La BCE, il risiko bancario e lo spettro degli NPL

scritto da il 12 Settembre 2025

Post di Giuseppe Carteni, Partner dello studio legale LEAD – 

Dopo anni di tassi prossimi allo zero, l’Eurozona si confronta con un contesto di finanziamenti più onerosi e regole prudenziali sempre più stringenti. La nuova stretta della BCE, unita a requisiti patrimoniali rafforzati e al risiko bancario in corso, riporta in primo piano la questione dei Non Performing Loans. Stage 2 in crescita, incremento dei ritardi nei pagamenti, NPL in lieve ma costante risalita e primi segnali di insolvenze, mostrano che il ciclo del credito va verso un possibile deterioramento. Se da un lato le aggregazioni bancarie accelerano anche la necessaria pulizia dei bilanci e la gestione degli NPL, dall’altro potrebbero ridurre il credito disponibile alle imprese per effetto del cumulo del rischio. La sfida è quindi bilanciare solidità sistemica e capacità di finanziamento dell’economia reale, evitando che la nuova ondata di deteriorati si trasformi in rischi di crisi sistemica.

La lunga stagione di tassi bassi che aveva caratterizzato il decennio successivo alla crisi del 2008 ha lasciato spazio, dal 2022 in avanti, a un contesto profondamente diverso. La Banca Centrale Europea, per contrastare (con non incolpevole ritardo) la fiammata inflazionistica, ha portato, in un lasso di tempo brevissimo, i tassi di riferimento ai massimi degli ultimi vent’anni e, seppur con i primi segnali di allentamento nel 2025, le condizioni creditizie restano ancora restrittive.

In questo scenario torna di attualità il tema dei Non Performing Loans (NPL). Dopo anni di riduzione grazie a cessioni massicce e mercati sempre più maturi, gli indicatori di qualità del credito iniziano a mostrare segnali di inversione. A marzo 2025 il rapporto medio di NPL nell’UE resta vicino ai minimi storici (1,8%), ma lo stock è risalito (seppur di poco) a circa 375 miliardi di euro nel 2024: un segnale che, pur contenuto, testimonia l’inizio di una nuova fase del ciclo creditizio.

BCE

La presidente della Bce, Christine Lagarde, tiene una conferenza stampa dopo una riunione del Consiglio direttivo della BCE a Francoforte sul Meno, Germania, l’11 settembre 2025. EPA/RONALD WITTEK

Il legame tra tassi alti e qualità del credito si sviluppa attraverso meccanismi ormai ben noti ma oggi particolarmente accentuati. Per le imprese, soprattutto le PMI italiane che ricorrono in larga parte a prestiti a tasso variabile, l’aumento degli interessi si traduce in una compressione immediata della capacità di accedere al credito a condizioni sostenibili. Indicatori come il DSCR o l’interest coverage ratio (ICR) peggiorano, erodendone la resilienza finanziaria.

Le Banche stanno incrementando il bacino dei crediti in Stage 2 (crediti performing che manifestano un aumento significativo del rischio di credito a causa di un temporaneo peggioramento nelle condizioni economiche dei debitori) si attesta al 9,7% a fine 2024 e al 9,5% nel primo trimestre 2025: un livello elevato che rappresenta un serbatoio latente di futuri NPL. I primi segnali non mancano: aumento delle insolvenze in Europa (+1,7% nel secondo trimestre 2025), tasso dei ritardi nei pagamenti delle rate di un finanziamento, difficoltà crescenti in settori come quello manifatturiero, automobilistico e ad alta intensità energetica e del credito al consumo.

Il ritorno del risiko bancario, non solo in Italia, aggiunge un ulteriore livello di complessità al quadro sopra delineato. Infatti, le Banche, da un lato accelerano la dismissione dei crediti deteriorati per presentarsi al mercato con bilanci “puliti”, dall’altro, le aggregazioni comporteranno l’effetto collaterale del cumulo di rischio verso i propri clienti. Se un’azienda ha linee di credito con due banche che si fondono, l’esposizione confluisce nell’unico istituto post-aggregazione. Quest’ultimo, dovendo rispettare limiti prudenziali sui “large exposures” e le proprie politiche di concentrazione, potrebbe, come spesso accaduto nel recente passato a seguito delle intervenute aggregazioni, ridurre i fidi concessi. Per le PMI, che spesso basano la propria operatività su un mosaico di affidamenti multipli, ciò potrà tradursi in una contrazione improvvisa e significativa della liquidità disponibile.

Il risiko bancario, dunque, non è neutro per la qualità del credito: può agevolare la gestione degli NPL su scala macro, ma rischia di generare tensioni di liquidità su scala micro, proprio nelle imprese che più hanno bisogno di diversificazione.

A rafforzare questo quadro concorrono anche le nuove regole prudenziali europee. Dal 2025 sono entrate in vigore (a livelli crescenti) le disposizioni del CRR3/CRD6 (Basilea III), che alzano i requisiti patrimoniali e limitano la discrezionalità degli istituti di credito nel calcolo del capitale disponibile per erogare finanziamenti. Queste misure rafforzano certamente la stabilità complessiva del sistema bancario, ma riducono la flessibilità nell’erogazione del credito, il tutto in un momento storico in cui le Banche devono gestire un potenziale aumento dei deteriorati.

La “stretta” di oggi non è quindi solo monetaria, ma anche regolamentare e prudenziale. I segnali di ritorno degli NPL – Stage 2 elevato, prime insolvenze in crescita, tensioni sul settore manifatturiero, industriale e dei servizi – non vanno sottovalutati. Il collegamento tra tassi elevati, deterioramento della qualità del credito e nuova ondata di NPL è chiaro: oneri finanziari crescenti comprimono la capacità di rimborso, le posizioni borderline migrano verso il deteriorato, e la vigilanza, da una parte, impone minor discrezionalità nell’erogazione dei finanziamenti e, dall’altra, richiede maggiori accantonamenti.

Il risiko bancario, in questo contesto, rappresenta quindi una leva ambivalente: potenzialmente accelera la pulizia dei bilanci e favorisce economie di scala nella gestione dei deteriorati, ma rischia di ridurre il credito disponibile per le imprese a causa del cumulo del rischio.

La sfida per i prossimi anni sarà quindi quella di trovare un equilibrio: rafforzare la solidità del sistema bancario senza penalizzare eccessivamente il tessuto produttivo. Se ciò riuscirà, il ritorno degli NPL non si tradurrà in una crisi sistemica, ma in un passaggio gestibile verso un sistema più resiliente e competitivo a livello europeo.