In Malawi il giacimento di terre rare che irrita la Cina

scritto da il 15 Settembre 2025

Post di Mario Di Giulio, responsabile Africa Desk dello studio legale Pavia e Ansaldo e professore a contratto di Law of Developing Countries all’Università Campus Bio-Medico di Roma – 

Posto nel lembo meridionale dell’Africa orientale e senza sbocco al mare, con un quinto della superficie adagiata sul lago dal quale prende il nome, il Malawi è spesso conosciuto più per le sue bellezze paesaggistiche, costituite non solo da laghi ma anche da affascinanti altipiani, meta di molti turisti, che per la sua rilevanza economica. Esso è, infatti, tra i 46 stati che rientrano nell’elenco dell’ONU dei “paesi meno sviluppati”, o, forse, meglio dire “meno avanzati”, mutuando la definizione più rispettosa derivante dal francese “les moins avancés” (elenco aggiornato al 2021).

La recente scoperta di un giacimento di terre rare di prossimo sfruttamento economico sembra però invertire la situazione, dando nuovo slancio alla fragile economia del paese e con  un impatto sulla geopolitica delle terre rare i cui giacimenti si trovano per lo più in Cina. La Cina, infatti, possiede circa il 60% delle riserve mondiali, mentre gli Stati Uniti seguono con un 15%.

Lo sfruttamento delle terre rare presenta complessità legate alla rarefazione e polarizzazione dei minerali in materiali inerti, rendendone difficile l’estrazione, nonché per  la costante presenza di materiali radioattivi che rendono più difficile il trattamento e lo smaltimento dei materiali non utilizzati.

In questo scenario, il Malawi sembra potere assumere un ruolo non indifferente a livello globale.

Un  giacimento di terre rare (Kangankunde Project) è stato infatti scoperto a circa 90 km a nord del principale centro economico del Malawi, la città di Blantyre e rientra tra i cinque più grandi tra quelli conosciuti al mondo, come dichiarato dal ministro delle miniere malawiano Ken Zikhale Reeves Ng’oma e confermato dalla società australiana Lindian Resources Ltd., che ha la concessione per lo sfruttamento.

Il giacimento si trova a circa 500 km dal porto di Nakala, in Mozambico, che affaccia sull’Oceano Indiano, una posizione che dovrebbe facilitare il trasporto dei minerali estratti.

Ad accentuare la rilevanza del giacimento non è solo l’estensione del deposito, ma anche la qualità dei minerali in esso contenuti che presentano una bassa radioattività del  torio che normalmente è presente in tali giacimenti e la buona concentrazione dei minerali rari rispetto ai materiali inerti.

L’aspetto assume un duplice rilievo in quanto, da un lato, la bassa radioattività consente un minore impatto ambientale dei processi di scavo e prima lavorazione e, dall’altro lato, in ragione della crescente importanza che il torio sta assumendo per la produzione di energia nucleare (in alternativa all’uranio che presenta invece numerosi aspetti di pericolosità). Sul punto, benché la società australiana non abbia dichiarato l’intento di dare corso allo sfruttamento anche del torio, è chiaro che la sua presenza, anche se in bassa percentuale, ma legata a un vasto giacimento, può assumere rilievo.

terre rare

La scoperta del sito, per il quale la società concessionaria ha chiuso di recente la raccolta di capitali necessari per l’avvio dello sfruttamento, rimescola – a livello geopolitico – le carte della contesa del controllo delle terre rare in corso tra Stati Uniti e Cina, considerato il ruolo che esse hanno nella tecnologia e nella transizione energetica (non a caso le terre rare sono state definite le vitamine dell’evoluzione tecnologica), portando dei beneficii a favore del resto dell’Occidente (considerato che l’estrazione è eseguita dagli australiani).

E come in ogni guerra, non sono mancati – a dimostrarne il ruolo d’importanza – tentativi di spionaggio che hanno coinvolto, nello scorso mese di aprile 2025, anche due persone di nazionalità cinese entrate, assieme ad altre, senza autorizzazione nel luogo in cui si trova il giacimento, e che sono state arrestate dalle autorità malawiane.

Un segno ulteriore della rilevanza del sito e del Malawi in generale. Del resto, la Cina quest’anno ha annunciato investimenti in questo paese per ben 12 miliardi di dollari Usa (per avere un’idea dell’impatto economico, basti ricordare che il PIL del Malawi per il 2025 è stimato in 55 miliardi di dollari dal World Economics e che il progetto Kangankunde assorbe poco più di 100 milioni di dollari USA).

Un fiume di denaro che può cambiare la vita delle persone ma anche creare elementi d’instabilità cui i paesi africani sono particolarmente esposti. Il Malawi non ne sembra esente, posto che si trova nel terzo dei paesi in cui è più percepita la corruzione (World Corruption Index) e che  le elezioni sono ormai prossime (16 settembre).

A breve si vedrà se il paese saprà approfittare dell’occasione o divenirne vittima.