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Più attenzione, più risultati: il nuovo standard della pubblicità online


Post di Elisa Lupo, Country Manager Italia, Spagna e Portogallo, Integral Ad Science (IAS) –
Nel panorama attuale della pubblicità digitale – caratterizzato da un’elevata frammentazione e da una crescente competizione per l’attenzione dei consumatori – misurare quanto efficacemente un annuncio riesce a coinvolgere gli utenti è diventato un fattore strategico per valutare il successo di una campagna. Non si tratta più soltanto di essere visti, ma di essere ricordati e, soprattutto, di generare un’azione concreta.
Le metriche di attenzione offrono proprio questo: uno strumento potente per valutare la qualità dell’esposizione pubblicitaria e ottimizzare il ritorno sull’investimento con maggiore precisione.
Secondo uno studio recente condotto da IAS, l’83% dei principali investitori media considera prioritario adottare una strategia basata sull’attenzione. In un mondo saturo di stimoli e distrazioni, capire cosa cattura davvero l’occhio (e la mente) dell’utente può fare la differenza tra un investimento efficace e uno perso nel rumore di fondo.
Per rendere tangibile un concetto complesso come l’attenzione, è fondamentale che l’intero settore converga su un insieme di segnali chiave in grado di fornire una visione strutturata e affidabile dell’efficacia creativa.
Il primo è la visibilità: un annuncio che non viene visto non può catturare attenzione. Ma la sola viewability non basta. È necessario considerare anche per quanto tempo l’annuncio resta visibile sullo schermo (time-in-view) e come viene visualizzato (ad esempio, se appare in modalità a schermo intero). Gli studi dimostrano che gli annunci visibili tra i 3 e i 10 secondi hanno maggiori probabilità di generare risultati concreti, come vendite incrementali e ROI.
In secondo luogo, il contesto gioca un ruolo altrettanto cruciale. Fattori come la densità pubblicitaria, la brand safety, la rilevanza contestuale e l’orientamento della pagina influenzano tutti l’efficacia della comunicazione. Gli annunci serviti in ambienti contestualmente rilevanti sono quattro volte più memorabili rispetto a quelli fuori contesto e possono aumentare l’intenzione d’acquisto del 14%. Questo dimostra che non conta solo il messaggio, ma anche dove e come viene trasmesso.
Infine, l’interazione: metriche avanzate come lo scrolling, la pausa o la riproduzione di video, la regolazione del volume, lo swipe e altri segnali di engagement permettono di comprendere più a fondo il reale coinvolgimento dell’utente. Anche il formato è determinante: per esempio, le campagne display mostrano una correlazione più forte tra interazione e risultati rispetto alle campagne video. Ciò sottolinea l’importanza di selezionare il formato giusto in base agli obiettivi della campagna.

In un mondo saturo di stimoli e distrazioni, capire cosa cattura davvero l’occhio (e la mente) dell’utente può fare la differenza (designed by Freepik)
L’ascesa delle metriche di attenzione consente ai marketer di colmare il divario tra l’arte dello storytelling e la scienza dei dati. Capire come un contenuto creativo coinvolge il pubblico in tempo reale permette non solo di misurare le performance, ma anche di ottimizzare costantemente messaggi, formati e posizionamenti.
Le tecnologie emergenti come l’eye-tracking stanno portando la misurazione dell’attenzione a un livello superiore, offrendo insight dettagliati sul comportamento visivo e sulla reale capacità dell’annuncio di catturare lo sguardo dell’utente.
Perché le metriche di attenzione possano affermarsi come nuovo standard di misurazione, è essenziale che tutto l’ecosistema – dai publisher agli inserzionisti, dalle agenzie ai fornitori tecnologici – collabori per definire metriche trasparenti, interoperabili e basate su dati oggettivi. Solo attraverso questo sforzo collettivo potremo evitare che l’attenzione venga ridotta a un’ennesima “vanity metric” e affermarla invece come un vero asset strategico per la pianificazione media moderna.