L’incredibile ritorno sull’investimento dell’industria del terrorismo

scritto da il 20 Settembre 2017

Il terrorismo crea prodotti, servizi, ha impiegati, servizi di comunicazione etc. Per quanto cinico possa sembrare, anche il terrorismo ha dei ritorni sull’investimento. Esiste una correlazione tra il ROI (ritorno sull’investimento o indice di redditività del capitale investito) del terrorismo e quello dell’industria della sicurezza/difesa.

Evoluzione del terrorismo
Si possono definire varie fasi di evoluzione del terrorismo. Il terrorismo ha come scopo provocare delle emozioni negative. Il contenuto che utilizza sono morti, feriti, distruzioni di beni pubblici o/e privati etc.. Il valore della morte è una variabile che può influenzare le scelte dei terroristi. Se il valore di una persona lo si analizza sullo sfondo delle scelte dei media occidentali (di parlarne) appare che, a parità di fattori, cioè che vi siano attacchi multipli, il valore del morto cambia. I morti di cittadini occidentali, prima pagina; i morti russi, indiani, cinesi, seconda pagina; morti africani o di paesi a maggioranza musulmana un tanto al chilo. Perché se 20 feriti a Londra fanno la prima pagina su ogni testata occidentale, 20 morti a Kabul o  in Iraq contano solo con delle foto ben fatte (con sangue).

Evoluzioni del terrorismo
Terrorismo 1.0
Potremmo definirlo quello “classico”. Esiste da secoli, con varie definizioni: ribelli, guerrieri della libertà, zeloti, mujahidin etc..

Terrorismo 2.0
Da Al Qaeda in poi i terroristi scoprono che fare spettacolo e sfruttare i media (vittime inconsapevolmente strumentalizzate dai terroristi) per diffondere i contenuti (leggasi morti e feriti) è molto efficace. Come dimostrano i dati del CSIS (Centre for Strategic & International Studies) nella analisi di Antony Cordesman, gli eventi terroristici hanno interessato meno le nazioni occidentali e molto di più quelle medio orientali. In particolare dai grafici si evince che il numero di attacchi è in calo sensibile da un picco del 2013 a oggi.

Terrorismo 3.0
Isis offre una visione nuova: franchising del terrorismo, cani sciolti, marketing spinto, bersagli morbidi. I contenuti media diventano più efficaci e vengono veicolati da reti proprietarie (Isis ha la sua agenzia stampa).

Terrorismo 4.0
Quello che verrà. A quanto detto si può aggiungere l’evoluzione tecnologica. Il primo segnale potrebbero essere l’adozione di strumenti tecnologici avanzati come mezzi di terrore. I droni civili (quelli che si comprano al centro commerciale), per esempio, possono avere un carico valido che varia e può raggiungere alcuni kg. Se il carico è un esplosivo da detonare a distanza, si parlerà di droni kamikaze. Un costo di investimento modesto e un risultato efficace.

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ROI del terrorismo
I Roi del terrorismo si possono dividere in tre.

A) Il primo è il terrore, la paura, l’ansia che si diffonde tra i cittadini. Difficilmente quantificabile in forma economica.

B) Il secondo Roi, più facilmente misurabile, è derivato dal primo. È composto da quell’insieme di sforzi che i politici degli stati colpiti sono spinti a compiere per difendere la società civile. Questi sforzi sono quantificabili nella misura delle spese che l’industria della sicurezza e l’industria della difesa producono nel bilancio pubblico e/o di enti privati (tradotto la vendita di servizi o prodotti al settore pubblico e privato). In questo caso il danno per la cittadinanza (e ROI per il terrorista) è la potenziale privazione di altri servizi (assistenza sanitaria, pensionistica etc..) le cui spese vengono ridotte a favore di servizi di sicurezza e difesa. Come ben ricorda un documento pubblicato dall’allora (epoca Bush Junior) Project for a New American Century, le opportunità che le spese del Pentagono (pre 11 settembre) potessero raggiungere o superare i 400 miliardi erano scarse in assenza di un evento cataclismico come l’attacco di Pearl Harbour (2a guerra mondiale).

C) Il terzo Roi, pur figlio del primo, è la reazione della società civile che tende, per quanto possibile, a diminuire la potenziale esposizione al rischio evitando luoghi di attacchi. In questo caso il tema principale è quello turistico.

Conti della serva
Al Qaeda 11 settembre. Già nel 2011 il NYT tracciava un bilancio. Con circa 500.000 dollari spesi da Al Qaeda la resa (con un focus sul ROI di tipo B) è stata (dati 2011) di 3.300.000.000.000 (sarebbero 3300 miliardi).

Il conteggio è analizzabile in sottovoci:

Danni fisici a persone e cose: 55 miliardi di dollari

Danni economici: 123 miliardi di dollari

Costi per la sicurezza: 589 miliardi di dollari

Costi per la difesa: 1649 miliardi di dollari

Costi per future guerre e cura veterani: 867 miliardi di dollari

Le ultime tre voci possono essere integrate con la stima redatta dalla Brown University nel settembre 2016 (quindi direi una stima a cui aggiungere ancora un po’ di spese) che porta queste ultime a un totale approssimativo di quasi 5.000 miliardi di dollari.

Industria della sicurezza: 200 miliardi di euro (solo in Europa)
Sui ROI B e C insiste anche l’industria della sicurezza. Consideriamo solo l’Europa. In un lodevole lavoro di ricerca il gruppo the Correspondent traccia alcuni nomi di aziende e relative entrate. Nel primo gruppo rientrano i grandi giocatori: Airbus, Saab, Thales, Bae Systems e l’italiana Leonardo. Da fornitori della difesa, con qualche modifica, possono divenire anche fornitori per l’industria della sicurezza civile. In seconda linea si posizionano Nokia, Siemens e TNO, gruppi che hanno una grande conoscenza tecnologica (sicurezza digitale etc..) I terzi sono piccole e medie imprese.

In uno studio di Ecorys e Unione europea si stima che nel 2015 le spese per la sicurezza solo in Europa ammontassero a circa 200 miliardi di euro.

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Danni al turismo: 12 miliardi usd (solo in Egitto)
Gli attacchi a siti turistici come Egitto e Nord Africa hanno avuto un ritorno sull’investimento duplice. Il primo è stato la desertificazione turistica dei siti, il secondo spargere il terrore tra locali e occidentali. Per alcune nazioni musulmane il turismo rappresenta una buona fetta del Pil.

Nord Africa
Dopo l’attacco a Sousse, in Tunisia, nel 2015 il Foreign Office ha dichiarato la nazione non adatta al turismo. Le assicurazioni si sono rifiutate di coprire i viaggi delle agenzie e il turismo inglese da 420mila unità del 2014 è crollato a zero.

Egitto
Nel 2010 le entrate grazie al turismo erano stimate oltre i 12 miliardi di dollari, circa l’11% del Pil nazionale con circa 15 milioni di visitatori. Nel 2015 i numeri erano dimezzati, a circa 6,1 miliardi. Nel primo quarto del 2016 l’Egitto ha attratto solo 1 milione di turisti.

Costi attacchi: 10mila dollari in media
Per quanto il ROI B è stato positivo (si stima che l’attacco sia costato al massimo 10mila dollari) i parigini hanno reagito non abbandonando la città o i luoghi colpiti. Il recente attacco a Londra, per quanto di minor intensità, sembra confermare un trend di “adattamento” tale per cui il livello di stress della società civile arriva ad allinearsi per compensare il potenziale pericolo. Una pratica già riscontrabile nella cittadinanza israeliana vittima di decenni di attacchi. Se sommiamo (per difetto) ogni singolo attacco terroristico di Isis (più o meno intorno ai 10mila dollari di costo l’uno) e aggiungiamo quelli di Al Qaeda (dal più costoso del 9/11 fino a quelli più modesti in Europa) è possibile che le cifre totali possano aggirarsi sotto i 5 milioni di dollari. I costi, tutt’ora in crescita, per difesa e sicurezza è plausibile che superino (dal 2001 a oggi) i 5000 miliardi di dollari.

ROI dell’industria del terrorismo: 5.000.000 dollari (investiti dai terroristi, cifra approssimata per eccesso) versus 5.000.000.000.000 dollari (spesi dalle nazioni).

Twitter @EnricoVerga