categoria: Distruzione creativa
Stretta tra TikTok e Sora, l’Europa cerca la sua via ai social

Post di Jacopo Franchi, social media manager di Cariplo Factory, e Monia Donateo*, avvocata esperta in diritto digitale, GDPR, proprietà intellettuale e AI, Maestro della Privacy presso Istituto Italiano Privacy –
“To all of those people of TikTok: I saved TikTok, so you owe me big“: con queste parole il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha esordito nel suo primo video pubblicato sul social media di origine cinese pochi giorni dopo aver trovato un accordo per la vendita della maggioranza di TikTok Usa a una cordata di imprenditori statunitensi.
Secondo le informazioni fin qui trapelate – si veda l’articolo del Sole 24 Ore – i potenziali acquirenti sarebbero società e gruppi di spicco nel mondo dei media, dei servizi digitali e del cloud, che potrebbero portare a un’ulteriore concentrazione delle piattaforme social nelle mani di pochissimi individui ed entità con sede negli USA.
La crescente concentrazione dei social media nelle mani di pochi colossi
Anziché dare segni di indebolimento, il monopolio statunitense dei social media sembra quindi destinato a rafforzarsi sempre più: neanche il tempo di lasciar decantare la conclusione della lunga trattativa su TikTok, che Open AI ha svelato al mondo la nuova app Sora, scaricata oltre un milione di volte nei primi cinque giorni dal lancio.
La app – per ora disponibile solo negli USA e in Canada – consente di realizzare brevi video con l’intelligenza artificiale e condividerli all’interno di un feed, superando in questo modo l’ultima barriera esistente fra social media popolati da contenuti creati dagli utenti e social media popolati da soli contenuti “sintetici”. Una barriera che né Meta, né X, né altri avevano finora osato superare del tutto, pur disponendo delle capacità tecnologiche per farlo.

Un’umanità connessa e distratta, sospesa tra TikTok, intelligenza artificiale e il bisogno di ritrovare spazi digitali più umani. (immagine da Freepik)
Lo scenario competitivo attuale dei social media è, quindi, quello di un settore dove l’incredibile concentrazione di potere nelle mani di pochi colossi non sembra in grado di frenare l’innovazione e la nascita di nuovi format, tecnologie, soluzioni per raccogliere l’interesse e i dati degli utenti. A meno di non vivere in Europa.
Il declino di BeReal, le residue speranze di un social media “europeo”
Dopo il rapido declino del social media BeReal, di origine francese, le residue speranze di assistere alla nascita di social media europei sembrano essere del tutto venute meno. Mancano i capitali, ma soprattutto è mancata fin qui la capacità di individuare una carenza latente a cui rispondere con una soluzione made in Europe.
Se Facebook, a suo tempo, ha risposto al bisogno di connessione in società sempre più frammentate fra tante solitudini coincidenti, se LinkedIn ha risposto al bisogno di massimizzare le possibilità di fare carriera attraverso una rete di contatti allargata, e Twitter/X al bisogno di accedere all’informazione in tempo reale, nessun social media europeo è mai andato oltre la semplice copia delle soluzioni ideate da altri.
Il futuro, tuttavia, potrebbe riservare non pochi colpi di scena. Le stesse norme europee che hanno cercato di arginare gli eccessi delle piattaforme dominanti hanno infatti aperto, quasi in parallelo, nuovi margini di manovra per attori emergenti, rendendo giuridicamente e tecnicamente possibile l’affermazione di modelli alternativi.
Regolamenti come il Digital Services Act o il Digital Markets Act sono accumunati , infatti, da un impianto normativo che riconosce la necessità di intervenire in modo differenziato a seconda della posizione di mercato delle piattaforme. In particolare, i due regolamenti adottano un approccio asimmetrico, che alleggerisce gli oneri per le imprese di dimensioni minori offrendo loro esenzioni mirate e condizioni favorevoli per lo sviluppo di nuovi modelli di servizio. Non è ancora una vera e propria sandbox per tutelare un potenziale mercato dei social media europei, ma poco ci manca.
Le future startup potrebbero quindi sperimentare soluzioni alternative in materia di governance algoritmica e moderazione, beneficiando allo stesso tempo della maggiore trasparenza e apertura imposta alle grandi piattaforme. Grazie ai nuovi regolamenti, quindi, esistono diverse modalità attraverso cui un social media europeo potrebbe sperare di attirare su di sé almeno una parte degli utenti delusi dai social tradizionali.
Si pensi, in particolare, al diritto sulla portabilità dei dati da una piattaforma digitale all’altra, che offre la possibilità di acquisire gli utenti di Facebook, Instagram o della stessa TikTok con tutto il loro storico di dati, connessioni, contenuti di archivio. Una possibilità mai sperimentata finora da nessun social, ma che potrebbe rispondere a quel bisogno di “evasione” che tanti utenti non riescono a mettere in pratica per timore di dover abbandonare tutto il proprio passato digitale.
Il DMA, nello specifico, impone ai cosiddetti gatekeeper l’obbligo di garantire una portabilità effettiva anche dei dati generati durante l’uso del servizio, attraverso strumenti tecnici adeguati. Si tratta di una misura pensata per ridurre gli effetti di lock-in e favorire la mobilità digitale degli utenti; con essa, la possibilità per nuovi operatori europei di offrire servizi alternativi senza costringere l’utente a rinunciare al proprio “passato digitale”. È un meccanismo di accesso e continuità dei dati che, se attuato pienamente, può contribuire a rendere più concorrenziale un mercato oggi fortemente concentrato.
I social media europei, se mai riusciranno a ottenere una dimensione significativa, potrebbero quindi trovare linfa vitale non tanto nella disponibilità di capitali ingenti o di un supporto politico duraturo, ma dalla capacità di sfruttare gli strumenti di competitività che le stesse leggi hanno messo a loro disposizione.
Social media fondati sul rispetto delle leggi, dei limiti, dei valori europei
Per quanto riguarda la risposta ai bisogni latenti delle persone, i social media europei potrebbero trovare la propria “raison d’être” nell’offerta di un livello di controllo mai sperimentato prima d’ora nell’ambito dei servizi digitali. Account privati “di default”, opzioni avanzate di personalizzazione degli algoritmi e del design del profilo utente, diritti di proprietà, ereditarietà, vendita e trasmissibilità dei propri account, pagine e gruppi social, trasparenza sull’intero processo di moderazione di contenuti e “disconnessione” totale del profilo in caso di assenza prolungata: questi sono solo alcune innovazioni che, nondimeno, segnerebbero una radicale soluzione di continuità rispetto ai social esistenti.
Saranno social meno additivi, più prevedibili, macchinosi di quelli attuali? Forse, nella misura in cui il loro scopo non sarà quello di competere per i miliardi di utenti di TikTok e Facebook ma di fornire un’alternativa sicura e inclusiva rispetto a quanti cercheranno uno spazio digitale diverso rispetto a quelli fin qui frequentati. Alternative che potrebbero vedere la luce grazie al coinvolgimento di capitali privati e risorse pubbliche, di competenze tecnologiche del settore privato e sensibilità del Terzo Settore per creare la prima, vera infrastruttura civica digitale pan-europea, ulteriore tassello della tanto agognata autonomia strategica.

Giovani immersi nei propri schermi: l’Europa prova a immaginare un futuro digitale fondato su regole, diritti e consapevolezza. (immagine da Freepik)
Social media europei e rispettosi delle “nostre” leggi potrebbero, inoltre, rappresentare una fondamentale fonte di dati per l’addestramento di LLM, meno rischiosi rispetto ai database ottenuti – non sappiamo quanto legalmente – da piattaforme concorrenti. Per non parlare delle possibili ricadute sulla diminuzione dei costi per la pubblicità online per le imprese europee, della maggiore visibilità assicurata a fonti di informazione europee, e agli account e pagine pubbliche di istituzioni, università, centri di ricerche, organizzazioni europee per la formazione e informazione dei cittadini (ad esempio, riservando loro sezioni dedicate in piattaforma e una visibilità “garantita” verso i cittadini interessati a seguirle).
Quello che ci auguriamo è che i social media europei di nuova generazione possano rappresentare un’alternativa decorosa da utilizzare anche come specchio di confronto delle possibili deformazioni operate dagli altri social. Luoghi virtuali in cui rifugiarsi, quando sugli altri social imperverseranno narrazioni a senso unico e dibattiti inquinati dall’odio e dalla propaganda di altri Paesi, in cui trovare gli strumenti per governare i flussi di informazione in ingresso in luogo di essere interamente soggetti alle decisioni prese da algoritmi e moderatori “stranieri”. Dei social, infine, in cui trovare informazioni utili e tempestive in caso di guerre, calamità, disastri, pandemie, non più soggette alle interferenze di altri governi.
I social media europei potrebbero essere i primi, nella ventennale storia di questo settore, a incarnare i valori su cui si fonda l’Europa, ospitando al loro interno spazi e contenuti riservati alla conoscenza, all’informazione, all’educazione e alla formazione dei cittadini.
Potrebbero essere dei social pensati per facilitare le connessioni e lo scambio tra i vari popoli del continente, e oltre, attraverso l’uso di intelligenze artificiali per la traduzione automatica e la creazione di spazi “neutri” in cui ospitare il confronto, lo scambio, l’avvicinamento reciproco in condizioni di massima sicurezza.
Potrebbero ricoprire un ruolo fondamentale nell’assicurare alle giovani generazioni un primo approccio “controllato” al digitale, offrendo loro funzionalità e contenuti su misura per la loro età e tutelandoli dai pericoli dell’eccessiva visibilità. Il rischio di sfociare nel paternalismo è, come sempre, elevato, ma per i contenuti “brainrot” (ad esempio, video virali tossici, compulsivi e ripetitivi, ndr) ci sarà sempre un TikTok o una Sora qualunque verso cui evadere.
Tutelare i social media europei: ricorrere da subito al Golden Power?
Un rischio ben maggiore, infine, è che qualsiasi social media europeo di una certa rilevanza potrebbe essere acquisito da altri una volta superata una prima massa critica, per fini politici o semplicemente per “mettere a tacere” un potenziale concorrente. Strano a dirsi, i regolamenti europei non prevedono salvaguardie immediate rispetto ai rischi connessi nel passaggio di proprietà di archivi digitali così imponenti, da una proprietà europea a una proprietà extra-UE: come avvenuto nel caso di TikTok, di fronte a ogni nuovo passaggio di mano anche gli europei possono solo scegliere tra “ringraziare” il nuovo salvatore, o abbandonare precipitosamente la nave.
* Founder dello Studio Legale Donateo