Che cos’è il vantaggio competitivo? Come si fa a crearlo? Dove si trova?

scritto da il 25 Ottobre 2018

L’autore di questo post è Silvano Joly, country manager di Centric Software Italia, che dal 1995 lavora in aziende high tech seguendo il mercato italiano e del Mediterraneo –

Si racconta che uno dei motivi per cui la Germania vinse i Mondiali del ’54 contro l’Ungheria fu proprio un Vantaggio Competitivo, che nella definizione accademica di Wikipedia è descritto come ciò che costituisce la base delle performance superiori registrate rispetto alla media dei concorrenti diretti nel settore di riferimento.

Ma quale fu il Vantaggio Competitivo che permise ai tedeschi di vincere la Coppa del Mondo contro ogni pronostico? La memorabile partita del 4 Luglio 1954, nelle cronache sportive descritta come Il Miracolo di Berna, si disputò appunto in Svizzera davanti a 64.000 spettatori, e venne preceduta da una forte pioggia che rese il terreno molle e scivoloso. Il Vantaggio Competitivo Germanico era proprio lì sotto, nelle scarpe con cui i tedeschi riuscirono a sentirsi ancora leggeri ed elastici mentre davanti a loro gli ungheresi, con due carri armati ai piedi, affondavano ogni minuto di più.

Il Miracolo di Berna ed il suo Vantaggio Competitivo

Il Miracolo di Berna ed il suo Vantaggio Competitivo

Gli scarpini Adidas avevano infatti una tecnologia allora unica: i tacchetti intercambiabili. Nel pantano d’erba e terra bagnata, avvenne così “il Miracolo di Berna”, i tedeschi avevano tacchetti lunghi e correvano e la partita finì a 3 a 2. L’Ungheria era più forte ma la Germania aveva un Vantaggio Competitivo che la fece prevalere.

La storica scarpa di Adidas

La storica scarpa di Adidas

L’episodio cambiò anche la prospettiva della calzatura da calcio e creò una nuova industria di cui anche l’Italia è oggi leader. Per giocare al football non bastò più una scarpa a protezione dei piedi ma si affermò il bisogno di un mezzo tecnico e tecnologico, per non scivolare in caso di pioggia, per un miglior controllo del pallone, stabilità nella corsa, tenuta e “grip” a terra dopo gli spostamenti più complessi (laterali, all’indietro, in ricaduta direbbe mio nipote Andrea, giornalista sportivo di belle speranze). La ricostruzione tedesca dopo la disfatta della II Guerra Mondiale, forse ricominciò proprio da lì, da un’inaspettata vittoria della Coppa del Mondo e grazie al Vantaggio Competitivo vero, consistente e fruibile che l’imprenditore Adi Dassler aveva inventato.

Ma non si po’ parlare di Vantaggio Competitivo senza parlare di Michael Porter.

schermata-2018-10-15-alle-11-05-10Secondo le teorie del professore di Harvard, pubblicate dapprima in Competitive Advantage e poi in On Competition, due must read assoluti, la leadership di mercato si ottiene per tre vie:

Il minor costo come Vantaggio Competitivo
la capacità dell’impresa di produrre prodotti simili o equivalenti a quelli offerti dai concorrenti ad un costo minore. I rischi connessi a tale strategia derivano dai mutamenti tecnologici che possono annullare i vantaggi precedenti; dai bassi costi di apprendimento per nuovi concorrenti; dall’incapacità di innovare poiché ci si concentra solo sul contenimento dei costi; l’aumento stesso dei costi.

La differenziazione come Vantaggio Competitivo
la capacità dell’impresa di imporre un premium price per i propri prodotti superiore ai costi sostenuti per differenziarli, cioè dotarli di caratteristiche uniche che abbiano valore per i propri clienti al di là della semplice offerta di un prezzo basso. I rischi connessi a tale strategia possono derivare dal fatto che il consumatore non riconosca il fattore differenziale o non sia disposto a pagarlo, dalla contraffazione o l’imitazione.

La focalizzazione come Vantaggio Competitivo
La capacità di focalizzare ogni sforzo ai costi oppure alla differenziazione. Nel primo caso per il perseguimento di un vantaggio di costo limitato ad uno o pochi mercati. Nel secondo caso, per identificare una clientela particolarmente sensibile alla qualità. I rischi connessi a tale strategia sono la massa critica della nicchia o l’incapacità di soddisfare le esigenze di tale nicchia.

Sino al 2002 sono stato un Executive presso la filale Italiana di PTC, un editore di software americano che ha rivoluzionato la progettazione meccanica assistita dal calcolatore, il CAD, e introdotto molte altre tecnologie come la prototipazione digitale, il collaborative engineering, la renderizzazione e molto altro ancora.

Michael Porter era membro onorario del nostro board, ho così avuto la possibilità di invitarlo ad una conferenza all’Università Bocconi e di scambiare con lui diverse opinioni, anche sul mercato Italiano e sull’Italica predisposizione – o meno – a dotarsi di strumenti e fare investimenti per creare il proprio Vantaggio Competitivo.

Sono passati 16 anni ma sono ancora considerazioni molto valide, ne elenco alcune.

La mia lezione con Michael Porter, Claudio De Mattè e Carlo Secchi, nel 2002

La mia lezione con Michael Porter, Claudio Dematté e Carlo Secchi, nel 2002

Anzitutto fermarsi a pensare, fare analisi, stilare un Activity System, come una mappa che aiuti a posizionare strategicamente l’impresa rispetto al mercato e quindi anche rispetto ai competitors. Il Made in Italy (già nel 2002) era sotto attacco, un attacco mondiale. La concorrenza in funzione di globalizzazione e internazionalizzazione è cosmica, le imprese si trovano in forte competizione le une con le altre, specie quelle che svolgono attività simili e che usano (ARGH!) l’efficacia operativa come metro di paragone, soffrono e spesso chiudono.

Porter, che si poteva ascoltare tranquillamente per ore, diceva che “Made in Italy is good” ma migliorare l’operatività, best practice, non è sufficiente.

E spiegava il perché:

– le best practice si diffondono, i competitors possono imitare sia brevetti che tecniche di gestione, tecnologie, i modi per soddisfare i clienti;

– a forza di migliorarsi si diventa simili ad altri. In un attimo ci si ritrova ad essere una commodity, che si paga un tanto al chilo. Allora che la ricetta sia essere meno italiani, parlare meno di Made in Italy? Per, invece, essere davvero differenti? Di nuovo i fondamentali della Teoria del Valore di Porter:

– varietà-unicità dell’offerta

– soddisfacimento (creazione?) di un bisogno

– modalità di accesso

E così che si diventa unici, perché la cosa difficile da copiare è il proprio Vantaggio Competitivo.

Prendiamo un caso concreto e attuale: la On Running, è un’azienda con cui la mia società collabora, che quindi conosco bene e stimo profondamente. È che ha una storia che piacerebbe a Michael Porter:

I fondatori di On Running

I fondatori di On Running

Nel 2010 una grande ambizione: cambiare il mondo della corsa. Tre amici, Olivier Bernhard, David Allemann e Caspar Coppetti, dopo il ritiro dalle gare di Olivier, campione mondiale di duathlon e pluri-vincitore Ironman, si impegnano a creare una scarpa da corsa che possa regalare una sensazione di corsa perfetta.  In questa ricerca si imbatte un ingegnere svizzero con le stesse idee che ha in mente un nuovo tipo di scarpa da corsa. Negli anni a seguire, si perfeziona l’idea raggiungendo un binomio perfetto tra esperienza nella corsa ed esperienza tecnica.

Decine di prototipi, ma l’idea “atterraggio ammortizzato e decollo stabile” resta. Oggi, 8 anni dopo, le scarpe da corsa On vengono vendute in oltre 3.500 negozi specializzati in più di 55 Paesi. I prodotti On si aggiudicano riconoscimenti internazionali in fatto di design e tecnologia.

E questa tendenza positiva sembra non conoscere fine. Perché On Running ha un vantaggio competitivo, si è differenziata, ha creato un bisogno nuovo e unico che solo lei sa indirizzare. Come Adidas nel 1954…

Ma dove si trova il Vantaggio Competitivo? Come accaparrarselo?

Per un’impresa cercarlo da sola può essere difficile, costoso, lungo e probabilmente impossibile. Meglio affidarsi agli esperti o almeno farsi aiutare. I venture capital possono essere ottimi segugi.

Ad esempio io conosco bene il Club degli Investitori, un’associazione torinese (ma non si direbbe…) composta da imprenditori che investono direttamente in quote di partecipazione di startup e di piccole imprese innovative ad elevato potenziale di crescita. Ma soprattutto un Club che le aziende dove investire se le cerca. E ci mette i soldi solo se hanno il quid, il Vantaggio Competitivo. Così un investimento del Club è molto più che denaro: significa riconoscimento e permette di avere accesso anche ad altri tavoli, oltre al coinvolgimento di un gruppo di persone la cui rete di contatti ed esperienza vale molto di più del capitale stesso. Perché se hai un Vantaggio Competitivo ti viene riconosciuto sempre più.

Ad esempio uno degli investimenti del Club è Satispay un servizio di mobile payment alternativo alle carte di credito, libero, efficiente, gratuito e sicuro. Permette di scambiare denaro, pagare nei punti vendita ed e-commerce convenzionati come se si mandasse un messaggio. Un’altra idea dove il Vantaggio Competitivo ha fatto la differenza.

schermata-2018-10-15-alle-11-15-50Satispay è infatti diverso dagli altri player, è localizzato, legato al conto in banca, permette di controllare il budget. Ed ha un modello commerciale semplice e chiaro che viene apprezzato dai negozianti. Anche quelli meno tecnologici che apprezzano semplicità e funzionalità: ad esempio il mio farmacista che – come la vetrina anni ‘30 fa pensare – certo non è un geek, ma li ha scelti, apprezzati e preferiti a più titolati sistemi di mobile payment.

E fin qui tutto bene, ma quanto Vantaggio Competitivo altrui c’è dietro il Vantaggio Competitivo stesso?

Avendo tanto detto di Porter, citerei anche Peter Drucker: che più o meno negli anni ’30 già diceva: “L’innovazione, strumento specifico dell’imprenditoria, è l’atto che favorisce il successo con una nuova capacità di creare benessere”.

E sì, l’innovazione, quindi gli investimenti, quindi la capacità di lasciare da parte i vecchi mantra, in primis “abbiamo sempre fatto così”, e imparare a confrontarsi con le altre aziende concorrenti non solo nella propria regione o solo in Italia ma nel resto del Mondo. E anche scegliendo fornitori moderni e potenti non quelli “di una vita”, gli amici degli amici che purtroppo non hanno una visione globale e vedono il mondo da un tubo di stufa. Bisogna imparare dal resto del Mondo che molto spende per migliorarsi. E molto fatica perché per innovare e costruire un Vantaggio Competitivo non basta spendere, bisogna anche faticare.
Non sono le mie opinioni o discussioni su Linkedin, ma le ricerche ISTAT analizzate da ICTBusiness a dirci che l’Italia spende troppo poco in Ricerca e innovazione, restando lontana dai target 2020 in modo abissale nella PA ma anche nelle Imprese, dove la situazione appare leggermente migliore sul fronte della ricerca cresciuta nell’ultimo decennio, ma rimane allo 0,75% del PIL, rispetto all’1,5% e al 2% di Francia e Germania.

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Anche nel Global Innovation Index di INSEAD non va meglio ma almeno possiamo guardare e imparare.

La ricetta, infatti, c’è ed è semplice: la suddetta analisi (Activity System) della situazione, identificazione dei deficit dell’attuale proposta e vantaggio (o svantaggio) competitivo, piano di sanificazione con iniziative business mirate e feroci. Guardando anche a cosa fanno i competitor, non per copiarli ma per fare meglio.

In bocca al lupo Italia!

Twitter @sjoly_ita