I Cda delle banche sono cambiati: più qualità e più donne. Ecco cosa resta da fare

scritto da il 15 Aprile 2016

Pubblichiamo un post di Cristiana Schena, professore ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari, Università degli Studi dell’Insubria, e Laura Nieri, associato di economia degli Intermediari Finanziari, Università degli Studi di Genova

LA GOVERNANCE DELLE BANCHE ITALIANE: SI DEVE FARE DI PIÙ

di Cristiana Schena e Laura Nieri

Il tema della governance delle banche è attualmente oggetto di un intenso dibattito ed è all’attenzione delle autorità di vigilanza, degli organismi internazionali e degli stessi organi di vertice delle banche. Obiettivo condiviso è quello di migliorare la composizione, la qualità e il funzionamento degli organi di alta governance bancaria.

Uno studio recentemente condotto da un nutrito gruppo di docenti universitari nell’ambito dell’Osservatorio Monetario ha voluto approfondire questo tema per fornire dati dettagliati ed originali che consentono ulteriori riflessioni fondate su evidenze oggettive.

L’analisi effettuata ha innanzitutto voluto misurare i cambiamenti intervenuti tra il 2007 ed il 2014 nella struttura dei Board delle principali banche europee quotate (3 francesi, 3 tedesche, 10 italiane, 6 spagnole e 5 inglesi), per verificare se si è verificato un allineamento rispetto agli obiettivi definiti in tema di risk governance dalle autorità di vigilanza bancarie a livello europeo all’indomani della crisi finanziaria, oltre che per individuare possibili best practices all’interno delle grandi banche internazionali.

I dati analizzati mostrano che nel periodo successivo alla crisi la composizione dei Board delle banche italiane è significativamente mutata: a fine 2014 il 73% dei componenti dei Board era infatti diversa da quelli presenti nel 2007. Il turnover del Board delle nostre banche è stato inferiore a quello registrato nelle banche francesi (79%) e britanniche (86%), ma certamente di gran lunga superiore a quello delle banche tedesche (65%) e spagnole (47%).

Il cambiamento nella struttura dei Board delle banche italiane ha rappresentato un’opportunità per cercare di aumentare il grado di diversificazione degli organi di governo e per aumentarne la qualità. È infatti cresciuta l’incidenza della componente di genere femminile (in media dal 5% al 20%, contro una media delle banche europee del 22%), la presenza di membri con competenze internazionali (dal 22% al 28%, media delle banche europee pari a 42%) e così pure la tipologia di esperienza professionale maturata dai consiglieri. Ciò nonostante, i Board delle banche quotate italiane analizzate rimangono i più numerosi e meno diversificati in termini di genere e di presenza di profili di internazionalizzazione; inoltre, i componenti sono mediamente più “anziani”, con minore esperienza in altri Board e specifiche competenze finanziarie meno diffuse.

L’indice sintetico di qualità del Board (si veda la tabella 1), costruito sulla base delle informazioni raccolte dall’analisi di oltre 500 curricula dei consiglieri delle 27 banche analizzate, mostra inoltre che tra il 2010 e il 2014 la qualità media del board delle banche italiane è leggermente aumentata, anche se rimane al di sotto di quella delle concorrenti europee.

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Un approfondimento ulteriore sulla situazione italiana è stato realizzato analizzando le caratteristiche qualitative degli esponenti aziendali di un campione di 53 banche italiane (32 Spa, 11 Popolari e 10 BCC), che rappresentano circa l’88% del sistema in termini di totale attivo a dicembre 2014. Il campione è rappresentativo delle diverse categorie dimensionali (5 banche maggiori, 9 grandi, 31 medie e 8 piccole) e comprende 16 banche quotate (11 Spa e 5 Popolari). L’analisi è stata condotta sulla base delle informazioni tratte dai curricula dei 682 componenti dei Board di tali banche.

Un primo elemento particolarmente interessante è dato dal fatto che il profilo dei consiglieri seduti nei Board delle banche italiane presenta elementi e connotati di qualità in parte inferiore ed in parte diversa rispetto al panorama dei consiglieri delle società italiane quotate (si veda la tabella 2).

La numerosità media dei Board bancari è superiore a quella delle società quotate (11,96 contro 9,8 membri in media) e l’età media è più elevata (61 anni nelle banche del campione e 57 nelle quotate). D’altra parte, si osserva una minore presenza di amministratori donne (16% contro il 22,7% a dicembre 2014 ed al 27,6% di giugno 2015) e, sorprendentemente, nell’ambito di una minore presenza di amministratori in possesso di laurea (70% nelle banche contro 84,8% nelle società quotate) una minore incidenza di laureati in economia (33,4% contro 46,8% nelle società quotate). Con specifico riferimento al genere, le donne sedute nei Board delle banche italiane sono mediamente più giovani degli uomini e con minore esperienza manageriale e di altre cariche sociali. Solo in un caso il Presidente è donna.

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Tale comparazione appare per alcuni aspetti preoccupante, poiché la normativa di settore (si legga la nota a fine articolo), ancorché in fase di ulteriore affinamento, in un futuro ormai prossimo richiederà a tutte le banche (quotate e non) caratteristiche di professionalità, esperienza e tempo a disposizione, oltre che requisiti di composizione dei Consigli di Amministrazione ben più stringenti rispetto a quelli attualmente previsti per le società quotate.

La qualità dei Board delle banche italiane è stata valutata in base ai profili di formazione, esperienza in consigli, esperienza manageriale, tempo a disposizione e presenza di competenze specifiche in ambito finanziario. L’approfondimento delle differenze a livello dimensionale e per categorie giuridiche delle banche esaminate evidenzia che il livello di qualità dei Board delle banche italiane è piuttosto variabile e non strettamente proporzionale alla dimensione della banca, né correlato alla forma giuridica o al modello societario (monistico, dualistico, tradizionale). In particolare, i Board “top performer” sono tutti appartenenti a banche Spa, di diverse dimensioni, sia quotate (6), sia non quotate (4).

Emerge, al contempo, che le banche di minore dimensione hanno consiglieri relativamente meno impegnati in altri Board, con minore esperienza e con minore livello di formazione, mentre i componenti dei Board delle banche quotate sono più formati, hanno maggiore esperienza e, in media, un numero maggiore di incarichi. In definitiva, le banche grandi e quotate sembrano possedere una maggiore forza attrattiva sulle migliori professionalità, per cui il gap di competenze e di qualificazione professionale rischia di insistere soprattutto sulle banche più piccole. E questa “forbice”, nel breve termine, potrebbe anche ampliarsi, rendendo così sempre più urgente e necessario un adeguamento ed azioni correttive.

Nel complesso, quindi, malgrado i progressi sino ad oggi compiuti, il processo di accrescimento della qualificazione dei Board bancari italiani dovrà certamente proseguire, nel rispetto dei requisiti e dei criteri di efficacia della governance, che insisteranno tanto sul singolo consigliere, quanto sul Board nel suo complesso.

E’ evidente che oltre alla composizione è altrettanto importante il funzionamento del Board e, quindi, la sua effettiva capacità di svolgere efficacemente il ruolo di supervisione strategica e di corretta gestione dei rischi, generando valore nel tempo a vantaggio della banca e dei suoi stakeholders. Una verifica empirica sufficientemente oggettiva richiede, però, strumenti di indagine complessi e, soprattutto, informazioni non facilmente disponibili perché non pubbliche e difficilmente censibili.

 

NOTA

Le disposizioni attualmente vigenti sui requisiti degli esponenti aziendali sono state emanate dalla Banca d’Italia tra il 2013 ed il 2014, ma per alcuni aspetti è stato consentito alla banche di adeguarsi gradualmente in un arco temporale che termina il 30.6.2017 (in particolare, le banche possono usufruire di questo “regime transitorio” in merito ad alcune delle previsioni quali-quantitative particolarmente qualificanti relative al Consiglio di Amministrazione: numero massimo di consiglieri; percentuale minima di consiglieri indipendenti nel board; divieto in capo al Presidente di essere membro del Comitato esecutivo; numero di componenti dei Comitati endo-consiliari).

Ad oggi, alcune banche italiane si sono già adeguate su tutti i profili, ma altre sfrutteranno il periodo transitorio andando a regime nel 2017.Nel frattempo la più recente normativa comunitaria (CRD IV recepita dal D.Lgs. n° 72/2015, artt. 1, c.13 e 2, c. 7) e le linee guida internazionali, hanno fornito ulteriori indicazioni.

Pertanto anche in Italia si dovrà procedere ad un ulteriore aggiornamento della disciplina, che renderà ancora più stringenti i requisiti e i criteri di idoneità degli esponenti delle banche. Ciò avverrà in tempi molto brevi mediante l’emanazione di un decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze (si attende prima dell’estate 2016); in particolare, ai sensi del nuovo testo dell’art. 26 del TUB-Testo Unico Bancario, il MEF è chiamato a disciplinare la materia, che si applicherà alle nomine successive alla sua entrata in vigore.

Di conseguenza la Banca d’Italia dovrà procedere ad un aggiornamento delle disposizioni di vigilanza in materia, coerentemente con le indicazioni Ministeriali, nonché con le linee guida definite dall’EBA-European Banking Authority nel 2012 (relative ai requisiti degli esponenti aziendali) e probabilmente anche con le linee guida in materia di Governance che l’EBA dovrebbe pubblicare nei prossimi mesi (documento atteso già dall’inizio del 2016).