ESG e Pmi: la sostenibilità non è un costo, ma un asset strategico

scritto da il 10 Ottobre 2025

Post di Ermanno Vicini, CEO di Serpac

La sostenibilità è ormai una condizione imprescindibile per le imprese: non solo per restare competitive, ma anche semplicemente per poter operare. Non a caso il mercato globale della consulenza in sostenibilità – che include audit, pre-audit ambientali e servizi ESG (Environmental, Social, and Governance, ovvero Ambiente, Sociale e Governance) –  è in costante ascesa ed entro il 2028 arriverà a superare i 48 miliardi di dollari di valutazione, con un tasso annuo di crescita composto del 27% (Verdantix).

Ma questi numeri da soli non spiegano perché sempre più imprese, grandi e piccole, scelgano di sottoporsi volontariamente a un pre-audit ambientale, cioè una verifica preventiva delle proprie procedure e conformità ambientali. La motivazione va oltre l’adempimento normativo: riguarda la sopravvivenza stessa sul mercato. In un contesto in cui la sostenibilità è ormai requisito per accedere a finanziamenti, bandi pubblici o mantenere la fiducia di clienti e stakeholder, affidarsi a soluzioni dell’ultimo minuto non è più sostenibile. Le aziende che agiscono in anticipo, mappano i processi e colmano le lacune documentali, riescono ad adattarsi meglio, risparmiare e crescere.

Il pre-audit ambientale non è una spesa, è un investimento, permette di anticipare i controlli ufficiali, evitare sanzioni e costruire un sistema di gestione solido, che diventa un vantaggio competitivo concreto. I benefici sono molteplici: prevenzione (sapere dove si è vulnerabili e agire in tempo), risparmio (adeguarsi volontariamente costa meno che dopo una sanzione) e credibilità (banche e fondi valutano sempre più gli indicatori ESG). Piattaforme online, dashboard di monitoraggio e sistemi di alert automatico permettono anche alle PMI di tenere sotto controllo i propri impatti ambientali e gestire in autonomia un pre-audit.

Diverse aziende del settore agroalimentare e manifatturiero stanno implementando audit strutturati per raccogliere dati sulle emissioni indirette (Scope 3) generate dai fornitori. Attraverso collaborazioni e piani di decarbonizzazione condivisi, riescono a ridurre l’impatto ambientale, rafforzare la trasparenza ESG e raggiungere obiettivi net zero. Altre imprese, invece, investono nella formazione continua, creando figure interne come sustainability officer o ESG analyst. Organizzano audit interni periodici, corsi certificati e processi di responsabilità distribuita per garantire che le best practice ESG siano integrate in ogni reparto.

ESG

In un mercato che premia trasparenza, tracciabilità e governance responsabile, essere pronti non è un’opzione (Adobe Stock)

Insomma, l’attenzione da parte delle aziende e dei privati è crescente tanto che lo scorso anno il comparto della sostenibilità in Italia ha visto una crescita significativa, con la bioeconomia che ha raggiunto valori record e il mercato equosolidale che ha mostrato un incremento degli acquisti. La sostenibilità in generale è un tema sentito da quasi 7 italiani su 10, con un aumento della consapevolezza e dell’interesse verso pratiche e prodotti sostenibili.

È oramai evidente come anche il pre-audit ambientale sia da considerarsi un asset strategico. Non è più una verifica tecnica, ma una scelta gestionale che incide su competitività, reputazione e affidabilità. In un mercato che premia trasparenza, tracciabilità e governance responsabile, essere pronti non è un’opzione: è una condizione per restare sul mercato.