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Export italiano e IA: eccessiva prudenza o lungimiranza?


Post di Giovanni Da Pozzo, Presidente Promos Italia, agenzia per l’internazionalizzazione delle Camere di commercio* –
Negli ultimi anni l’Intelligenza Artificiale ha cessato di essere un tema confinato alle conferenze accademiche per diventare una leva concreta – e talvolta decisiva – per la competitività internazionale delle imprese. In Italia, tuttavia, l’adozione dell’IA segue un percorso diverso rispetto a quello di altre economie: meno spettacolare, meno massivo, ma forse più coerente con la cultura produttiva del Paese.
Un approccio sartoriale, non industriale
I dati presentati al DigIT Export Day 2025 parlano chiaro: oggi circa il 18% delle imprese utilizza già strumenti di IA per l’internazionalizzazione – dalla creazione di contenuti multilingue al pricing dinamico, dall’analisi dei dati cliente ai chatbot. Ma ben il 45% delle imprese si dichiara “in fase di valutazione”.
Molti osservatori leggono questo dato come un ritardo, come l’ennesima conferma della cronica lentezza italiana nell’adottare le nuove tecnologie. Ma è davvero così? O piuttosto riflette un tratto profondo della nostra cultura economica? L’Italia è un Paese manifatturiero, artigiano nel senso più alto del termine. I nostri distretti industriali si sono affermati nel mondo non perché hanno adottato standard globali, ma perché hanno saputo “cucire” i prodotti sui bisogni del cliente. Oggi lo stesso approccio sembra valere per l’IA: invece di implementare soluzioni preconfezionate, le imprese vogliono prima capire come la tecnologia possa adattarsi ai propri processi, integrandosi senza snaturarli.
In questo senso, la “lentezza” italiana è in realtà un processo di personalizzazione. Non si tratta di rifiutare il cambiamento, ma di evitare l’adozione acritica che altrove rischia di trasformare l’IA in una moda passeggera.
La diffidenza come segnale di maturità
Un altro dato interessante proviene dalla nostra recente indagine su oltre 100 imprese italiane esportatrici: il 76% delle imprese dichiara di dubitare dell’affidabilità delle informazioni generate dall’IA. Molti potrebbero leggere questa diffidenza come resistenza o paura. Ma c’è un’altra chiave di lettura: la diffidenza è, in realtà, un segnale di maturità.
La storia del Made in Italy insegna che la qualità nasce dal controllo. Le nostre imprese non si affidano ciecamente alle macchine: che si tratti di tessuti, motori o alimenti, c’è sempre stato un “controllo artigianale” che garantisce la reputazione internazionale dei prodotti italiani. L’IA non fa eccezione. Le imprese vogliono sì sfruttarne le potenzialità, ma senza rinunciare a un presidio umano sulla qualità dei dati, sulla trasparenza degli algoritmi, sulla gestione dei bias.
Altrove, la corsa all’automazione rischia di generare effetti collaterali: decisioni basate su informazioni imprecise, perdita di fiducia nei confronti dei clienti, rischi reputazionali difficili da sanare. La prudenza italiana può sembrare conservatrice, ma potrebbe rivelarsi un vantaggio competitivo: garantire che l’IA diventi uno strumento affidabile, non una scorciatoia rischiosa.
IA come amplificatore delle relazioni
Il terzo dato chiave riguarda le applicazioni prioritarie. Il 59% delle imprese italiane considera l’IA utile soprattutto per individuare nuovi partner commerciali. È un risultato che sorprende chi pensa all’IA solo come tecnologia di automazione interna. Ma in realtà racconta molto del modello italiano di internazionalizzazione.
Le imprese italiane non vedono l’IA come sostituta delle relazioni umane, ma come strumento per amplificarle. L’IA può aiutare a scansionare mercati, selezionare lead, individuare interlocutori affidabili. Ma la relazione – la firma del contratto, la costruzione della fiducia, il mantenimento del rapporto – resta nelle mani delle persone. È una visione perfettamente in linea con il nostro tessuto imprenditoriale, fondato su reti di fiducia e collaborazione più che su processi impersonali.
In un mondo dove tutto tende a diventare algoritmico, questa scelta umanocentrica è dirompente. Significa usare la tecnologia non per sostituire il capitale relazionale, ma per renderlo più ricco ed efficace.
Dal percorso graduale al modello sostenibile
Tutto questo porta a una riflessione di fondo. L’Italia non sta semplicemente rincorrendo un treno partito altrove: sta sperimentando una traiettoria diversa, che potremmo definire “sartoriale, critica e relazionale”. Un percorso più lento, ma forse più sostenibile.
Promos Italia, insieme a Unioncamere e al Sistema Camerale, ha scelto di accompagnare questo approccio con strumenti concreti: l’AI Test, per misurare la maturità digitale delle imprese lungo sei dimensioni, e il Piano Export Digitale personalizzato, per tradurre l’autovalutazione in azioni mirate. Non si tratta di proporre soluzioni standard, ma di fornire mappe personalizzate, rispettando la logica graduale e sperimentale che le imprese italiane chiedono.

Tecnologia ed export: la prudenza italiana può sembrare conservatrice, ma potrebbe rivelarsi un vantaggio competitivo (designed by Freepik)
I benefici sono chiari: riduzione dei tempi di adattamento ai mercati, maggiore qualità dei lead, utilizzo più efficiente delle risorse, scalabilità verso più mercati con strutture snelle. Ma tutto ciò a condizione che la tecnologia non sia adottata in modo acritico, bensì con rigore, trasparenza e attenzione alla sostenibilità.
Una lentezza che anticipa il futuro
I dati macroeconomici lo dimostrano: nei primi sei mesi del 2025 l’export italiano è cresciuto del 2,1% rispetto al 2024, raggiungendo i 323 miliardi di euro. Nonostante le turbolenze geopolitiche, le imprese italiane – soprattutto le PMI – continuano a innovare, adattarsi e conquistare nuovi mercati. In questo scenario, l’IA non è un destino inevitabile, ma una leva da plasmare secondo i propri valori.
E allora la domanda finale è inevitabile: e se la presunta lentezza italiana nell’adozione dell’IA fosse, in realtà, l’anticipo di un modello più sostenibile e umano-centrico? Un modello che altri Paesi, oggi lanciati in implementazioni massive e a volte superficiali, saranno costretti ad abbracciare domani.
L’IA non deve sostituire il capitale umano, ma esaltarlo. In questa prospettiva, la traiettoria italiana non è un ritardo, ma un laboratorio: un modo diverso di coniugare tecnologia e umanità, efficienza e relazione, automazione e qualità.
*Promos Italia è la struttura del sistema camerale per l’internazionalizzazione: una società consortile senza fini di lucro che supporta le imprese italiane, in particolare le Pmi