Auto elettrica, zero emissioni per davvero? Attenti alla Lca

scritto da il 31 Ottobre 2025

Post di G. Tiziana Gallo, progettista e pianificatrice esperta di rigenerazione urbana –

Perché un architetto, esperta di LCA (Life Cycle Assessment*) e di progettazione urbana carbon neutral, decide di occuparsi di automobili e mobilità?

La risposta è semplice: perché le scelte che oggi si stanno facendo in Europa sul futuro dell’automotive non riguardano solo l’industria dell’auto, ma hanno implicazioni dirette per le città, l’energia e la sostenibilità complessiva del sistema urbano. Mobilità, edifici e produzione energetica sono infatti i tre grandi fattori che determinano il livello di inquinamento nei centri abitati – soprattutto nella pianura padana, la più congestionata d’Europa.

Da qui nasce una domanda cruciale: un’auto elettrica (o a idrogeno) può davvero essere considerata a “zero emissioni”?

Il metodo: cosa dice la normativa LCA

Per rispondere serve un approccio scientifico, e non ideologico. Il riferimento è la valutazione del ciclo di vita (Life Cycle Assessment), regolata dagli standard internazionali ISO 14040 e ISO 14044, che definiscono principi, requisiti e linee guida per calcolare l’impatto ambientale di un prodotto in tutte le sue fasi: dalla produzione alla dismissione.
In sostanza, la metodologia LCA prende in considerazione non solo ciò che si utilizza, ma come viene prodotto, con quale energia, da quali materiali e da dove questi materiali provengono. È un approccio sistemico, già applicato da anni in edilizia e nei progetti di rigenerazione urbana carbon free.

Ne ho fatto esperienza diretta come responsabile ambiente in un progetto vincitore del concorso internazionale C40 Reinventing Cities a Milano, e in altri interventi come la nuova BEIC, sempre a Milano, con lo studio Caputo.

Il caso delle auto: dove iniziano le criticità

Molti studi mostrano come le auto elettriche risultino le più performanti in termini di riduzione delle emissioni di CO₂, seguite da quelle a idrogeno. Tuttavia, se si guarda con gli occhi del protocollo LCA, emergono due criticità fondamentali.

auto elettrica

In ricarica (immagine da Freepik)

La prima riguarda l’origine dell’energia: un’auto elettrica ricaricata con elettricità prodotta da una centrale a metano non può essere considerata “zero emissioni”. Lo stesso vale per un’auto a idrogeno, se l’idrogeno non è “verde”, cioè generato da fonti rinnovabili come fotovoltaico o eolico.
Ecco perché non è possibile dichiarare che un’auto sia a zero CO₂ senza conoscere come viene prodotta l’energia che la alimenta.

Da questo punto di vista sono interessanti alcuni progetti internazionali, come quelli di Toyota Woven City, che integrano la produzione di energia rinnovabile con le infrastrutture di ricarica, creando una filiera chiusa e tracciabile. È un modello che andrebbe replicato anche per l’elettricità, in un quadro di riforma complessiva del sistema energetico nazionale.

La seconda criticità: i materiali

C’è poi il tema, spesso trascurato, dei materiali. La valutazione LCA tiene conto non solo della produzione del veicolo, ma anche del trasporto della componentistica e del fine vita dei materiali utilizzati.

Ridurre le distanze di approvvigionamento – sviluppando filiere più locali e meno energivore – è quindi essenziale per abbattere la CO₂ complessiva. Lo stesso vale per la scelta dei materiali: acciaio e vetro, ancora oggi prodotti in gran parte con processi ad alto impatto, pesano molto sul bilancio ambientale.

Al contrario, soluzioni innovative come quella sperimentata da Lotus, che ha realizzato carrozzerie in fibra di canapa, dimostrano che è possibile costruire auto con materiali a basso impatto, facilmente riciclabili e con LCA prossima allo zero.

Oltre il dibattito ideologico

Il punto, dunque, non è schierarsi “pro o contro” l’auto elettrica, ma portare il dibattito sul terreno della competenza e della misurazione scientifica. Solo applicando in modo rigoroso i protocolli LCA possiamo distinguere tra scelte realmente sostenibili e soluzioni che lo sono solo sulla carta.

Questo approccio non penalizza l’industria: al contrario, apre nuove opportunità per innovare le filiere, sviluppare professionalità tecniche e creare lavoro qualificato, soprattutto per i giovani.
Vale per il settore dell’auto, per quello energetico e per la rigenerazione urbana: tutti ambiti in cui l’Europa può consolidare una leadership credibile e competitiva.

* Cos’è la LCA e perché è diversa dal Fit for 55 della Ue

La strategia europea Fit for 55 considera “a zero emissioni” ogni veicolo che non produce CO₂ allo scarico. È il cosiddetto approccio tank-to-wheel – dal serbatoio alla ruota – che misura solo ciò che accade durante l’uso dell’auto. Ma la sostenibilità reale non si ferma lì. La LCA (Life Cycle Assessment) valuta invece l’impatto ambientale dalla culla alla tomba (from cradle to grave): dalla produzione dei materiali all’energia utilizzata per alimentare il mezzo, fino allo smaltimento finale.

Così un’auto elettrica ricaricata grazie a energia idroelettrica può davvero dirsi “zero emissioni”, mentre la stessa auto ricaricata in un Paese in cui l’elettricità proviene dal carbone, no. La differenza tra Fit for 55 e LCA è tutta qui: il primo guarda al tubo di scarico, il secondo al sistema nel suo insieme. E solo quest’ultimo dice davvero quanto “green” è un’auto.