Cosa c’è di positivo nella proposta di legge sulla Sharing Economy (e anche di negativo)

scritto da il 16 Marzo 2016

Pubblichiamo un post di Alessandro Notarbartolo, fondatore (2013) del social network Tabbid.com, piattaforma in crescita nel mercato dei microlavori. Alessandro vive a Milano e ha da sempre la passione per il mondo social e con il tempo ha acquisito gli skill necessari approfondendo le sue competenze in Marketing ed Economia europea presso l’Università Statale –

La discussione pubblica che tanto si auspicava sulla proposta di legge della Sharing Economy italiana è ormai partita. In rete molti sono gli articoli e i pareri di chi da un lato la promuove come estremamente positiva mentre dall’altro come un ennesimo intervento dello Stato volto a mettere le manette allo spirito d’iniziativa degli imprenditori. In questi giorni, navigando tra i vari siti e leggendo i numerosi commenti, ho maturato una mia personale idea che vorrei sintetizzare in pochi ma chiari punti sperando possano essere letti da chi questa proposta l’ha impacchettata.

Aspetti positivi. Accolgo positivamente il punto della proposta di legge in cui viene assolutamente escluso il rapporto di lavoro subordinato tra gestori delle piattaforme e utenti operatori in quanto questa situazione portava notevoli dubbi di inquadramento di contratto e di relazione con lo stesso utente. Va da sé che in questo ambito le piattaforme devono essere riconosciute come un mero mercato virtuale in cui domanda e offerta si incontrano, un luogo paragonabile ad una piazza del mercato presente in ogni paese. L’aliquota del 10% ed il tetto a diecimila euro rappresenta un fattore positivo, un vantaggio per gli utenti operatori che si vedono in questo modo agevolati nella tassazione di quelle attività che io stesso chiamerei lavoretti (ovviamente mi riferisco a quel genere di lavoro che si reperisce tramite Tabbid.com o altri siti simili).

Aspetti negativi. Delegare alle piattaforme gli adempimenti fiscali agendo così da sostituti di imposta significa gravare ulteriormente sulla gestione amministrativa delle stesse mettendo in pericolo le piccole realtà che sono ancora in fase di sviluppo. Sarebbe buona cosa e giusta lasciare in carico agli utenti gli adempimenti fiscali del caso.

Il punto cinque della proposta di legge impone poi l’attivazione di una polizza assicurativa che attualmente non è presente sul mercato italiano, particolare che definirei quanto meno non trascurabile.

L’istituzione di un Registro delle imprese di economia collaborativa mantenuto dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato rappresenta un ulteriore vincolo. Infatti l’AGCM dovrebbe approvare, si precisa nella proposta, la policy (ma credo che si faccia riferimento a Termini e Condizioni) di ciascuna delle piattaforme. E i requisiti che vengono richiesti sono così ferrei che nessuna piattaforma al giorno d’oggi potrebbe essere considerata nei termini.

Ho l’impressione, quindi, che questa proposta di legge anziché agevolare lo sviluppo della Sharing Economy ponga dei veri e propri recinti all’attività imprenditoriale dei gestori, attività che verrebbe cosi gravata da ulteriori costi e tasse oltre che da procedure burocratiche laboriose e con tempi certamente non paragonabili a quelli del web 2.0.

Altro rischio da non sottovalutare: le nuove startup, di fronte a regole così restrittive, di sicuro si costituiranno in altri Paesi, più orientati al mercato.

Twitter @notarbart