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Evasione fiscale: strategie aziendali e rischi nella supply chain


Post di Marco Sartori, ceo di KYP –
In Italia l’evasione fiscale continua a rappresentare una delle più gravi e radicate distorsioni del sistema economico. Sebbene gli ultimi dati dell’Agenzia delle Entrate lascino intravedere segnali positivi, con il recupero di oltre 30 miliardi di euro nel solo 2024, il fenomeno resta profondamente radicato e produce effetti che si riverberano lungo tutta la catena economica. Le imprese che scelgono la legalità ne sono spesso le prime vittime, trovandosi a operare in un contesto distorto, dove la concorrenza sleale si manifesta anche sotto forma di prezzi anomali o comportamenti opachi.
Ma ciò che desta maggiore preoccupazione è l’effetto indiretto su chi collabora, anche inconsapevolmente, con soggetti fiscalmente opachi. Sempre più spesso, le aziende finiscono coinvolte – talvolta loro malgrado – in vicende legate a soggetti fiscalmente scorretti, assumendosi responsabilità indirette che possono tradursi in conseguenze legali, reputazionali e finanziarie. In un contesto così complesso, la valutazione preventiva dei propri interlocutori non è più un’opzione ma una vera e propria responsabilità.
I segnali da monitorare con attenzione
Le imprese, in particolare le piccole e medie, devono adottare un approccio consapevole e metodico prima di avviare qualunque rapporto economico. Nel fare ciò, è essenziale saper riconoscere i segnali che potrebbero indicare la presenza di una società fiscalmente fraudolenta, anche detta società “cartiera”, ovvero un soggetto giuridico costituito con il solo scopo di emettere fatture false o comunque alimentare frodi fiscali.

Le imprese che scelgono la legalità ne sono spesso le prime vittime, trovandosi a operare in un contesto distorto (Designed by Freepik)
Alcuni segnali sono più ricorrenti di altri. Tra questi, la scarsa presenza o la totale assenza di personale può rappresentare un primo indizio di inattività sostanziale, ma non basta da solo a trarre conclusioni. Molto spesso, tali società mostrano un ciclo di vita anomalo, caratterizzato da rapidi picchi di fatturato seguiti da altrettanto rapide cessazioni d’attività.
Non sempre sono disponibili le competenze necessarie
Altre anomalie si possono rilevare nella struttura organizzativa: ad esempio, la mancanza di certificazioni o di un organo di controllo, anche quando le dimensioni aziendali lo richiederebbero, oltre all’eventuale mancanza di un rating di legalità, che costituisce oggi un importante strumento di trasparenza rappresentano un potenziale indicatore di opacità. Ulteriori aspetti economico finanziari da monitorare sono il livello di patrimonializzazione, la presenza o meno di immobilizzazioni, in particolare materiali, l’accesso al credito bancario oltre alla capacità di creare valore aggiunto.
È però doveroso precisare che nemmeno un’analisi approfondita di questi elementi può offrire la certezza assoluta sulla natura lecita o illecita di una società. Il rischio di errore o sottovalutazione resta alto, soprattutto in assenza di strumenti analitici strutturati. Infatti, anche quando questi segnali vengono rilevati, non sempre si dispone delle competenze o degli strumenti per interpretarli correttamente. Molte aziende, in particolare le piccole e medie, non hanno al loro interno figure dedicate a questo tipo di analisi. E anche chi le ha, può trovarsi in difficoltà senza l’ausilio di un sistema strutturato in grado di leggere e interpretare i dati ufficiali di bilancio per individuare possibili indicatori di rischio.
Evasione fiscale e gestione (tech) del rischio
Oggi grazie a tecnologie avanzate, basate sull’AI, e certificate, attraverso i sistemi di blockchain, è possibile avere un controllo maggiore sulla reputazione dei propri partner commerciali. Collaborare con soggetti trasparenti, affidabili, in regola con gli obblighi fiscali e societari significa creare basi più solide per la crescita. Al contrario, una scelta sbagliata – anche se involontaria – può compromettere anni di investimenti, relazioni e reputazione. Serve una cultura organizzativa in cui la legalità venga percepita come valore, dove la due diligence sia un processo continuo, non un controllo una tantum. Dove i dati vengano letti in chiave predittiva, non solo retrospettiva.
In un contesto dove l’evasione fiscale è ancora una minaccia sistemica, è essenziale che la gestione del rischio lungo la supply chain venga considerata parte integrante della strategia aziendale. Non solo per evitare danni o sanzioni, ma per costruire un ambiente di lavoro più sano, più sostenibile e più competitivo.