Il Piano Juncker, ovvero: molto rumore per (quasi) nulla

scritto da il 06 Febbraio 2016

Pubblichiamo un post da Coppola Comment. L’autrice, Frances Coppola, MBA alla Cass Business School, scrive su Forbes. Il suo blog è stato spesso citato su Alphaville del Financial Times e anche da Economist, Wall Street Journal, New York Times e Guardian

Il Feis, ovvero il Fondo europeo per gli investimenti strategici creato dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, ha diffuso in gennaio un aggiornamento sui progressi fatti finora. È un lavoro di eccellente confezione, con grafici eleganti e scomposizioni per Paese e per settore dei progetti e degli investimenti. Davvero notevole: i miei complimenti al team per la gestione dei contenuti.

Ma il problema sono proprio i contenuti. È il trionfo dell’immagine sulla sostanza. Vi riporto, dal documento sullo stato di avanzamento dei progetti nell’intera Unione, la tabella con le somme totali investite finora – in progetti e finanziamenti per piccole e medie imprese (Pmi) – e i Paesi che ne beneficiano:

Progetti approvati nel campo delle infrastrutture e dell’innovazione e Accordi di finanziamento per Pmi firmati

Progetti approvati nel campo delle infrastrutture e dell’innovazione e Accordi di finanziamento per Pmi firmati negli Stati membri

Ma per sapere quanti soldi vengono investiti in ciascun Paese, e su cosa vengono investiti, bisogna andare a rovistare nei documenti specifici dei singoli Paesi, che riporto qui in una tabella:

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È evidente che l’elenco è incompleto. Per circa la metà dei Paesi elencati manca qualunque dato. È imbarazzante.

Per fortuna la calcolatrice ci viene in aiuto. I totali mostrano che la cifra investita dal Feis è superiore a quella riportata, perciò si può ipotizzare che la parte restante probabilmente sia andata a progetti e investimenti transnazionali. C’è (presumo) poco più di un miliardo di euro destinato a progetti transnazionali e altri 1,2 miliardi (circa) destinati a finanziamenti transnazionali di Pmi attraverso intermediari finanziari non specificati. Il che va benissimo, ma non si può certo dire che le informazioni siano esaustive e trasparenti.

I progetti transnazionali possono essere individuati attraverso l’analisi settoriale. O meglio, diciamo che possiamo individuarne uno. Questa mappa indica che uno dei progetti del settore Economia Circolare è transnazionale:

Uno dei progetti favorirà progetti di diversi Stati membri, fra i quali la Francia e il Belgio. Gli altri progetti sono basati in Irlanda, Finlandia, Spagna e Italia

Uno dei progetti favorirà progetti di diversi Stati membri, fra i quali la Francia e il Belgio. Gli altri progetti sono basati in Irlanda, Finlandia, Spagna e Italia

Il progetto in questione è un fondo per le infrastrutture in Francia e in Belgio, descritto come «un fondo di investimento azionario che investe nella trasformazione di ex siti industriali in aree bonificate e abitabili». Al momento non c’è ancora nessuno stanziamento.

Ma questo è l’UNICO progetto transnazionale indicato. Rimane quindi un mistero dove vada a finire quel miliardo di euro che presumiamo sia investito in progetti transnazionali.

Volevo preparare una tabella che suddivideva i progetti per settore, ricollegandoli ai Paesi rispettivi. Ma ho rinunciato quando ho scoperto che la costruzione di uno stabilimento di biotecnologie in Finlandia era classificato sia sotto la voce Agricoltura sia sotto la voce Economia Circolare. Sicuramente ci sono altri esempi simili. Per essere giusti, va detto che nel documento sullo stato di avanzamento è specificato che alcuni progetti abbracciano più settori. Ma una persona sprovveduta  potrebbe presumere, comprensibilmente, che si tratti di due progetti diversi. Questo io lo chiamo confondere le idee.

La cosa più importante, però, è che in questi documenti non viene mai detto se i progetti in questione sono progetti nuovi oppure progetti già finanziati dai programmi esistenti della Bei, e inseriti a forza nel nuovo programma per gonfiare i numeri. La proporzione di finanziamenti destinati a progetti nel campo dell’energia e dei cambiamenti climatici fa pensare male:

Copertura settoriale (alcuni progetti coprono più settori). I settori sono: Energia, Ambiente/ efficienza delle risorse, Sanità, Ricerca/sviluppo/innovazione, Trasporti, Pmi e imprese mid-cap, Information Technology.
 Sui 42 progetti approvati finora dalla Banca europea degli investimenti (Bei), 17 riguardano il settore dell’energia

Copertura settoriale (alcuni progetti coprono più settori). I settori sono (da destra verso sinistra): Energia, Ambiente/ efficienza delle risorse, Sanità, Ricerca/sviluppo/innovazione, Trasporti, Pmi e imprese mid-cap, Information Technology.
 Sui 42 progetti approvati finora dalla Banca europea degli investimenti (Bei), 17 riguardano il settore dell’energia

I tempi di realizzazione dei grandi progetti nel campo delle energie rinnovabili e dei trasporti sono considerevoli, ma il Feis esiste solo da qualche mese. E il seguente capoverso, preso dal documento relativo al settore dell’energia, indica che al momento i progetti in campo sono pochissimi o non ci sono proprio:

«Nei primi mesi del 2016, i gruppi regionali istituiti per supervisionare l’implementazione dei Progetti di interesse comune discuteranno dei progetti dotati dei requisiti necessari che il Feis potrebbe contribuire a finanziare. Il budget dell’Unione Europea per il 2014-2020 ha già incrementato gli stanziamenti per il settore dell’energia e il Feis dovrebbe integrarli, in modo da garantire ai consumatori dell’Ue un approvvigionamento energetico sicuro, sostenibile e competitivo.

Il Feis può essere abbinato ad altre fonti di finanziamento nel bilancio dell’Ue per progetti e piattaforme specifici, in particolare i fondi (sovvenzioni e strumenti finanziari) del Cef (Meccanismo per collegare l’Europa) e i Fondi strutturali e di investimento europei. L’efficacia del Feis potrebbe essere accresciuta combinando strumenti finanziari, prestiti Bei e sovvenzioni in un ‘approccio misto’».

Ho messo in evidenza, nel capoverso qui sopra, un’affermazione che mi sembra incredibile, considerando quello che già sappiamo sulle fonti di capitale del Feis. Ecco il diagramma del documento che proponeva l’istituzione del Feis. Guardate la nota in fondo:

Un nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis). * garanzia del 50% = € 8 mld da Cef (3,3), Horizon 2020 (2,7) e margini di bilancio (2) * * Al netto dei contribuiti iniziali Ue usati come garanzia: € 307 mld

Un nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis).
* garanzia del 50% = € 8 mld da Cef (3,3), Horizon 2020 (2,7) e margini di bilancio (2)
* * Al netto dei contribuiti iniziali Ue usati come garanzia: € 307 mld

Insomma, il Feis, che già ha potuto contare su 3,3 miliardi di euro di capitali dirottati dal Cef, propone di attingere ancora a quel fondo. Non si può dire davvero che si tratti di «nuovi» investimenti.

Dubito seriamente che il Feis stia finanziando in modo significativo progetti autenticamente nuovi. A mio parere, i Governi dell’Unione hanno semplicemente approfittato di questa iniziativa per ridurre l’impatto sui loro bilanci di investimenti infrastrutturali già programmati. Per esempio, uno dei progetti finanziati è il programma Smart Meter del Regno Unito per l’installazione dei contatori intelligenti nelle case. Ma questo è un programma che il Governo di Londra aveva in cantiere da anni, e lo avrebbe portato avanti anche senza i fondi del Feis. Complimenti al Governo britannico per il suo opportunismo, ma dare soldi a Paesi ricchi per progetti infrastrutturali che avrebbero portato avanti comunque non è certo lo scopo di questa iniziativa.

In ogni caso, a prescindere che i progetti finanziati siano nuovi o meno, c’è da osservare che i fondi stanziati sono ridicoli. Gli investimenti totali per la Spagna (includendo i capitali stanziati per gli investimenti nelle Pmi) sono 597 milioni di euro, che dovrebbero tradursi in 1,6 miliardi di euro di finanziamenti a progetti e 731 euro di finanziamenti per Pmi: un totale di 2.331 miliardi di euro. Equivale a circa lo 0,2 per cento del Pil spagnolo, e la gran parte dovrebbe venire dal settore privato. Difficile che possa incidere significativamente sulle sorti del Paese iberico, soprattutto se consiste per la maggior parte in un semplice rifinanziamento di progetti esistenti.

Un altro problema è che i soldi non vanno dove ce n’è bisogno. Per esempio, quasi tutti sono consapevoli che la Germania ha un disperato bisogno di investimenti ed è molto riluttante a farli perché non vuole rinunciare ai suoi surplus, commerciali e di bilancio. Verrebbe spontaneo pensare, di conseguenza, che Berlino abbia presentato un gran numero di progetti da finanziare nel quadro di questa iniziativa. E invece no: c’è solo UN progetto presentato dalla Germania, e non riguarda lo sviluppo di infrastrutture, ma una «garanzia finanziaria per le rinnovabili», descritta come un «meccanismo di condivisione del rischio per prestiti destinati a progetti nel campo delle energie rinnovabili in Germania e in Francia».

È vero che la Germania ha ricevuto 203 milioni di euro di fondi in investimenti per le Pmi (ne ha beneficiato anche la KfW, la banca pubblica per lo sviluppo). Ma la Germania ha un’imponente eccedenza di capitali che esporta in tutta Europa: per quale motivo mai il Feis dovrebbe fornire capitali alle istituzioni finanziarie tedesche per sostenere gli investimenti nelle Pmi?

Sono francamente delusa: questo documento è fumo negli occhi. È vero che siamo ancora agli inizi, ma la combinazione di risultati ridicoli e delle fandonie e ambiguità tipiche dei documenti Ue promette molto male per il futuro. Al momento, la previsione di Wolfgang Münchau, che ha pronosticato che il fondo Juncker non rilancerà l’economia dell’Eurozona, appare destinata con ogni probabilità ad avverarsi.

Twitter @Frances_Coppola

(Traduzione di Fabio Galimberti)