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Italia-Spagna, la vera partita si gioca sulla macchina amministrativa


Post di Mariangela Miceli, Avvocata specializzata in appalti e contratti pubblici, PNRR e Government & Public Fund. Cultore della materia presso l’Unipa –
L’immaginario collettivo è abituato a leggere la sfida tra Italia e Spagna sul piano calcistico e, di recente, anche più tennistico, tra partite epiche e rivalità sportive. Ma oggi, a ben vedere, una delle partite decisive tra i due Paesi si gioca su un altro campo: quello della capacità amministrativa. E da questo confronto dipende molto più del risultato di una gara. Si gioca lo sviluppo economico, la qualità della spesa pubblica, l’efficienza nella gestione dei fondi europei e, in ultima analisi, la credibilità dei rispettivi Stati agli occhi dei cittadini e degli investitori.
Italia e Spagna: due approcci a confronto
L’Italia e la Spagna condividono, per storia e struttura istituzionale, alcune sfide comuni come una PA stratificata, in parte ancora segnata da rigidità burocratiche, disparità territoriali nell’efficienza dei servizi e difficoltà nell’attuazione omogenea delle politiche pubbliche.
Tuttavia, il percorso intrapreso dai due Paesi negli ultimi anni evidenzia approcci diversi, con la Spagna che, su alcuni fronti, sembra aver preso il largo, soprattutto in termini di semplificazione, digitalizzazione e supporto agli enti locali.
Negli ultimi anni, la Spagna ha intrapreso un percorso strutturato di rafforzamento amministrativo, intervenendo su aspetti chiave quali la semplificazione normativa, la digitalizzazione dei processi e la standardizzazione dei sistemi informativi. Le riforme introdotte sin dalla Ley 39/2015 e la Ley 40/2015 hanno prodotto risultati concreti, tra cui l’implementazione della Plataforma de Contratación del Sector Público, che ha centralizzato e digitalizzato la gestione degli appalti pubblici, favorendo trasparenza e riduzione dei tempi procedurali.
A questi interventi normativi si è affiancato un piano di formazione diffusa e un rafforzamento delle competenze nelle amministrazioni locali, con particolare attenzione alla gestione dei fondi europei. Il risultato è una capacità di spesa più stabile e una minore incidenza di contenziosi e irregolarità, come riconosciuto dai report periodici della Commissione.
Le fragilità italiane nella gestione degli appalti
In Italia, la strategia di rafforzamento amministrativo ha subito negli anni un percorso più frammentato. Nonostante l’introduzione del nuovo Codice dei contratti pubblici e lo sviluppo di piattaforme nazionali come ReGiS o SIMOG, persistono criticità legate alla frammentazione normativa, alla carenza di personale qualificato, soprattutto nei piccoli Comuni e nelle aree interne, e a un utilizzo ancora disomogeneo delle tecnologie digitali.
Un caso emblematico è quello della gestione degli appalti. Mentre il modello spagnolo ha investito in sistemi integrati e interoperabili, in Italia la molteplicità di piattaforme, unita a frequenti modifiche normative, genera incertezza tra gli operatori e ritardi nella fase esecutiva dei progetti. Gli effetti si riflettono anche sui dati relativi all’assorbimento dei fondi europei, dove, nonostante i miglioramenti recenti, l’Italia continua a evidenziare ritardi rispetto agli standard comunitari.
Esempi virtuosi dalla Spagna: tra semplificazione e digitalizzazione
La Spagna ha puntato con decisione sulla modernizzazione amministrativa già prima della pandemia, approvando nel 2013 la Ley 39/2015 del Procedimiento administrativo común e la Ley 40/2015 de Régimen Jurídico del Sector Público, che hanno ridisegnato il quadro normativo delle procedure amministrative e dei rapporti tra le amministrazioni pubbliche.
Tra le misure più incisive, l’obbligo di gestione elettronica dei procedimenti amministrativi, con piattaforme uniche per l’interazione tra cittadini, imprese e PA, il registro elettronico unico, che evita duplicazioni e consente il tracciamento in tempo reale delle pratiche.
Il Sistema Cl@ve, un’identità digitale per accedere ai servizi pubblici, oggi utilizzata da oltre 25 milioni di spagnoli, investimenti strutturali sul capitale umano, con percorsi di formazione continua per il personale pubblico e programmi mirati per attrarre profili tecnici.
Il risultato? Secondo il Digital Economy and Society Index (DESI) 2023, la Spagna è tra i Paesi europei con i migliori indicatori di digitalizzazione dei servizi pubblici, mentre l’Italia resta sotto la media UE, nonostante i progressi degli ultimi anni.
Capitolo PNRR, luci e ombre di un percorso ancora in salita
L’Italia, con il PNRR, ha messo nero su bianco riforme ambiziose in materia di semplificazione e rafforzamento amministrativo. Ma troppo spesso, tra la norma e la sua concreta attuazione, si apre un divario difficile da colmare, alcuni esempi positivi esistono e meritano di essere valorizzati, il Sistema ReGiS, piattaforma centralizzata per il monitoraggio del PNRR e dei fondi strutturali, rappresenta un passo avanti in termini di trasparenza e tracciabilità.
I bandi per l’assunzione di esperti nei Comuni, finalizzati a rafforzare gli enti locali nella gestione dei progetti, vanno nella direzione giusta, seppur con criticità nella fase di selezione e integrazione del personale. Esperienze virtuose di centrali di committenza digitali, come CONSIP e alcune piattaforme regionali, testimoniano che quando si investe su competenze e tecnologia, si possono ottenere risultati concreti anche nell’ambito degli appalti pubblici.
Tuttavia, il quadro complessivo resta frammentato. Molti Enti locali, soprattutto nel sud, faticano a utilizzare i fondi disponibili, sia per carenza di personale qualificato che per la complessità delle procedure.
Se la Spagna ha costruito un percorso coerente, rafforzando progressivamente strumenti, competenze e infrastrutture digitali, l’Italia paga decenni di riforme a singhiozzo, stratificazioni normative e una cultura amministrativa spesso improntata più al controllo formale che alla ricerca dell’efficienza.
Qui Italia, ultima chiamata per modernizzare la macchina
La gestione del PNRR rappresenta un banco di prova decisivo. Non si tratta solo di spendere risorse, ma di costruire le condizioni strutturali per una PA più efficace, capace di rispondere ai bisogni dei cittadini e di attrarre investimenti. Se l’Italia vuole colmare il gap con la Spagna – e con gli altri partner europei – è necessario, dare piena attuazione alle riforme sulla semplificazione, evitando il ritorno a logiche iper-formalistiche.
Investire con continuità sul capitale umano, con formazione specialistica su appalti, digitalizzazione e gestione dei fondi, rafforzare la capacità amministrativa degli enti locali, non solo con risorse, ma con assistenza tecnica strutturale e strumenti di supporto digitale, superare la frammentazione normativa e garantire interoperabilità tra le diverse piattaforme digitali pubbliche.
Italia e Spagna continueranno a sfidarsi sul campo ma la vera partita per il futuro dei due Paesi si gioca dietro le quinte, tra uffici pubblici, sportelli digitali e capitoli di bilancio.
La lezione spagnola e come l’Italia può compiere un salto di qualità
Chi saprà dotarsi di una macchina amministrativa più snella, competente e digitale avrà non solo più chances di spendere bene le risorse europee, ma anche di costruire un modello di sviluppo più solido e inclusivo.
E per l’Italia, la lezione spagnola può – e deve – essere osservata con attenzione, come in un torneo sportivo di lungo periodo, ciò che fa la differenza non è il talento estemporaneo, ma la solidità organizzativa, la disciplina e la preparazione tecnica. La Spagna ha costruito una macchina amministrativa più omogenea ed efficiente, puntando su questi elementi. L’Italia, pur disponendo di risorse e competenze, deve ancora compiere un salto di qualità per superare fragilità strutturali e garantire che le opportunità finanziarie si traducano in risultati concreti per cittadini e imprese.
La sfida è aperta, e si gioca su un terreno dove, diversamente dallo sport, il risultato incide direttamente sulla competitività e sul benessere di un intero Paese.