Educazione finanziaria, i luoghi comuni da sfatare (con pratici esempi)

scritto da il 18 Febbraio 2016

Pubblichiamo un post di Massimo Scolari, presidente di ASCOSIM, Associazione delle Società di Consulenza Finanziaria. Scolari è stato membro del Consultative Working Group Investor Protection & Intermediaries dell’ESMA. Ricopre inoltre la carica di presidente del Cda di Compam Fund, Sicav di diritto lussemburghese. Si è laureato in Economia Politica presso l’Università Bocconi di Milano. Dopo un triennio di esperienza maturato presso il Servizio Studi della Banca d’Italia, ha collaborato con il gruppo Banca Sella. Successivamente ha ricoperto la carica di amministratore delegato di Zenit Alternative Investments Sgr e di Pragma Alternative Sgr – 

SFATARE I LUOGHI COMUNI DELL’EDUCAZIONE FINANZIARIA

di Massimo Scolari

Le conoscenze in materia finanziaria dei risparmiatori italiani sono insufficienti se confrontate con altri paesi industrializzati, nonostante l’elevato livello di risparmio e di investimenti finanziari.

I risultati dei Test Pisa del 2012, effettuati su un campione di giovani quindicenni in diversi paesi, ponevano l’Italia nelle ultime posizioni. Il recente post di Carlo Milani, che riporta ed elabora alcune evidenze tratte dall’indagine della Banca d’Italia relativa all’anno 2010, mette ulteriormente in luce il significativo gap di conoscenze in materia finanziaria nel nostro Paese.

È quindi un fatto accertato, ormai un luogo comune, e non vale la pena aggiungere altro.

Stupisce invece che si presti, a mia avviso, una minore attenzione alle motivazioni che determinano questa grave carenza di cultura finanziaria, analisi che si rende necessaria al fine di mettere a punto un’efficace strategia di azione che consenta un sostanziale miglioramento dell’alfabetizzazione finanziaria.

Nel nostro Paese da una decina d’anni molte istituzioni pubbliche (Banca d’Italia e Consob) e private, associazioni, banche e intermediari finanziari, hanno avviato programmi di educazione finanziaria. Sforzo senz’altro lodevole, ma privo del necessario coordinamento. I risultati di tale attività volontaristica sono positivi quando valutati (spesso auto-valutati) individualmente, ma del tutto insufficienti se ne si analizza l’ impatto globale.

Nella ricerca delle cause la prima reazione degli osservatori si indirizza all’insufficienza dei programmi scolastici. Ciò coglie senza dubbio una parte di verità, ma, come rivela l’analisi dei dati dei Test Pisa, il pessimo risultato degli studenti italiani rispetto al resto del mondo non pare completamente spiegabile dal grado di formazione in altre materie: “In Italia gli studenti ottengono risultati peggiori di quanto ci si potrebbe aspettare in base ai risultati in matematica e lettura” (OCSE, “I quindicenni sanno gestire i soldi?”).

Evidentemente c’è dell’altro. Non si può trascurare, a mio avviso, il ruolo, non sempre positivo, svolto dalle istituzioni finanziarie e dagli intermediari.

In Italia ogni anno vengono effettuate dalla clientela al dettaglio operazioni di investimento per circa 620 miliardi, un dato che rappresenta il 52% del totale dei depositi titoli della clientela retail. Ogni due anni, mediamente, si effettua la rotazione del portafoglio. Assumendo una realistica stima del valore medio delle operazioni, si può calcolare che ogni giorno in Italia vengono effettuate circa 80 mila transazioni.

Nel momento in cui il risparmiatore si rivolge agli intermediari per effettuare un’operazione di investimento, l’attenzione, la disponibilità a comprendere le caratteristiche degli strumenti finanziari, i rischi ed i rendimenti è certamente maggiore. È in quel momento che risulta più efficace e produttivo di risultati l’impiego di tempo e di risorse al fine di “educare” la clientela.

Ciò presuppone che il personale delle banche e degli intermediari sia adeguatamente formato e dotato delle competenze necessarie a trasferire le informazioni utili alla comprensione degli investimenti finanziari. E non sempre è così.

Inoltre, proprio per l’importanza che i consigli sugli investimenti possono assumere dal punto di vista del benessere finanziario di una famiglia, è sempre opportuno verificare l’adeguatezza dell’investimento proposto facendo ricorso all’opinione di consulenti indipendenti.

Tutto ciò non sostituisce la necessità di avviare un sistematico programma di alfabetizzazione finanziaria, a partire dai giovani nelle scuole primarie e secondarie, che includa anche gli adulti, in particolare quella parte di popolazione a minor reddito, in parte esclusa dai servizi offerti dagli intermediari. Si veda, ad esempio, l’esperienza del Money Advice Service in Gran Bretagna: in un solo anno sono stati assistiti gratuitamente 8,4 milioni di cittadini inglesi, generando più di 16 milioni di azioni finalizzate al miglioramento della situazione finanziaria della famiglia.

Twitter @massimoscolari