Legalità al tempo del nuovo codice degli appalti: il cantiere è ancora aperto

scritto da il 18 Maggio 2016

Dal mini dibattito su come risollevare il Meridione italiano partito da questi pixel (qui, qui e qui), è emersa una certa richiesta di maggiori e mirati investimenti pubblici che consentano di colmare i numerosi gap con il resto d’Italia e, magari, far ripartire un po’ la domanda aggregata dell’area.

Continuo a nutrire tutti i dubbi “hayekiani” del caso sull’efficacia di tali ricette, ma considerato che il pensiero di maggioranza propende per un aumento della spesa per investimenti pubblici, cerchiamo di capire quantomeno se le misure in vigore per prevenire il dissipamento delle risorse tra mafia e corruzione siano appropriate. Il deficit di legalità resta infatti la vera controindicazione di una maggiore spesa pubblica nel Mezzogiorno, terra in cui la “mano” dello Stato rappresenta spesso l’unica fonte di speranza per un’economia depressa, finendo però per creare assuefazione e dipendenza (sic!).

A tal uopo l’approvazione del nuovo codice degli appalti e dei contratti pubblici, D.Lgs. n. 50/2016, è l’occasione per verificare se le recenti modifiche possano, almeno in via teorica, comportare un miglioramento nel prevenire infiltrazioni criminose nei pubblici appalti.

La situazione critica degli appalti pubblici in Italia  

Ci aiuta in tal senso una recente ricerca dell’Università di Torino, parte del progetto “Warning on Crime” (WOC), compiuta dalle ricercatrici Valeria Ferraris, Caterina Mazza e Laura Scomparin, e  intitolataPreventing and combatting crime in public procurement”. L’analisi comparata riguarda 25 dei 28 Stati membri dell’Unione Europea e concerne la vulnerabilità degli appalti pubblici a infiltrazioni criminali e fenomeni di corruzione.

I livelli di vulnerabilità indicati della ricerca sono tre (basso, medio e alto) e i settori analizzati sono sette (costruzioni, sanità, trasporti, energia, IT e telecomunicazioni, smaltimento di rifiuti ed estrazioni minerarie).

L’Italia, purtroppo, si trova nel gruppo ad alta vulnerabilità, insieme ad Austria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Ungheria e Portogallo e, all’ interno di questo gruppo, ha la massima vulnerabilità relativa insieme alla Francia (9) in una scala che va da 0 a 10 (Annex 2).

Preoccupa la situazione del nostro Paese per quanto riguarda il settore delle costruzioni (10), sanità (9, secondi solo alla Polonia) e trasporti (9). Leggermente meglio sui rifiuti (8) e sull’energia (7). Vulnerabilità praticamente nulla nel settore delle estrazioni.

Nel capitolo ad hoc dedicato all’Italia vengono individuate le criticità per ogni fase del ciclo di vita di un appalto pubblico: la fase precedente alle gare ( “pre-tender stage”), la fase delle gare (“tender stage”) e la fase successiva all’aggiudicazione (“post-award phase”).

Proviamo a verificare brevemente, fase per fase, se il nuovo codice degli appalti potrebbe fornire delle soluzioni o comunque apportare miglioramenti al sistema rispetto alle criticità evidenziate nella ricerca.

Pre-tender stage

Nella fase che precede le gare i rischi principali individuati riguardano:

a) la diffusione preventiva di informazioni riservate;

b) la previsione di criteri di partecipazione troppo selettivi;

c) la possibilità di favorire offerte economiche eccessivamente basse, che provocano in fase di esecuzione un aumento dei costi;

d) la scarsa chiarezza dei capitolati di gara.

Il problema sub a), obiettivamente, è difficile da prevenire. Bisogna sperare che la vigilanza ANAC e quella della magistratura possa condurre a risultati sempre migliori. In merito alla trasparenza tuttavia, il nuovo impianto prevede una più stretta disciplina per la nomina ed il controllo del Responsabile Unico del Procedimento (RUP) e, soprattutto, l’adozione e la pubblicazione – da parte di ogni amministrazione – del piano biennale degli acquisti entro il mese di ottobre di ogni anno, piano obbligatorio per gli acquisti di importo pari o superiore ai 40.000 euro (novità inserita nella Legge di Stabilità 2016). Iniziativa interessante, ma concretamente rispettabile? Difficile da credere. Positivo invece l’allargamento delle procedure soggette a gara pubblica obbligatoria.

Sul punto sub c) troviamo le novità più significative del nuovo codice. L’Offerta Economicamente più Vantaggiosa (Prezzo/Qualità) diventa il criterio di aggiudicazione principale, esclusivo in molti casi settoriali (ad esempio per i casi di progettazione e per i servizi ad alta intensità di manodopera), sempre  in caso di appalti di importo superiore al milione di euro. Inoltre, l’eventuale scelta del criterio del minor prezzo dovrà essere adeguatamente motivata ed è prevista una stretta sulle offerte anormalmente basse (art. 97). Nelle gare da aggiudicare in base al criterio Prezzo/Qualità inoltre, potrà accadere che gli operatori concorrano tra loro solo in base a criteri qualitativi, con un costo fisso individuato dalla stazione appaltante.

Con riferimento alle criticità della ricerca, questa impostazione potrebbe da un lato parzialmente ridurre il problema sub c) (nonostante la soglia di 1 milione di euro sia abbastanza elevata, elemento molto criticato), ma dall’altro lato accrescere i problemi sub b) e d), proprio perché le amministrazioni potrebbero costruire bandi e capitolati di gara ad hoc.

Difatti, senza una competizione sull’offerta economica, tutto dipenderà da come verranno definiti i parametri qualitativi che determineranno l’aggiudicazione. Naturalmente non esiste un sistema di aggiudicazione perfetto. Sicuramente il metodo del prezzo più basso ha causato in passato più problemi, ma anche quello del Prezzo/Qualità nasconde possibili abusi dietro ogni angolo. Ecco perché ancora una volta si dovrà sperare nel lavoro dell’ANAC e della magistratura.

Tender stage

Durante la fase di svolgimento della gara d’appalto, i rischi maggiori riguardano:

a) la manipolazione della commissione di valutazione;

b) una scelta non adeguata e/o non obiettiva dei criteri di selezione;

c) la possibilità di intese restrittive della concorrenza tra i partecipanti alla gara (cartelli).

Sul problema sub a), le novità sono contenute all’articolo 77 che prevede la formazione di una commissione aggiudicatrice composta da esperti del settore, sorteggiati da un Albo istituito presso l’ANAC. Tuttavia, potranno essere nominati componenti interni nei casi di non particolare complessità o di importi inferiori alle soglie di cui all’art. 35 (soglie principali: € 5.225.000 per lavori e concessioni, € 209.000 per forniture e servizi). Tali soglie e la genericità della locuzione “di non particolare complessità” potrebbero vanificare la portata delle innovazioni del sorteggio e dell’Albo ed hanno già suscitato critiche da più parti.

Sul punto sub b) viene affidato all’ANAC – attraverso l’emanazione de linee guida – la fissazione di principi qualitativi e quantitativi entro cui le commissioni dovranno muoversi.

Per quanto riguarda il rischio antitrust, non si ravvisano particolari novità. Resta in tal caso importante il protocollo d’intesa siglato l’ANAC e l’AGCM per prevenire intese tra concorrenti.

Post-award phase

La fase post-aggiudicazione è quella dove la criminalità si incunea meglio, essendo generalmente la meno regolamentata. Ciò provoca ritardi, aumento dei volumi e dei costi, utilizzo di materiali scadenti e l’ingresso della mafie tramite i subappalti.

Per tali problematiche, il codice prevede una stretta sulle varianti (art. 95), i costi del ciclo di vita dell’appalto (art. 96), nonché limiti specifici per i subappalti (art. 105) e per le modifiche dei contratti in corso di validità (casi di proroghe e rinnovi, art. 106). Ma l’impatto e l’efficacia di tali misure meriterebbe maggiori approfondimenti.

Un cantiere aperto

L’analisi è parziale e sommaria, per evidenti ragioni di lunghezza.

Si possono evidenziare elementi positivi e innovativi (molti dai quali non analizzati in questo post), ma anche carenze. Gli spazi per infiltrazioni criminose esistono e non sono marginali. Molto dipenderà dall’azione ex ante ed ex post dell’ANAC (e della magistratura), ma preoccupa la tenuta dell’agenzia per il crescente numero di funzioni assegnatele (anticorruzione, regolazione e vigilanza).

Tuttavia, si tratta ancora di un cantiere aperto. Pur essendo entrato in vigore, il Codice necessita di ben 50 atti attuativi (non proprio “soft law”), con la possibilità di apportare correttivi entro un anno dall’emanazione. Sono previste tre tipologie di linee guida (Decreti Ministeriali su proposte dell’ANAC, linee guida ANAC vincolanti e linee guida ANAC non vincolanti). Tutte saranno “giustiziabili” dinanzi il giudice amministrativo.

Nonostante le lodevoli intenzioni e il cartello work in progress, la macchina sembra ancora farraginosa. E quando lo è, criminali e parassiti proliferano.

Gli appalti pubblici in Italia valgono miliardi di euro e in alcune zone rappresentano – purtroppo – l’unico sussulto economico in un lago stagnante. Ed ovviamente maggiori gli importi stanziati, maggiori i rischi di illegalità.

Ecco perché, come avvisano le ricercatrici, si corre sempre il rischio che vengano allocati «(…) fondi per rispondere a bisogni non esistenti appositamente ‘fabbricati’». Che i desideri di rendita non diventino “bisogni” quindi, di “cattedrali nel deserto” – direbbe Montanelli –  ne abbiamo già abbastanza.

Twitter @frabruno88