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Investimento passivo: da opportunità a rischio sistemico?


Post di Thomas Avolio, analista e Deputy CEO di RedFish Listing Partners –
Negli ultimi decenni l’ascesa dell’investimento passivo – fondi indicizzati, ETF e strategie derivate – ha rappresentato uno dei fenomeni più dirompenti nei mercati finanziari globali. La promessa di bassi costi, ampia diversificazione e semplicità gestionale ha determinato un flusso crescente di capitali verso strumenti che replicano benchmark di mercato. Tuttavia, recenti contributi teorici ed empirici suggeriscono che tale paradigma, lungi dall’essere neutrale, possa aver introdotto nuove e rilevanti distorsioni sistemiche.
I limiti delle ipotesi classiche
Il modello di Black-Scholes, insieme all’ipotesi dei mercati efficienti (EMH), ha per lungo tempo rappresentato la base concettuale della finanza moderna. L’idea di fondo era che i prezzi riflettessero rapidamente e correttamente tutte le informazioni disponibili, muovendosi secondo dinamiche assimilabili a un moto browniano con variazioni incrementali. Jean-Philippe Bouchaud ha tuttavia evidenziato precocemente le criticità di tali assunzioni, sottolineando l’importanza dei “salti” (jumps) nei prezzi, troppo spesso trascurati, che hanno avuto un ruolo determinante in eventi estremi quali il crollo del 1987.
L’ipotesi dei mercati inelastici
Un ulteriore contributo destabilizzante proviene dalla inelastic markets hypothesis, formulata da Xavier Gabaix (Harvard) e Ralph Koijen (Chicago). I loro risultati empirici mostrano che un incremento di 1 dollaro nei flussi azionari si traduce, in media, in un aumento di circa 5 dollari della capitalizzazione complessiva. Tale elasticità, nettamente superiore a quanto postulato dall’EMH, implica che i prezzi non riflettono soltanto le informazioni fondamentali, ma in misura significativa i flussi stessi.
Dinamiche auto-rinforzanti
Secondo Michael Green, gestore con lunga esperienza nel settore hedge, l’investimento passivo opera secondo un algoritmo estremamente semplice: acquistare proporzionalmente di più ciò che ha già performato meglio. La crescita dei flussi passivi, che oggi rappresentano circa il 45% dei mercati azionari considerando fondi, futures e derivati correlati, avrebbe generato un meccanismo auto-rinforzante: i rialzi di prezzo attraggono ulteriori flussi, che a loro volta sostengono i prezzi. Ne derivano maggiore concentrazione, maggiore correlazione tra asset e una progressiva riduzione del ruolo degli investitori attivi come meccanismo di correzione delle inefficienze.
Il nodo della liquidità e il rischio demografico
La vulnerabilità strutturale di questo sistema emerge soprattutto in scenari di deflusso. A differenza della gestione attiva, i fondi passivi non dispongono di riserve di liquidità: ogni entrata deve essere allocata immediatamente e, simmetricamente, ogni uscita implica una vendita forzata. In condizioni di stress macroeconomico o di contrazione della liquidità, la scarsità di controparti disponibili potrebbe amplificare la volatilità e accentuare i ribassi.

Investimento passivo: dietro le promesse, il rischio di nuove fragilità sistemiche (designed by Freepik)
Un’ulteriore variabile di rischio deriva dal fattore demografico. Con l’invecchiamento della popolazione e il progressivo pensionamento dei baby boomers, è prevedibile che i fondi pensione debbano liquidare ingenti quantità di asset per far fronte alle prestazioni. Non disponiamo ancora di evidenze storiche su come mercati dominati da strategie passive possano reagire a deflussi sistemici e persistenti.
L’effetto di polarizzazione del mercato
La criticità principale non riguarda solo la demografia, destinata a perdere centralità in un contesto in cui l’integrazione dell’intelligenza artificiale – in particolare quella generativa – ridisegnerà profondamente la struttura produttiva e i legami tra crescita economica e popolazione. Il vero rischio è che la spirale autoalimentata dei flussi passivi generi un sistema fortemente polarizzato.
Le società a maggiore capitalizzazione, già dominanti negli indici, continuano a essere premiate da afflussi costanti e crescenti, mentre le mid e small cap faticano a intercettare capitali, trovandosi progressivamente escluse da quel circuito di liquidità che alimenta la crescita. Ciò produce mercati meno profondi, strutturalmente bullish, più concentrati e potenzialmente più inefficienti, con volatilità amplificata e una riduzione strutturale delle opportunità di finanziamento per le imprese emergenti.
Conclusione: investimento passivo e resilienza del sistema
Il successo dell’investimento passivo è stato alimentato da un contesto di bassi tassi, crescita della liquidità globale e fiducia nella diversificazione automatica. Tuttavia, i risultati di Bouchaud, Gabaix, Koijen e Green mettono in luce come i mercati contemporanei siano tutt’altro che neutrali ai flussi passivi. La matematica che ha sostenuto i prezzi nell’ultimo quindicennio potrebbe rivelarsi simmetricamente distruttiva in fase di inversione. La questione non è più se il passivo abbia introdotto distorsioni, ma quanto il sistema sia resiliente quando l’equilibrio dei flussi cambierà direzione.