I fondi europei e il miracoloso moltiplicatore della spesa pubblica

scritto da il 01 Febbraio 2017

Stiamo vivendo una fase storica in cui la popolarità delle misure di austerità è ridotta ai minimi termini, non solo in Italia. Il dibattito tuttavia resta aperto e lo sarà a lungo, con posizioni diametralmente opposte tra le varie fazioni e lotte a colpi di letteratura economica o di luoghi comuni.

Ma se c’è grande interesse mediatico con riferimento al quantum delle risorse finanziarie a disposizione dello Stato e – a cascata – delle varie amministrazioni pubbliche, di contro l’utilizzo delle risorse stesse e i risultati conseguenti sembrano interessare molto meno, come se si fosse interpretato troppo letteralmente lo “scavar buche” di keynesiana memoria.

Sussiste un’enorme differenza tra lo spendere bene e il dissipare, così come tra lo spendere in maniera trasparente e finire nei meandri dell’illegalità.

Un esempio tangibile di come non sempre il problema sia legato alla disponibilità delle risorse, è quello dei cosiddetti fondi europei – categoria generale che racchiude varie sigle aventi finalità diverse – erogati dall’Unione Europea, che rappresentano una testimonianza dei limiti dell’efficacia, ai fini della crescita, della spesa pubblica quando è inserita in un contesto istituzionale debole e privo dei giusti incentivi economici.

Nella sua ultima relazione annuale sui rapporti finanziari con l’UE e sull’utilizzo dei fondi comunitari, la Corte dei Conti fornisce alcuni dati molto interessati, già sintetizzati nei punti essenziali in un recente pezzo del Sole 24 Ore. Scrive la Corte, sulla base dei rapporti OLAF, che nel 2015 sono state rilevate delle irregolarità nella spesa dei fondi per un importo complessivo pari a poco più di 199 milioni di euro per quanto concerne le regioni (87,7% al Sud, 10,1% al Nord, 2,1% al Centro) e di circa 157 milioni di euro per le amministrazioni statali, per un totale complessivo di poco superiore ai 356 milioni di euro.

fondieuropeuro

Le voci di irregolarità sono ripartite sia per tipologia di fondo sia per amministrazione. Per il Fondo di Sviluppo Regionale (FESR) ad esempio, le maggiori irregolarità riguardano la Sicilia (quasi 97 milioni di euro), con casistiche che variano da irregolarità procedurali a casi (molto più gravi) di truffe in appalti pubblici.  Fra le amministrazioni statali invece, le segnalazioni più significative riguardano il MIUR (121,8 milioni di euro), tra le quali spiccano «Diverse segnalazioni (che) si riferiscono a procedimenti penali in corso nei quali sono coinvolti alcuni pubblici ufficiali del ministero per aver, nello svolgimento delle loro funzioni e in violazione della normativa nazionale e comunitaria, attribuito un ingente vantaggio patrimoniale a beneficiari che erano privi dei requisiti».

Passando al Fondo Sociale Europeo (FSE), è sempre la Sicilia che preoccupa maggiormente (71,3 milioni di euro di spesa irregolare), comprensivi di «5 segnalazioni (che) si riferiscono a Progetti della Programmazione 2000-2006, per un importo di 67,8 milioni di euro, aventi uno stesso soggetto beneficiario, nei confronti del quale sono pendenti procedimenti penali». Muovendoci ai fondi per l’agricoltura, troviamo in Emilia-Romagna  «(…) irregolarità segnalate, per 6,5 milioni di euro, relative a sovvenzioni per terreni i cui proprietari erano deceduti prima della stipula dei contratti d’affitto e la cui documentazione era pertanto riconducibile a dichiarazioni false» e in Calabria  «(…) segnalazioni di irregolarità, per 4 milioni di euro, prevalentemente dovute a false dichiarazioni o documentazione e per le quali sono in corso procedimenti penali».

Nel 2016 invece (fino ad agosto), la spesa irregolare ammonta a poco più di 167 milioni di euro (56,4% riguardanti le regioni), anche in questo caso prevalentemente allocata al Sud (79,4%). Da segnalare un forte incremento rispetto all’annualità precedente per i fondi all’agricoltura (+ 47%), con particolare preoccupazione per la Calabria (16,6 milioni di euro). Sempre in Calabria, fondi FESR, «1,5 milioni di euro, per irregolarità derivanti da distrazione dei Fondi comunitari destinati a finanziare, attraverso un Fondo di rotazione (strumenti di ingegneria finanziaria) le attività imprenditoriali ed invece utilizzato per effettuare operazioni speculative in derivati». E ancora il MIUR (che meriterebbe qualche approfondimento), «con irregolarità per 43,3 milioni di euro (…)».

Per sintetizzare, la situazione è tutt’altro che rosea e non bisogna farsi ingannare dalla apparente minore incidenza delle frodi rispetto alle irregolarità, anche perché – come evidenzia la Corte – ci sono dei casi (ad esempio uno dell’Emilia-Romagna summenzionato) che vengono stranamente classificati come irregolarità. Sono risultati ancor più inaccettabili in questo periodo storico, perché «Con riguardo alle spese si richiama l’attenzione, in via generale, sulla circostanza che più dell’85% del bilancio della UE è investito negli Stati membri e che, in questa difficile congiuntura economica, è di importanza vitale che tutti i Fondi disponibili siano ben spesi».

Ma non bisogna fermarsi all’elenco dei casi di irregolarità o frodi, sono i risultati degli stanziamenti che confermano una spesa di cattiva qualità (salvo eccezioni, come sempre). Ad esempio, leggendo il recente rapporto sui quasi 10 milioni di posti di lavoro creati in Europa grazie all’aiuto del Fondo Sociale Europeo (periodo di programmazione 2007-2013), scopriamo  che la quota italiana del totale corrisponderebbe ad appena poco più di 367 mila, numero probabilmente più basso rispetto alla realtà perché non abbiamo fornito dati attendibili, nonostante i solleciti (insieme a Cipro, Grecia, Croazia e Slovacchia).

E come non menzionare la mancata convergenza delle aree sottosviluppate, completamente fallita fino ad oggi. Tra i vari motivi che hanno impedito l’agognata convergenza, rientra sicuramente la nota frammentazione delle risorse in miriadi di progetti piuttosto che nel perseguimento di pochi obiettivi raggiungibili ed aventi lo scopo di ridurre, ad esempio, il gap infrastrutturale tra le varie aree del Paese. Come riportato in un libro di qualche anno fa da Rizzo e Stella [1], nell’esilarante capitolo “E Bruxelles finanzia don Ciccio”, «(…) con la vecchia programmazione 2000-2006 sono state finanziate ben 280.000 attività con un importo medio di meno di 100.000 euro, il che significa fare assistenza e non puntare allo sviluppo». E nel periodo di programmazione successivo «(…) il numero dei progetti monitorati in sette anni da Open Coesione (…) sono addirittura raddoppiati (…)».

Adesso è in corso la nuova programmazione 2014-2020, ci sono i Patti per il Sud, ma l’andazzo non sembra essere mutato (a breve avremo qualche elemento in più per giudicare, stay tuned…).

Ma lo sperpero di risorse e le illusioni di crescita non riguardano solo i fondi europei. Come ricorda Roberto Perotti [2] «Non potendo fare interventi radicali, ci si rifugia in una miriade di microprovvedimenti, illudendosi (o fingendo di illudersi) che miracolosamente possano provocare enormi effetti positivi. (…) Tutti ipotizzano che con pochi soldi pubblici si scateni un effetto gigantesco sul Pil, in alcuni casi pari a venti o trenta volte i fondi pubblici stanziati (…). Ma veramente qualcuno pensa che nella realtà esiste un moltiplicatore della spesa pubblica di 30? Come è possibile essere così drammaticamente sprovveduti?».

In realtà lo pensano in tanti, a volte però a causa della malafede piuttosto che della sprovvedutezza.

Twitter @frabruno88

[1] Stella G.A., Rizzo S., “Se muore il Sud”, cap. 11,  Feltrinelli 2013.

[2] Perotti R. “Status Quo. Perché in Italia è così difficile cambiare le cose”, cap. 7.18, Feltrinelli 2016.