Bolletta più leggera? Solo con rinnovabili disaccoppiate dal gas

scritto da il 13 Agosto 2025

Post di Vito Zongoli, Managing Director di SENEC Italia

Il disaccoppiamento tra il prezzo delle rinnovabili e quello del gas rappresenta un fattore imprescindibile per ridurre i costi di approvvigionamento elettrico di famiglie e imprese italiane, soprattutto in un contesto in cui il costo del gas naturale è previsto in aumento significativo nel 2025, con stime che indicano un incremento del 37% rispetto al 2024.

Attualmente, il prezzo dell’energia elettrica sul mercato all’ingrosso è determinato dal cosiddetto meccanismo del prezzo marginale: il Gestore del Mercati Energetici (GME) riceve le offerte dei produttori di energia e le accetta in ordine crescente di prezzo, fino a soddisfare la domanda. Il prezzo dell’ultima offerta accettata diventa il prezzo di mercato. Dal momento che per soddisfare la domanda è ancora necessaria l’energia prodotta da impianti termoelettrici a gas, più costosi rispetto alle fonti rinnovabili, il prezzo dell’energia elettrica, dunque, riflette il costo del gas.

In sintesi, anche quando una parte significativa dell’energia proviene da fonti rinnovabili, il prezzo finale resta ancorato alle fluttuazioni del gas, penalizzando consumatori e imprese.

Disaccoppiare perché i prezzi riflettano i costi reali

Disaccoppiare il prezzo dell’energia elettrica prodotta da impianti rinnovabili da quella generata da impianti a gas significa dunque fare in modo che i prezzi dell’elettricità riflettano il suo costo reale, generalmente molto più basso, stabile e prevedibile rispetto a quello della produzione da fonti fossili. Questo cambiamento è fondamentale per abbassare strutturalmente il costo dell’energia, offrendo benefici tangibili a famiglie e aziende. Infatti, quando la produzione da rinnovabili è abbondante, si osserva immediatamente una riduzione del Prezzo Unico Nazionale (PUN), a dimostrazione del grande potenziale delle FER (Fonti Energetiche Rinnovabili) nel contenere i costi. Tre sono le principali strade discusse a livello europeo e nazionale finora.

Tetto ai ricavi delle tecnologie di generazione elettrica infra-marginali

La proposta prevede l’introduzione di un tetto ai ricavi degli impianti di generazione elettrica infra-marginali, come quelli da fonti rinnovabili, che solitamente hanno costi di produzione sensibilmente inferiori rispetto alle centrali a gas. Sebbene questi impianti continuerebbero a vendere l’energia al prezzo di mercato, qualora questo superasse il tetto stabilito, la differenza verrebbe restituita al sistema e destinata a misure di sostegno per famiglie e imprese.

gas

L’obiettivo è ridurre i costi in bolletta redistribuendo i profitti giudicati eccessivi. In Italia, un meccanismo simile è stato applicato tra il 2022 e il 2023 e ha riguardato solo alcuni impianti FER (quelli con potenza superiore a 20 kW). Anche la Commissione europea aveva sostenuto temporaneamente questa misura, che tuttavia è stata archiviata a causa della discesa dei prezzi dell’energia e della maggiore stabilità del mercato. Il principale vantaggio di questa soluzione è che non altera i prezzi all’ingrosso, garantendo una certa coerenza nel mercato interno europeo, ma il rischio è che, fissando un tetto troppo basso, si scoraggino nuovi investimenti nelle energie rinnovabili, ostacolando il percorso verso la decarbonizzazione.

Creazione di borse elettriche separate per le tecnologie infra-marginali e marginali

La proposta, avanzata dalla Grecia nel 2022, prevede una riforma strutturale del mercato elettrico attraverso la creazione di due mercati distinti: uno riservato alle tecnologie infra-marginali, con alti costi fissi ma bassi costi variabili, e l’altro dedicato alle tecnologie marginali, come gli impianti a gas e carbone. Nella prima sessione, la remunerazione avverrebbe tramite contratti per differenze o attraverso un mercato pubblico volontario gestito da un soggetto pubblico che opera come single buyer, il cosiddetto green power pool.

La seconda sessione seguirebbe invece il tradizionale meccanismo del prezzo marginale. Il prezzo finale dell’energia sarebbe il risultato di una media ponderata tra il prezzo medio corrisposto per i contratti alle differenze nella prima sessione, il prezzo di equilibrio della seconda sessione di scambi e il prezzo medio ponderato, per le quantità scambiate, sul green power pool. L’intento è quello di superare strutturalmente il modello basato esclusivamente sui costi marginali, orientandosi verso un sistema in cui i prezzi riflettano anche i costi fissi. Sebbene questa soluzione offra una visione di lungo periodo e miri a una maggiore stabilità dei prezzi, comporta notevoli complessità operative e il rischio di distorsioni dovute al potere di mercato di alcuni impianti a gas.

Tetto al prezzo del gas

Si tratta di una misura temporanea introdotta dalla Spagna nel giugno 2022, poi prorogata fino alla fine di gennaio 2025, per limitare il prezzo del gas utilizzato per produrre elettricità e contenere così i costi per i consumatori. Il tetto iniziale era fissato a 40 euro/MWh e, a partire dal settimo mese, è aumentato progressivamente fino a un massimo di 70 euro/MWh. Pur mantenendo il sistema del prezzo marginale per determinare il costo dell’energia elettrica, la misura ha consentito di ridurre i prezzi dell’energia proveniente da centrali a gas grazie al minore costo del combustibile, con un conseguente risparmio per i consumatori.

Il meccanismo mira a contenere le rendite infra-marginali e a garantire la copertura dei costi per i produttori a gas. L’applicazione è stata facilitata dalla scarsa interconnessione energetica tra Spagna, Portogallo e il resto d’Europa. Nonostante i benefici, il sistema comporta oneri pubblici per sovvenzionare i produttori e rischi di distorsioni nei flussi di esportazione elettrica, soprattutto se adottato solo da alcuni Paesi, oltre al pericolo di compromettere la sicurezza energetica qualora il tetto risulti troppo basso.

La necessità di una visione politica chiara

Tuttavia, la soluzione più sostenibile e strutturale è l’espansione delle rinnovabili abbinata a contratti di lungo termine come i Power Purchase Agreement (PPA). Questi accordi permettono ad aziende e famiglie di acquistare energia verde a prezzo fisso e competitivo per periodi anche di almeno 10-20 anni, stabilizzando i costi, riducendo l’esposizione alle oscillazioni dei prezzi delle fonti fossili e assicurando una maggiore prevedibilità economica. Tutto questo, potrebbe accelerare la transizione energetica (con un impatto positivo sulla riduzione delle emissioni) e generare benefici visto lo scenario di instabilità a livello internazionale che stiamo vivendo.

Questi strumenti devono, inoltre, essere affiancati dalle aste FER, in cui lo Stato fissa l’acquisto di energia da impianti rinnovabili a una base d’asta, e chi offre il prezzo più basso si aggiudica l’incentivo. Questi contratti a lungo termine garantiscono una stabilità di prezzo per i produttori e permettono loro di ottenere finanziamenti, poiché c’è certezza sui ricavi dell’energia prodotta.

Serve dunque una visione politica chiara: le rinnovabili non sono solo una leva per la decarbonizzazione, ma anche una risposta concreta al caro energia. Accelerare su questa transizione, sostenere l’autoproduzione energetica e sviluppare un mercato più equo e flessibile sono condizioni essenziali per rilanciare la competitività delle nostre imprese e migliorare il potere d’acquisto delle famiglie italiane.