Fermare il massacro in Palestina: embargo sui diamanti di Israele

scritto da il 25 Settembre 2025

Una proposta di Emiliano Brancaccio (docente di economia politica, Università Federico II di Napoli, promotore dell’appello su “le condizioni economiche per la pace” pubblicato sul Financial Times, Le Monde ed Econopoly) e Rosario Patalano (docente di storia del pensiero economico, Università Federico II di Napoli) –

Come fermare il massacro di palestinesi attuato dal governo israeliano di Netanyahu? All’assemblea dell’ONU questa urgentissima domanda è caduta nel vuoto.

Il riconoscimento dello stato di Palestina da parte di Francia, Regno Unito, Canada e Australia è un fatto politico tutt’altro che trascurabile. Ma tutti sanno che il riconoscimento della Palestina non interrompe quello che la Commissione ONU di inchiesta sui territori occupati ha espressamente definito un genocidio.

Nonostante le migliori iniziative diplomatiche, nonostante gli appelli, le condanne morali, i gesti simbolici di protesta, lo spargimento di sangue innocente prosegue indisturbato, il senso di impotenza dell’opinione pubblica cresce, il rischio che l’irrazionalismo antisemita torni a dilagare aumenta ogni giorno. Se le violenze di Hamas miravano a scatenare una reazione tale da risvegliare le più oscure pulsioni anti-ebraiche nel mondo, si può dire che l’obiettivo è ormai prossimo. Arrestare la barbarie in corso è dunque una questione vitale: per il popolo palestinese, per l’esistenza pacifica di Israele, per ricacciare i mostri del razzismo nella pattumiera della storia.

Riportare Israele nei confini del diritto internazionale

In effetti, per costringere lo stato d’Israele a tornare entro i confini del diritto internazionale un modo concreto esiste: un pacchetto di sanzioni economiche in grado di arrecare danni progressivi ed esercitare una crescente pressione politica sul paese.

L’efficacia delle sanzioni economiche dipende enormemente dal modo in cui vengono strutturate. Di recente, la Commissione europea ha proposto la sospensione dell’accordo commerciale preferenziale con Israele. La misura si limiterebbe a cancellare i privilegi commerciali di Israele verso l’UE per ricondurlo nel normale regime di scambio con i paesi extra-europei. Opzione decisamente mite. Difficile che possa esercitare pressione effettiva sul governo di Israele.

Diamanti: oltre la metà del surplus

La proposta che qui presentiamo suggerisce un cambio di approccio. C’è motivo di ritenere che effetti politici sorprendenti possano scaturire da un sistema di sanzioni netto, progressivo e mirato verso beni specifici, a cominciare da un settore chiave per l’export israeliano: i diamanti.

La vendita di diamanti rappresenta quasi ogni anno la massima voce delle esportazioni di Israele nel mondo. Nell’ultimo decennio Israele ha esportato diamanti per un valore complessivo oscillante fra 3 e 12 miliardi di dollari, con una media di circa 8 miliardi complessivi annui. Nello stesso periodo, Israele ha fatto registrare un deficit nel commercio di beni variabile tra 10 e 25 miliardi. Ma nel complesso, grazie alle altre voci di entrata, ha segnato un surplus totale dei conti esteri tra 11 e 19 miliardi, con una media di circa 15 miliardi annui. In sostanza, nell’arco degli ultimi anni, la vendita di diamanti al resto del mondo ha rappresentato oltre la metà del surplus corrente di Israele verso l’estero.

L’effetto (rilevante) sui conti esteri di Israele

L’adesione di un numero anche limitato di nazioni a un embargo sul commercio di diamanti israeliani provocherebbe un effetto rilevante sui conti esteri del paese. Il mantenimento di un ampio margine di surplus corrente è condizione essenziale per l’indipendenza politica di Israele. La possibilità di dimezzarlo, o anche solo di ridurlo di un quarto, provocherebbe un rallentamento nell’accumulo di riserve e un preoccupante avvicinamento verso il deficit delle partite correnti.

Israele

Aggiungendo che l’embargo sui diamanti può esser considerato la prima di una serie di misure restrittive applicabili anche ad altre merci, un contraccolpo sui mercati non sarebbe affatto improbabile. Con l’export netto di beni israeliani già da tempo in rosso, potrebbero iniziare a emergere dubbi sulla tenuta dell’equilibrio esterno. E’ pur vero che lo shekel non è ufficialmente agganciato a valute estere e ha già fatto registrare oscillazioni dopo l’attacco del 7 ottobre 2023. Ma al di là di una certa soglia, il deprezzamento risulterebbe indesiderato. La banca centrale sarebbe costretta a intervenire, erodendo le sue riserve. La speculazione potrebbe quindi attivarsi.

Le conseguenze politiche dell’embargo sui diamanti 

Dal punto di vista politico, interrompere l’export di diamanti aprirebbe una contesa tra pezzi rilevanti di società israeliana. Da un lato i coloni, ferocemente ostinati nella volontà di espansione territoriale. Dall’altro lato la potente filiera della produzione di preziosi, che potrebbe iniziare a riconsiderare la linea di politica estera del governo in carica. E alla quale potrebbero aggiungersi rappresentanti di altri settori colpiti, man mano che l’embargo venisse esteso a ulteriori voci di export e lo squilibrio dei conti esteri iniziasse a mordere. A sua volta limitata dal pesante indebitamento verso l’estero, anche l’amministrazione USA potrebbe mostrarsi riluttante nel sostegno a Netanyahu. La parte illuminata della società e della politica israeliana avrebbe un’occasione per uscire dall’angolo e rientrare in partita.

Non possiamo prevedere l’esito di un tale scontro di interessi. Possiamo solo ragionevolmente immaginare che il quadro politico, israeliano e internazionale, sarebbe profondamente scosso dall’embargo. Al punto da esser sospinto verso la fine dell’eccidio e il ripristino delle regole del diritto? E’ una possibilità concreta.

Il dibattito politico e le opzioni trascurate

Il dibattito politico continua a trascurare i meccanismi economico-finanziari che determinano la frequenza e l’intensità delle guerre in corso. [1] Vale anche per il massacro in Palestina: è un fatto materiale della storia, e può esser fermato solo da contromisure materiali. Un embargo che parta dai diamanti israeliani è una opzione con rilevanti ricadute economiche, sicuramente più efficace delle pur lodevoli iniziative simboliche finora intraprese. E’ una opzione che sarebbe bene vagliare in tutte le sedi, nazionali e internazionali. Con urgenza.

Note

[1] Emiliano Brancaccio, Le condizioni economiche per la pace, Mimesis 2024.