per mezzo. Nessuna apertura invece per società di noleggio e grandi flotte, nonostante siano attori centrali per spingere volumi e accelerare lo svecchiamento del parco circolante.

Incentivi

Particolare di un modello presentato all’IAA auto show a Monaco di Baviera. REUTERS/Angelika Warmuth

Non è un dettaglio: i 600 milioni a disposizione non sono risorse fresche, ma fondi Pnrr inizialmente pensati per le colonnine di ricarica. Bandi andati a rilento, scarso interesse degli operatori (date le condizioni) e ricorsi hanno lasciato inutilizzati i soldi. Così, pur di non perderli con Bruxelles, si è deciso di spostarli sugli incentivi diretti all’acquisto. Una scelta pragmatica, certo, ma che privilegia il lato più visibile della transizione – comprare un’auto elettrica – lasciando scoperto quello che, insieme al prezzo ancora inaccessibile per troppi, continua a non convincere gli italiani: ricaricare facilmente, in tempi brevi e senza svuotare il portafoglio.

Il contesto rende la contraddizione ancora più evidente. In Italia, ad agosto, le auto elettriche hanno rappresentato solo il 4,9% delle immatricolazioni, in lieve aumento rispetto al 3,7% del 2024. Ancora lontano dalla media europea del 15,6%. Senza infrastrutture adeguate, l’incentivo rischia di restare un aiuto episodico, utile per pochi acquirenti motivati, ma incapace di stimolare il mercato.

Gli incentivi resteranno validi fino al 30 giugno 2026, salvo esaurimento anticipato dei fondi. Non è detto che la domanda sia esplosiva, vista la platea limitata, ma resta l’impressione di una misura che prova a muovere la domanda più velocemente di quanto l’offerta sia pronta a sostenere. In altre parole: un provvedimento figlio soprattutto dell’urgenza di rispettare scadenze e vincoli esterni.