Innovare senza disumanizzare: la sfida dell’IA al lavoro

scritto da il 17 Ottobre 2025

Post di Davide Maria Testa, avvocato presso DLA Piper, diritto del lavoro, relazioni industriali e riorganizzazioni aziendali –

A far data da venerdì 10 ottobre 2025 è entrata in vigore la legge n. 132/2025 la quale reca principi guida per l’adozione e lo sviluppo di sistemi e di modelli di intelligenza artificiale, promuovendone un utilizzo corretto, trasparente e responsabile, volto a coglierne e valorizzarne gli aspetti di massima opportunità.

In questa prospettiva, e calandoci immediatamente nella dimensione applicativa dell’IA nei contesti di lavoro, tra le misure di rilievo previste dalla legge, spicca la forte attenzione ai diritti fondamentali.

La normativa italiana si colloca così nel solco delle linee europee, orientate a un approccio etico, definendo un modello di regolazione che governa gli effetti dell’IA garantendo trasparenza, diritti e inclusione.

L’IA deve servire l’uomo, non sostituirlo

Facendo un passo diretto al cuore del provvedimento, colpisce – e non poco – l’art. 1 della legge in commento ove, tra le finalità della legge, precisa che l’utilizzo di IA deve essere promosso secondo “un utilizzo corretto, trasparente e responsabile, in una dimensione antropocentrica”.

In questa fase storica e sociale, colma di interrogativi (a volte timorosi) su (se e) come l’IA sostituirà le professioni, il legislatore italiano, in pieno dialogo e sinergia con i principi già espressi a livello europeo, ha richiamato il concetto – fondamentale – di antropocentrismo.

È una legge, dunque, che parla di tecnologia in rapporto (e non in sostituzione) con l’utilizzo da parte delle persone: l’IA deve servire l’uomo, non sostituirlo.

Ed infatti, con stretta aderenza al mondo del lavoro, lo spirito guida è quello di promuovere l’impiego dell’intelligenza artificiale per migliorare le condizioni di lavoro, tutelare l’integrità psicofisica dei lavoratori, accrescere la qualità delle prestazioni lavorative e la produttività delle persone.

L’IA deve essere governata, non subita

Viene dunque intravisto un orizzonte molto più umano di quel che si pensa. L’impiego di IA è visto come un forte alleato, estensore e, in certi casi, anche miglioratore, della creatività umana.

Questa è la vera sfida: si riconosce che l’innovazione tecnologica deve essere governata, non subita. A tal proposito, non sottovalutando il fenomeno di crescente digitalizzazione e tecnologizzazione del mondo, il legislatore ufficializza la promozione d’utilizzo della IA ma, al contempo, la imbriglia ad alcune garanzie fondamentali ed irrinunciabili.

IA

L’innovazione è davvero umana solo se resta al servizio delle persone (immagine da Freepik)

Possiamo assistere, invero, all’esaltazione dei principi di sicurezza, trasparenza, affidabilità, riservatezza e tutela dei dati personali la cui garanzia è necessaria per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito lavorativo. Il datore di lavoro o il committente è tenuto a informare il lavoratore dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei casi e con le modalità già previste – come ricorderemo – dall’art. 1-bis del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152 (introdotto dal Decreto cd. Trasparenza) imponente obblighi informativi a carico dei datori di lavoro per l’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio integralmente automatizzati.

Garantire i diritti dei lavoratori senza discriminare

Oltre a ciò, e non passi in secondo piano, si precisa altresì che l’intelligenza artificiale nell’organizzazione e nella gestione del rapporto di lavoro garantisce l’osservanza dei diritti inviolabili del lavoratore senza discriminazioni in funzione del sesso, dell’età, delle origini etniche, del credo religioso, dell’orientamento sessuale, delle opinioni politiche e delle condizioni personali, sociali ed economiche. Agli osservatori più attenti, non potrà essere sfuggito il filo conduttore con l’art. 8 dello Statuto dei Lavoratori (come se il Legislatore avesse voluto ribadire l’importanza di tutele e garanzie pensate all’epoca della catena industriale, prevedendo che debbano essere rispettate -adattandole- anche nell’epoca digitale ed anche nell’utilizzo della IA).

Solo principi?

Sorge spontaneo l’interrogativo su come andrà: verranno rispettati tali principi? A prima lettura sembrano principi generici che fungono da contenitore vuoto a quel che poi sarà messo in pratica dagli operatori del settore.

C’è da dire che un presidio di garanzia è stato previsto. Al fine di massimizzare i benefici e contenere i rischi derivanti dall’impiego di sistemi di intelligenza artificiale in ambito lavorativo, verrà istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali l’Osservatorio sull’adozione di sistemi di intelligenza artificiale nel mondo del lavoro, con il compito di definire una strategia sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito lavorativo, monitorare l’impatto sul mercato del lavoro e identificare i settori lavorativi maggiormente interessati dall’avvento dell’intelligenza artificiale. L’Osservatorio dovrà anche occuparsi di formazione di lavoratori e datori di lavoro in materia di IA.

Siamo comunque all’inizio di questa sfida regolamentare: non passi in secondo luogo la massiva opera di coordinamento tra le normative: se si vuole restare nell’ambito specifico del mondo del lavoro, raccordi dovranno essere fatti tra disciplina d’utilizzo di IA e presidi ai (in certi casi, divieti di) controlli a distanza definiti dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, presidi in tema di privacy e trattamento di dati etc.

L’importanza dei decreti attuativi

La strada è in salita ma la Legge n. 132/2025 apre il dibattito. Molto sarà rimesso ai decreti attuativi, alle relazioni industriali e alla contrattazione collettiva. È un passo importante verso un diritto del lavoro dell’era digitale, capace di bilanciare innovazione e controllo.

Vorrei concludere con una riflessione lanciata e rilanciata nel tempo che prende le mosse anche da interessanti spunti altrui (ad esempio, Sole24Ore del 24 ottobre 2017): non si può restare inerti su corsi d’acqua e arrendersi a un mondo in cui si rischia che “le macchine pensino e imparano sempre di più e gli umani sempre di meno”. Bisogna (accettare e) dominare l’evoluzione tecnologica, restando umani pensanti e sfruttandola al massimo per migliorare e cogliere nuove opportunità, senza dimenticare principi e garanzie fondamentali per una corretta gestione degli strumenti.