Commercio estero, ci rimettiamo di più con la Clinton o con Trump?

scritto da il 08 Novembre 2016

Cosa può cambiare per l’Italia se vince Trump? E se invece toccasse a Hillary Clinton? Sarebbe semplice dire “vabbè, son affari degli americani”. È però cosa nota che la politica estera americana, sia in materia di difesa che di commercio, ha delle ripercussioni dirette e indirette sulle posizioni europee e, per estensione, italiane. Ho pensato quindi di spulciare un po’ le agende della signora Hillary e di mister Donald (diciamo le loro promesse elettorali) in fatto di politica estera e difesa e capire, posto che mantengano le promesse, chi può fare più danno agli interessi italiani (più precisamente, al nostro export).

Consideriamo prima di tutto un po’ di stati “caldi” che sono oggetto di interesse per i candidati.

Russia. Con Putin siamo in guerra commerciale: a colpi di divieti di esportazione, moral dis-suasion alle banche e reciproche azioni della Russia, noi italiani ci troviamo tirati dentro in una cosa che è più grande di noi. Trump è particolarmente positivo verso la Russia. In soldoni è auspicabile, come egli stesso ha dichiarato, un allentamento delle tensioni. In parole povere magari potremmo dimenticarci i divieti commerciali. In soldi parliamo di 3,6 miliardi di euro di mancato export verso la Russia da quando sono cominciati i divieti commerciali.

Dall’altro lato abbiamo la Clinton. Ecco, lei continuerà sulla linea di scontro con Putin. Quindi dimentichiamoci di recuperare i 3,6 miliardi e prepariamoci, le sanzioni potrebbero peggiorare, quindi altre perdite per il nostro export sono possibili.

Risultato semplificato: Trump +3,6 miliardi, Hillary zero (anzi, sono possibili nuove sanzioni).

Iran. Trump non vede di buon occhio l’Iran. Nelle sue uscite pubbliche ha detto che saprebbe come trattare con gli ayatollah. La repubblica islamica è solo di recente riemersa, dopo 10 anni, e per noi italiani almeno gli ultimi cinque, di blocco commerciale (diciamo dissuasione commerciale). L’Italia prima che le cose si complicassero (da parte degli americani, coinvolgendo per estensione l’occidente) con la repubblica islamica vantava un export intorno ai 2,3 miliardi (correva l’anno 2005), crollati a 1,2 miliardi nel 2015. Una perdita del 45% (dati Istat Sace).

Ora Hillary è positiva nei confronti dello sviluppo delle relazioni con l’Iran e quindi sostiene la distensione che è in atto (per quanto alcuni dei finanziatori della Clinton foundation siano Qatar e Arabia Saudita, tutt’altro che grandi amici dell’Iran). È quindi plausibile che si possa tornare ai livelli pre crisi.

Risultato semplificato: Trump -1,2 miliardi (potremmo perderci anche quello che abbiamo tenuto in questo decennio), Clinton +1,1 miliardi (recuperiamo quanto perso).

Cina. La Clinton dovrebbe seguire la linea Obama: “circondare” il dragone. Nel senso: una soluzione (già tratteggiata con la politica di inclusione dei paesi asiatici nel TTP) di accerchiamento militare ed economico. Trump è ancora più aggressivo, descrivendo più volte la Cina come uno stato che ha rubato centinaia di milioni di dollari di valore in patenti e progetti industriali. Malgrado le uscite dei due candidati, è plausibile che nessuno dei due possa avere la forza di “chiudere” davvero la Cina. In tal senso quindi i rischi per un crollo del commercio Italia-Cina sono scarsi.

Accordi commerciali: TTP, TTIP, CETA
La posizione della Clinton è protezionistica. Per quando abbia fatto parte della squadra di governo di Obama (che invece ha spinto per i vari accordi), ora le sue affermazioni sono piuttosto nette, in difesa dei posti di lavoro americani. Alcuni esperti tuttavia ritengono che Hillary potrebbe tornare sui suoi passi, quanto meno per modificare gli accordi di cui l’America possa essere firmataria.

Trump è schierato contro ogni accordo commerciale. Anzi la sua politica sulle aziende che “vanno all’estero” è di riportarle a casa (con le buone o le cattive). La sua posizione fa supporre un approccio isolazionista in fatto di trattati commerciali (e anche difensivi come la Nato). La qual cosa potrebbe essere di beneficio per il commercio italiano, che non rischierebbe, come emerso da precedenti documenti TTIP trapelati, un dumping commerciale di produzione alimentare americana sui nostri mercati. In questo caso prevedere ripercussioni economiche chiare a seconda di chi, tra i due candidati, sarà eletto, appare complesso.

La politica estera di entrambi i candidati interessa poi altre aree: dalla Corea del Nord (con cui l’Italia non ha rapporti commerciali tali da preoccuparci), ai conflitti in Medio Oriente al Nord Africa. Scenari che spesso hanno visto l’Italia perdere posizioni.

Tra poche ore scopriremo chi guiderà l’agenda estera americana e per conseguenza la politica commerciale italiana (indirettamente, si intende).

Twitter @EnricoVerga