categoria: Vicolo corto
Sfruttamento o opportunità? I giovani e il paradosso del retail


Post di Francesco Massara, Professore Associato di Marketing all’Università IULM –
Il settore retail italiano sta attraversando una fase di profonda trasformazione, trainata da innovazioni tecnologiche, cambiamenti culturali e nuove modalità di consumo. L’evoluzione dei comportamenti dei clienti, la diffusione di strumenti digitali e l’incremento della competizione tra brand rendono il retail un settore dinamico e in costante mutamento. Tuttavia, nonostante le grandi opportunità che questo contesto offre, esiste un paradosso evidente: i giovani faticano ancora a considerare il retail come un percorso professionale interessante e stimolante.
I dati raccolti dall’Osservatorio Retail Brand Communication – IULM, condotto tra il 27 agosto e l’11 settembre 2025 su un campione di 1.677 giovani italiani tra i 14 e i 27 anni, confermano questa tendenza. L’analisi mostra che la Gen Z (20–27 anni) e la Gen Alpha+ (14–19 anni) nutrono un interesse potenziale verso il settore, ma la percezione negativa del retail rappresenta un freno significativo. In particolare, il retail rimane spesso la prima esperienza lavorativa: circa un giovane su tre della Gen Z e uno su quattro della Gen Alpha+ (tra quelli in età lavorativa) hanno lavorato o lavorano in negozio. Tuttavia, più della metà dei giovani intervistati è “convertibile”, cioè potenzialmente interessata a entrare nel settore, a condizione che le condizioni di lavoro migliorino. La sfida, dunque, non è solo attrarre i giovani, ma creare le condizioni affinché questo interesse possa trasformarsi in una scelta concreta.
Le parole che i giovani associano al retail sono fortemente ambivalenti. Da un lato emergono, frequenti, termini negativi come “sfruttamento”, “stressante” e “sottopagato”, che comunicano precarietà e fatica. Dall’altro, compaiono concetti positivi come “formativo”, “stimolante” e “appagante”, che suggeriscono come il retail possa trasformarsi in una vera palestra di competenze e crescita professionale. In altre parole, il settore continua a essere percepito come impegnativo e faticoso, ma offre al contempo opportunità concrete per sviluppare competenze trasversali, senso di appartenenza e strumenti utili per il futuro professionale di qualsiasi giovane.
Un dato interessante riguarda il rapporto dei giovani con i punti vendita. Nonostante siano nativi digitali, molti continuano a privilegiare il contatto diretto con il negozio e con il personale, che rimane l’elemento più memorabile dell’esperienza di shopping. Ciò significa che l’interazione umana è ancora centrale, e può diventare anche un importante strumento di engagement per attrarre e trattenere talenti. Il retail, quindi, non è solo un luogo di vendita, ma anche uno spazio di formazione e di relazione, capace di offrire esperienze significative sia ai clienti sia ai giovani che vi lavorano.
Le aspettative dei giovani rispetto al lavoro mostrano alcune differenze di genere. Gli uomini tendono a valorizzare la crescita professionale e la retribuzione, mentre le donne attribuiscono maggiore importanza a equilibrio vita-lavoro, flessibilità, clima positivo e sicurezza. Entrambe le prospettive riflettono la richiesta di concretezza che i giovani pongono al mondo del lavoro. Comprendere queste differenze è importante per costruire strategie di recruiting efficaci e per lanciare i giusti messaggi in grado di attrarre e motivare i giovani.

Cosa cercano i nuovi talenti della GenZ? Gli uomini danno maggiore importanza a crescita professionale e retribuzione; le donne valorizzano di più equilibrio vita-lavoro, flessibilità, clima/valori, mentorship e sicurezza (dati Osservatorio Retail Brand Communication – IULM*)
Anche il ruolo dei brand è determinante. Marchi del lusso e della tecnologia, come Gucci, Dior, Prada, Chanel, Apple, Samsung e Amazon, non solo attraggono i giovani come consumatori, ma esercitano anche un forte appeal aspirazionale, che si riflette nella loro capacità di attrarre talenti. Questo collegamento tra esperienza di consumo e opportunità professionali rappresenta un vantaggio competitivo naturale per le aziende del settore, anche perché i giovani proiettano i propri desideri in termini di employer partendo dal mondo dei consumi, che è quello che conoscono meglio.
La sfida principale per il retail italiano è quindi chiara: cambiare la narrativa. Non più un lavoro “di passaggio”, ma un ecosistema in cui crescita e formazione diventano centrali. Il retail può trasformarsi in “scuola di futuro”, dove i giovani acquisiscono competenze concrete, sviluppano soft skills e costruiscono percorsi professionali significativi, e dove la didattica può trasferirsi in modalità residenziale. Oltre la metà dei giovani intervistati è pronta a dire sì al settore, a patto che le condizioni siano adeguate. Sta alle aziende, ai formatori e ai selezionatori creare queste condizioni, promuovendo un retail people-positive e comunicando in modo chiaro che lavorare in negozio non significa solo fare esperienza, ma partecipare a un vero laboratorio di competenze, relazioni e opportunità.
In conclusione, il futuro del retail passa dai giovani. Il settore deve imparare a raccontarsi in maniera nuova, valorizzando le opportunità di crescita professionale, il contatto umano e le possibilità di sviluppo personale. Solo così sarà possibile trasformare il retail da esperienza temporanea in una carriera desiderabile e stimolante, capace di attrarre e trattenere talenti, costruendo al contempo le migliiori condizioni per un mercato del lavoro motivante e sostenibile.
*Analisi di 1.677 rispondenti Italiani (età 14–27) – comprendenti Gen Alpha+ (14–19, n=338) and Gen Z (20–27, n=1,339), Online survey, Piattaforma: Qualtrics, Panel: Norstat, Raccolta dati: 27 Agosto – 11 Settembre 2025.