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Pubblico impiego: il vero stato di salute dell’amministrazione

Post di Guido Barzazi, avvocato amministrativista –
A breve distanza di tempo la Ragioneria generale dello Stato e la Corte dei conti hanno diffuso rispettivamente il conto annuale del personale, cioè il censimento dei dipendenti pubblici e la Relazione sul costo del lavoro pubblico.
Dalla lettura incrociata dei contenuti di questi due documenti si possono ricavare degli elementi utili a focalizzare le attuali criticità dell’amministrazione, la direzione concretamente assunta dalle politiche pubbliche e, quindi, i possibili obiettivi che queste dovrebbero perseguire.
Rafforzamento dell’organico: incremento sì, ma modesto
Un primo dato positivo emerge dalla crescita del numero dei dipendenti della P.A. È un incremento che – sia pur modesto (+1,33% sull’anno precedente per le amministrazioni centrali e +0,66% per le amministrazioni locali) – sembra però confermare un trend di rafforzamento dell’organico dei dipendenti della pubblica amministrazione.
La strada è comunque ancora lunga perché l’amministrazione italiana, a livello europeo, ha il valore più basso nel rapporto fra occupati nelle amministrazioni pubbliche sul totale dei residenti.
Sembrerebbe superata, però, la retorica dell’amministrazione come macchina inefficiente, in grado di assorbire ulteriori riduzioni del numero dei dipendenti e le politiche pubbliche sembrerebbero, almeno sotto questo profilo, aver invertito la rotta, impegnando maggiori risorse nell’ampliamento degli organici.
Quanto costa al cittadino l’amministrazione pubblica?
Indicazioni decisamente meno confortanti si possono ricavare dall’analisi dei dati relativi alla spesa che ciascun cittadino italiano sostiene per la retribuzione lorda e i contributi di ciascun dipendente dell’amministrazione pubblica.
In valori assoluti, questa si è attestata nel 2024 all’importo di 3.126 euro, tra l’altro con un valore in diminuzione rispetto alle due precedenti annualità.
L’inadeguatezza di questo importo emerge impietosamente dalla sua comparazione con la media della spesa registrata nell’Unione (3.800 euro), rispetto alla quale l’importo speso in Italia è inferiore di una percentuale pari al 17%.
Questa distanza sale al 19,6% se si assume come termine di paragone la Francia (3.889 euro a cittadino) e arriva al 30,5% nel confronto con i 5.005 euro all’anno spesi da ogni cittadino tedesco.
Spesa inferiore alla media europea, ma limitata professionalità. Perché?
Dalla Relazione della Corte dei conti, invece, si ricavano altri due elementi rilevanti, il tema anagrafico e quello della professionalità: l’età media dei dipendenti pubblici è infatti molto alta (45 anni di media) e due dipendenti su tre appartengono a categorie che non richiedono la laurea. L’aspetto della limitata professionalità, dunque, appare collegato alla bassa spesa per cittadino rilevata dalla Ragioneria dello Stato.
Quale lettura può essere data a questi elementi?
Salta all’occhio, in primo luogo, che un ammontare della spesa tanto inferiore alla media europea, cioè rispetto a apparati amministrativi che operano in sistemi economici e sociali fra loro comparabili, fa dubitare del fatto che questa sia realmente in grado di garantire un’adeguata qualità all’attività della pubblica amministrazione. Questo tema, d’altro canto, si interseca necessariamente con quello della limitata professionalità dei dipendenti pubblici.
Il problema, d’altro canto, era già stato percepito in tutta la sua gravità in occasione dell’attuazione del PNRR, che ha messo a nudo le gravi criticità che presenta la struttura amministrativa nazionale, specialmente a livello locale e regionale.
Rafforzamento dell’amministrazione o no?
A fronte di questi dati, tuttavia, si riscontrano nelle politiche pubbliche dei segnali che sembrano fra loro incoerenti.
Da un lato, infatti, si osserva, specialmente nelle amministrazioni centrali, l’indirizzo verso un incremento del numero dei dipendenti pubblici che è stato rilevato dalla Ragioneria dello Stato e confermato dalla Corte dei conti che, quindi, sembrerebbe finalizzato ad un processo di rafforzamento dell’amministrazione per mezzo di maggiori investimenti per l’ampliamento degli organici.

Immagine simbolica del lavoro nella pubblica amministrazione italiana: organici in lieve crescita, ma professionalità e qualità ancora da rafforzare (immagine da Freepik)
Spunti in questa direzione sembrerebbero emergere anche dalle recenti tornate dei rinnovi contrattuali relativi alle amministrazioni centrali: anche la relazione sul costo del lavoro pubblico 2025 della Corte dei conti riscontra un incremento del 2,3% rispetto all’anno precedente e un trend previsionale in leggera crescita anche per i tre anni successivi.
L’apparente resa del legislatore
A fronte di questi segnali, tuttavia, emerge a livello di normazione una sorta di accettazione dello status quo, che si è tradotto in alcuni interventi – quello già approvato sull’abuso d’ufficio e quello in fase di approvazione sulla responsabilità contabile – con i quali il legislatore sembrerebbe rivelare, invece, l’intenzione di accettare le attuali condizioni dell’amministrazione, adeguando a queste la stessa regolazione.
In altri termini, è come se il legislatore, non ritenendosi in grado di migliorare la qualità dell’amministrazione, accettasse di abbassare le sue aspettative.
In questo contesto, però, la cd. “paura della firma” o, se si preferisce, la “fatica di amministrare” non sembra essere la patologia ma piuttosto un sintomo della debolezza strutturale dell’amministrazione, fiaccata da un decennio di blocco del turn-over che ne ha determinato l’invecchiamento, demotivata dai mancati rinnovi contrattuali e scarsamente professionalizzata per effetto delle politiche di contenimento della spesa.
Una operazione di “consolidamento” dell’amministrazione, però, sarebbe oltremodo necessaria anche in considerazione della centralità, nella legislazione più recente, del principio di risultato che, marcando la distanza da un modello di amministrazione fondato sulla formale osservanza della normativa, determina una ulteriore responsabilizzazione del ruolo del funzionario pubblico.
Dal Governo segnali contradittori
I segnali che si possono rilevare dalle più recenti scelte del governo centrale, dunque, sembrano contraddittori e sostanzialmente incoerenti fra loro.
Gli obbiettivi finali da perseguire, invece, dovrebbero essere coerenti e coordinati al fine di conseguire un effettivo rafforzamento dell’amministrazione con maggiori investimenti, per migliorare la qualità del suo funzionamento.
In altri termini, gli elementi rilevati dalla Ragioneria e dalla Corte dei conti sembrano dimostrare che l’amministrazione non è in grado di sostenere adeguatamente lo sviluppo del sistema sociale e economico e, ancor meno, della struttura produttiva del paese ma i recenti interventi normativi sembrano animati da un sostanziale “liberi tutti” che non appare in grado di sostenere la funzionalità del sistema sociale e lo sviluppo del sistema economico.