Dall’emergenza coronavirus 3 lezioni per i sistemi democratici occidentali

scritto da il 11 Marzo 2020

Un recente editoriale  su l’autorevole rivista The Lancet, ha classificato le misure di contenimento nei confronti del Covid-19 al di fuori della Cina in modo lapidario “Too Little, Too Late”. L’Italia, con la limitazione drastica della circolazione prima in Lombardia e poi sul tutto il territorio nazionale sta cercando di recuperare terreno e tempo perduto onde evitare che il picco dei contagi possa mettere in crisi il sistema sanitario. Il giudizio severo della rivista medica si basa sul confronto con la strategia posta in essere dal governo cinese che, come certificato dal report sulla missione ispettiva realizzata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, rallentando efficacemente la diffusione del virus, ha consentito di salvare un gran numero di vite umane.

Twitter Massimo Famularo

È di tutta evidenza che nell’affrontare questa tipologia di emergenze i governi democratici risultano svantaggiati rispetto ai regimi autoritari per almeno 2 motivi. In primo luogo, la decisione di applicare misure restrittive è tipicamente impopolare e presenta costi economici immediati a fronte di benefici futuri. Si tratta quindi della tipologia di provvedimento che i politici tendono a rinviare ed evitare per quanto possibile.

In secondo luogo, nelle società democratiche le libertà individuali godono tipicamente di tutele elevate, in genere a livello costituzionale e la popolazione non è disponibile ad accettare che vengano limitate. Ne consegue che provvedimenti particolarmente restrittivi, come quelli necessari in caso di epidemie, necessitano di uno sforzo eccezionale in sede di applicazione, al punto di richiedere talvolta il contributo dell’esercito.

In che modo è possibile ridimensionare questo svantaggio competitivo dei regimi democratici? Quali lezioni per il futuro si possono trarre dall’esperienza di questi giorni?

La prima e più ovvia lezione riguarda la evidente necessità di integrare e ampliare o, ove assenti, predisporre ex novo piani di emergenza per questa tipologia di emergenze. In secondo luogo occorre “investire” sulla qualità e credibilità delle istituzioni politiche e degli organismi tecnici per fare in modo che la loro posizione risulti più forte durante i periodi di crisi. Terzo occorre lavorare sulla “formazione ed educazione” dei cittadini affinché dispongano degli strumenti necessari per comprendere lo sviluppo eventi complessi come la diffusione delle epidemie e la necessità delle misure di precauzione.

Twitter Giulia Pompili

Con riferimento al punto uno scuole, università, uffici pubblici e privati, potrebbero su base ordinaria operare almeno un giorno a settimana da remoto ed essere pronti a fare a meno della presenza fisica per periodi prolungati all’occorrenza. Parimenti le strutture produttive e logistiche dovrebbero dotarsi di piani di emergenza per operare con personale ridotto e in ogni caso riducendo al minimo indispensabile gli spostamenti delle persone. Questo tipo di presidi non possono compensare le perdite derivanti dalla cancellazione di eventi e dalla chiusura degli esercizi commerciali, ma potrebbero ridurre il costo complessivo delle misure precauzionali rendendo meno critico il processo decisionale per le autorità politiche e pià agevole la gestione delle misure di contenimento.

Un mondo dove la circolazione delle persone e delle cose è intensa e veloce come mai accaduto nella storia dell’uomo deve fare i conti con la possibilità di dover rallentare, se non interrompere bruscamente questo flusso, preparandosi per tempo è possibile ridurre sensibilmente una parte dei costi sociali in modo liberare risorse per far fronte alle criticità che non possono essere eliminate.

La seconda lezione riguarda una fragilità che non è elemento né necessario né strutturale dei sistemi democratici, ma si manifesta piuttosto come una degenerazione contingente. Fuori dalle emergenze e dalle circostanze eccezionali la presenza di governanti inadeguati e di tecnici non preparati a sufficienza nelle istituzioni presenta costi sociali dilazionati nel tempo e diffusi su larga parte della popolazione. È plausibile che questo spieghi in parte la tolleranza largamente diffusa per i politici populisti e per la mancanza di meritocrazia nelle istituzioni. L’emergenza del coronavirus ci ha mostrato ampiamente che il costo può aumentare in modo rapido e tradursi anche nella perdita di vite umane.

La principale arma di difesa di un sistema democratico nei confronti delle conseguenze negative di emergenze come quella che stiamo vivendo risiede nella selezione del personale politico e nella pretesa di elevati standard di competenza nelle istituzioni. Non è possibile prepararsi in anticipo nei confronti di qualunque evento negativo, è tuttavia doveroso cercare di evitare per quanto possibile che personale inadeguato si trovi in posti chiave in circostanze di emergenza.

L’ultima lezione riguarda tutti noi cittadini popolo ed incorpora in parte le prime due. L’ignoranza e la mancata assunzione delle proprie responsabilità ha un costo elevato che diventa più evidente nelle situazioni di emergenza: cittadini preparati, responsabili e bene informati sono meno vulnerabili alle fake news, meno disposti a seguire teorie complottiste e capaci in misura maggiore di comprendere la complessità della realtà in cui operano. Per quest’ultimo motivo possono reagire in modo più efficace in caso di emergenza, comprendere meglio le misure precauzionali ed essere maggiormente disposti a collaborare.

La maggiore fragilità dei sistemi democratici nelle situazioni di emergenza è in parte il prezzo da pagare per la difesa delle libertà fondamentali, che costituiscono una delle più importanti conquiste di civiltà dell’epoca contemporanea. Senza mettere in discussione questo elemento imprescindibile delle società aperte occorre mitigare tale problema investendo per tempo nella formazione e promuovendo la creazione di una solida cultura della competenza e della responsabilità.

Twitter @massimofamularo