Cosa combina Ryanair e cosa la aspetta

scritto da il 19 Novembre 2017

Negli annali degli studiosi di marketing brillano alcuni casi di brand o di loghi così efficaci da entrare a far parte del gergo comune per indicare genericamente una certa tipologia di prodotto, indipendentemente dalla marca di quest’ultimo. Un esempio lampante è lo Scottex, il cui marchio ha preso il posto nel linguaggio collettivo del termine originale “carta da cucina”.  Lo stesso destino cui era andato incontro lo Scotch, ovvero il nastro adesivo inventato dall’americano Richard Drew nel 1930.

La signora dei low cost

Ryanair, la compagnia aerea fondata nel 1985 da Tony Ryan e amministrata da Michael O’Leary dal 1994, può vantarsi di aver inventato il trasporto aereo low cost in Europa e di aver indissolubilmente legato il suo nome a tale servizio. Tuttavia, negli ultimi mesi la compagnia è stata oggetto di una forte attenzione mediatica e di forti polemiche, dovute ad alcune operazioni poco chiare. Su tutte domina la cancellazione di migliaia di voli nei prossimi mesi: le prime stime parlano di oltre 2.000 voli, per un totale di quasi 400.000 passeggeri coinvolti. Probabilmente però i numeri sono destinati ad aumentare ancora.

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La causa principale di questo evento è da ritrovare nella decisione della Irish Aviation Authority, che ha imposto alla compagnia di adeguare il suo anno lavorativo al calendario gregoriano, costringendo Ryanair ad una rocambolesca riorganizzazione delle ferie dei lavoratori. Tuttavia c’è chi parla anche di una crisi che mina più a fondo la competitività della compagnia irlandese. Per capire se c’è del vero, occorre partire però da ciò che ha reso Ryanair la signora del low cost in Europa.

Minimizzare i costi, massimizzare i profitti

La forza di una azienda si può misurare guardando alla sua redditività. In generale, la redditività di un’azienda si misura attraverso il suo margine di profitto, ovvero la percentuale dei ricavi che diventa utile netto. Nel caso di Ryanair, come si può notare dal grafico sottostante, per ogni 100 dollari di ricavi effettuati oggi, più di 25 dollari diventano utile netto: un livello di reddittività nettamente maggiore a quello dei propri concorrenti e che è andato ad aumentare negli anni.

figura-1 Figura 1Evoluzione profittabilità, elaborazione Tortuga su dati Orbis

Le variabili su cui un’azienda può agire per ottenere questi risultati sono principalmente due: i propri prezzi ed i propri costi. Per quanto riguarda i primi, Ryanair punta ad un elevato volume di passeggeri più che ad un elevato margine su ogni biglietto venduto. Nel 2014 la compagnia low cost offriva la tariffa media più bassa d’Europa (46€): Norwegian e Easyjet, principali competitor, offrivano tariffe rispettivamente più alte dell’80% e dell’83%. In un contesto di espansione di domanda del mercato aereo, però, la strategia dei prezzi bassi può creare qualche problema: per mantenere bassi i prezzi e avere un’alta redditività, Ryanair deve riuscire a tenere bassi anche i costi.

Fino ad ora ci è riuscita: 29€ per passeggero nel 2014, escludendo il carburante. I costi più bassi d’Europa. Ryanair infatti è stata in grado di effettuare una costante e crescente compressione del proprio costo del lavoro. Arrivando, oggi, a farlo pesare meno del 9,5% dei propri ricavi totali. Il seguente grafico mostra proprio come Ryanair dal 2009 ad oggi abbia ridotto il costo del lavoro in modo molto più significativo rispetto ai propri principali concorrenti. Quest’ultimo è calcolato come rapporto tra il costo totale del lavoro di un determinato anno ed il numero di dipendenti in quello stesso anno.

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Figura 2Evoluzione del costo del lavoro, elaborazione Tortuga su dati Orbis

Una così bassa incidenza del costo del personale deriva da alcune strategie adottate dalla compagnia irlandese che offrono condizioni di lavoro sfavorevoli ai propri dipendenti. Innanzitutto, Ryanair affida la selezione e l’assunzione dei propri dipendenti a due aziende esterne indipendenti, Crewlink e Workforce International. Inoltre, offre contratti che non prevedono uno stipendio fisso, ma i dipendenti vengono pagati in base alle block-hours, ovvero alle ore effettive di volo che effettuano.

Gli stipendi sono dunque soggetti a forti oscillazioni, poiché la domanda di lavoro di Ryanair non è costante, e anche a notevoli variazioni tra i dipendenti basati in Paesi differenti poiché la retribuzione oraria dipende dall’aeroporto di collocamento. In aggiunta, i neoassunti assistenti di volo incorrono in ingenti spese di avviamento della propria carriera professionale dovute alla spesa in corsi di formazione obbligatori e all’acquisto di una divisa, costi che incidono particolarmente su uno stipendio iniziale già basso di per sé. Anche i piloti risultano essere insoddisfatti poiché non solo ricevono stipendi più bassi rispetto a quelli offerti da altre compagnie aeree ma anche a condizioni più sfavorevoli.

Questo, insieme al problema delle ferie accumulate e non concesse, spiega l’esodo dei piloti avvenuto lo scorso settembre verso altre compagnie aeree (sia direttamente concorrenti, come Norwegian Airlines, che non, come Qatar Airlines).

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Cosa si può trarre come conclusione? Ryanair non può rimanere indifferente alle esigenze dei propri lavoratori, il loro scontento mette infatti in discussione la sua forza di contrattazione. Quest’ondata di cancellazioni ha coinvolto solo il 5% dei voli Ryanair, non provocando eccessive perdite né una crisi strutturale della sua organizzazione interna. Ciononostante, nello scorso anno 700 piloti (il 17 % del totale) hanno abbandonato la compagnia e, se lo scontento dovesse permanere, i numeri potrebbero aumentare provocando una seconda ondata di cancellazioni di dimensioni maggiori e con conseguenze più dannose. Dunque, Ryanair, per poter continuare ad avere il proprio primato dei cieli europei, deve assicurarsi di avere una solida struttura interna.

Cannibalizzare i piccoli aeroporti

Gli aeroporti sono un altro perno della strategia di Ryanair. Partiamo dai dati del caso italiano: secondo il rapporto 2016 dell’Ente per l’aviazione civile (Enac) sui 42 aeroporti commerciali italiani, 20 vedono Ryanair come prima compagnia per traffico di passeggeri. Una situazione riconoscibile a vista d’occhio dalla mappa degli aeroporti italiani per principale vettore, riprodotta da Lavoce.info.

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“Cannibalizzare” (come mezzo, non fine) i piccoli aeroporti: questa è stata la strategia di Michael O’Leary. Si pensi a Orio al Serio a Bergamo o Ciampino a Roma, divenuti famosi proprio grazie alla forte presenza del vettore low cost. Ryanair individua un piccolo aeroporto, che ha costi d’affitto minori rispetto agli enormi aeroporti internazionali, possibilmente vicino ad una grande città, e ne fa il proprio centro per viaggi continentali.

In questo modo, conquistando man mano la maggioranza degli spazi, da cliente ne diventa cliente principale (quasi monopsonico) invertendo i rapporti di forza. Così riesce ad incidere in modo ingente sulle scelte di gestione e sulla politica dei prezzi e dei servizi offerti alle compagnie di volo. Tanto da ribaltare anche il pagamento dovuto: grazie al co-marketing, ovvero gli incentivi fiscali offerti dagli enti locali in cambio di rotte e passeggeri, diverse decine di milioni pubblici sono versati (non esiste una stima precisa) da comuni e regioni ai vettori low cost per mantenerne l’attività in loco.

Tale strategia ha potuto prendere piede dopo che la liberalizzazione del trasporto aereo, in Europa dal 1997, non è stata seguita da quella delle infrastrutture, offrendo così a Ryanair e alle altre compagnie low cost opportunità di arbitraggio.

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La strategia di business appena descritta prende principalmente di mira gli aeroporti periferici, gran parte di essi costruiti con finanziamenti pubblici. Secondo Cesare Pozzi, Professore di economia industriale alla Luiss, in un’ottica di liberalizzazione completa del settore si dovrebbe assistere ad un graduale disimpegno del pubblico dall’industria aeroportuale portando Ryanair alla ricerca di accordi con aeroporti che hanno sempre meno accesso al denaro pubblico. Tuttavia, l’UE sembra andare nella direzione opposta di quella descritta dal Prof. Cesare Pozzi. Il 17 maggio 2017 la Commissione Europea ha approvato una semplificazione delle regole sugli investimenti pubblici a favore di porti e aeroporti. Per quanto riguarda gli aeroporti gli Stati potranno con maggiore facilità investire in aeroporti con fino a 3 milioni di passeggeri all’anno.

L’Italia è particolarmente interessata da questa strategia in quanto ha un elevato numero di aeroporti di medio-piccola dimensione. Se quest’ultimi riusciranno ad avere anche nel futuro le risorse necessarie per rimanere in piedi, Ryanair potrà continuare ad utilizzare la sua politica aeroportuale. Diversamente, dovrà optare per altre strategie, già comuni tra altre compagnie low-cost, ad esempio rivolgendosi ad aeroporti di maggiori dimensioni, limando i costi di transito volando nelle ore notturne (nelle quali la “domanda di piste” è più bassa e di conseguenza il prezzo di utilizzo è minore). Oppure potrà seguire la strategia adottata da EasyJet con Milano Malpensa, ovvero partecipare finanziariamente all’espansione dell’aeroporto avendo in cambio la concessione all’utilizzo di un terminal.

In che direzione andare?

Non c’è dubbio che il modello di business Ryanair si sia rivelato di grande successo. Tuttavia, alcune variazioni nelle condizioni del mercato potrebbero nei prossimi anni portare ad un mutato scenario. Il successo di Ryanair pone le sue basi nel periodo post 11 settembre, caratterizzato da una abbondanza di piloti e – di conseguenza – da costi di assunzione meno elevati. In un contesto di espansione della domanda per i voli continentali i piloti cercano le compagnie che più li remunerano: hanno fatto scalpore, infatti, le confessioni di alcuni piloti della compagnia irlandese circa le condizioni di lavoro e la retribuzione molto inferiore rispetto alle altre compagnie.

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A questo si aggiunge una mancata evoluzione del modello di business: molti vettori tradizionali hanno continuato a fare successo con un modello di business ibrido (per es. Iberia con Vueling), cioè affiancando una compagnia low cost ad una più adatta alle esigenze dei clienti. Per migliorare le condizioni di impiego dei propri dipendenti Ryanair potrebbe cambiare modello di business, non rivoluzionandolo del tutto, ma proponendo strategie di prezzi più prezzo più personalizzate, forte del continuo aumento dei viaggiatori europei. Così facendo potrebbe alzare i propri costi senza intaccare il margine di profitto, in modo da poter aumentare i salari dei propri dipendenti e evitare crisi come l’ultima.

Concentrarsi su politiche di questo genere potrebbe essere più redditizio di lanciare previsioni azzardate, come quella di portare il prezzo dei biglietti aerei a zero. Se Ryanair vuole tenersi stretti i propri piloti deve cominciare a trattarli meglio, a cominciare dallo stipendio.

Twitter @Tortugaecon