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Il nodo dei consumi italiani: come rilanciare lo sviluppo secondo Altroconsumo

Post di Federico Cavallo, Responsabile Relazioni esterne di Altroconsumo.
L’analisi fotografa un’Italia in difficoltà per quanto riguarda i consumi e le spese ordinarie. A pesare è anche l’incertezza per il futuro di fronte a un contesto geopolitico instabile. In questo contesto, Altroconsumo avanza delle proposte per rilanciare lo sviluppo.
Secondo i dati Istat, nel corso del 2024 circa un terzo delle famiglie italiane ha ridotto in quantità e/o qualità la spesa per il cibo acquistato (31,1%, rispetto al 31,5% nel 2023). Cresce, invece, la spesa media sostenuta dalle famiglie italiane per le spese di affitto, pari a 423 euro mensili (421 euro nel 2023).
Per Eurostat, poi, il reddito disponibile lordo reale pro capite delle famiglie in Italia nel 2024 è inferiore a quello del 2008, unico caso in Europa insieme alla Grecia. E Il futuro? Secondo la survey “Today, Tomorrow”, realizzata dall’Ufficio Studi Coop con Nomisma gli italiani guardano al 2026 con inquietudine, a causa principalmente di guerre, crisi economiche e cambiamento climatico.
Questi sono solo alcuni dei segnali che confermano le criticità crescenti e che Altroconsumo da tempo osserva, analizza ed evidenzia. Sono sempre più, infatti, le famiglie che segnalano la difficoltà di far fronte alle spese ordinarie e la necessità di rinunce che incidono sulla qualità della propria vita. Ed è qui il nodo cruciale: senza una ripresa dei redditi reali e senza politiche che rafforzino il potere d’acquisto, i consumi restano fermi. E senza consumi interni, non c’è crescita: gli altri fondamentali economici – produzione, investimenti, export – da soli non bastano, perché è la domanda delle famiglie a mettere in moto l’intero sistema economico. Con riforme strutturali che sostengano la concorrenza nell’interesse dei cittadini e garantiscano un mercato più equo e trasparente.
Abbiamo dunque chiesto al Governo e al Parlamento di inserire nella Legge di Bilancio misure concrete per sostenere i bilanci familiari e favorire un’evoluzione del mercato. Le misure fiscali e sociali possono infatti contribuire a garantire una redistribuzione equa delle risorse ed una reale protezione del potere d’acquisto dei cittadini. Faccio un esempio: lo scorso anno la rimodulazione dell’Irpef aveva portato benefici ai redditi più bassi, che quest’anno rischiano invece di essere esclusi da ogni vantaggio. Le risorse allocate possono determinare le sorti di servizi pubblici spesso sottofinanziati, soprattutto la sanità e l’istruzione. Si può, in sintesi, migliorare il sistema. Affrontando la questione centrale del potere d’acquisto reale delle famiglie, della qualità dei servizi pubblici e della fiducia dei cittadini nelle istituzioni economiche. Perché la crescita del Paese passa dai consumi e dai consumatori, singoli e famiglie: solo se si sostengono redditi reali e potere d’acquisto, si può costruire uno sviluppo solido e duraturo.
Voglio approfondire di seguito alcuni degli aspetti che abbiamo chiesto di discutere nella Legge di Bilancio. Partendo dalle bollette, la cui spesa rappresenta una variabile determinante nel bilancio delle spese familiari. In particolare, in questi ultimi anni con le tensioni geopolitiche è il gas che ha avuto gli aumenti più consistenti, trascinando con sé i prezzi dell’elettricità. In molti casi Governo e Parlamento sono dovuti correre ai ripari con misure tampone. Ma riteniamo, tuttavia, che serva una riforma strutturale dei costi presenti in bolletta ed una politica che non faccia ricadere sempre sui consumatori i costi della transizione energetica.
Abbiamo dunque chiesto alle istituzioni di effettuare modifiche alla struttura delle bollette e alle regole che interessano il mercato dell’energia, per rendere i costi per gli utenti economicamente sostenibili nel tempo. Come? Abbassando in maniera definitiva l’Iva sul gas, mantenendo la stessa aliquota dell’energia elettrica. Inoltre, chiediamo di eliminare definitivamente i costi relativi ai cosiddetti “oneri di sistema” proseguendo e rafforzando il percorso intrapreso negli anni precedenti per trasferirli dalla bolletta alla fiscalità generale.
Vorremmo inoltre migliorare le condizioni di accesso ai bonus sociali energia con un incremento del requisito reddituale che consenta di aumentare il numero dei beneficiari. Sarebbe auspicabile una rimodulazione del bonus sociale in base alla composizione del nucleo familiare. Riteniamo infatti che le attuali soglie siano inadeguate a supportare le esigenze delle famiglie in difficoltà. Inoltre, l’appiattimento a un’unica soglia per famiglie così eterogenee, come avviene ora per chi ha fino a un massimo di tre figli, rischia di compromettere l’equità orizzontale di applicazione dell’agevolazione che non differenzia adeguatamente situazioni oggettivamente molto differenti.
Siamo inoltre convinti che si debba continuare a rafforzare le misure a sostegno dei finanziamenti verso i giovani. Attraverso il Fondo Consap, nato per facilitare l’accesso al credito e all’acquisto della prima casa per quei cittadini che possono incontrare maggiori difficoltà in una richiesta di mutuo. In particolare, i giovani under 36 con reddito Isee uguale o inferiore a 40.000 euro.
Voglio infine soffermarmi su alcune misure a beneficio dei lavoratori, certo non ultime per importanza: si tratta qui di comprendere ed intervenire sulla soglia reale dei redditi, cioè su quanto effettivamente rimane in tasca alle persone a fine mese. Di fronte a salari al palo e a un lavoro, in particolare dipendente, sempre più “povero” poiché compresso tra inflazione e fiscal drag, è questa la questione principale su cui è necessario che la politica concentri tutti gli sforzi utili a creare le premesse di una nuova crescita, più robusta, equa e giusta.
Per questo, chiediamo la reintroduzione del taglio del cuneo fiscale in vigore fino al 2024, per aumentare il potere d’acquisto degli stipendi, e la revisione delle detrazioni e delle aliquote Irpef per evitare iniquità e inutili complessità nei calcoli. Proponiamo inoltre l’aumento del valore esentasse dei buoni pasto elettronici da 8 a 10 euro, perché rappresentano una componente importante delle entrate mensili delle famiglie che li utilizzano anche per acquistare beni alimentari, e l’eliminazione del cosiddetto bonus Maroni, che incentiva il proseguimento dell’attività lavorativa oltre la soglia attualmente prevista dalla pensione anticipata e non favorisce il ricambio generazionale.