Non snobbiamo le PMI, aiutiamole a crescere

scritto da il 28 Gennaio 2017

“Maccaroni! …uhm… maccarò! Questa è robba da carettieri.
I nu’ mangio macaroni, io so’ americano”.
Ma di fronte alla “provocazione” del piatto fumante di spaghetti, l’Albertone cede:
“Macarò… m’hai provocato e io te distruggo, macaroni! I me te magno!”.

Leggo sempre con piacere le riflessioni di Beniamino Piccone, un amico oltre che un eccellente autore di Econopoly. Ha ragione a puntare il faro sulle medie imprese, lo abbiamo detto più volte anche su queste pagine, ma non possiamo dimenticarci delle PMI.

Il Paese soprattutto non può permettersi di considerare marginale gran parte della sua struttura imprenditoriale.

Le dimensioni contano ma non rappresentano un valore assoluto. La loro importanza dipende dalla strategia, dal prodotto/servizio offerto, dall’ età dell’impresa (prima di diventare grandi spesso si è piccoli), ecc.

Critichiamo, anche duramente se volete, le PMI ma non per abbandonarle, per stimolarle.

Il problema da affrontare oggi è ricostruire la filiera, ricostruire la cinghia di trasmissione tra PMI, medie (in senso europeo) e grandi imprese.

È ( non solo ma anche) un problema culturale di capacità di visione ed è qui che ricostruire un rapporto virtuoso all’interno della filiera è fondamentale.

Se uno dei problemi a cui trovare risposta è, come giustamente ha evidenziato Piccone, la scarsa dinamicità e competitività delle PMI, l’altro lato della medaglia è capire perché in molti casi la grande impresa non riesce a stimolare la crescita dei suoi fornitori trasferendo tecnologia, organizzazione, ecc.

È un problema che ho già affrontato (si veda il post “Quando le imprese nascevano per gemmazione”) e che resta in parte irrisolto.

Appaiono sempre più rare le imprese di grandi dimensioni in grado di produrre quell’insieme di conoscenze, competenze e relazioni capaci di stimolare nel fornitore la voglia di diventare partner, la voglia di apprendere, crescere ed innovare aiutandolo adiventare imprenditore a tutti gli effetti.

Oggi troppo spesso i contratti di fornitura mirano a strozzare la piccola impresa che è troppo presa a sopravvivere per pianificare, per evolvere, per crescere.

Soprattutto dobbiamo tornare a parlare di PMI ed alle PMI, che, non dimentichiamolo, rappresentano gran parte del tessuto imprenditoriale del Paese, per definire un percorso italiano alla crescita.

Ci fingiamo americani (un po’ come l’Albertone nazionale) e lo stesso dibattito nell’Accademia e sui giornali finisce oggi per essere eccessivamente polarizzato, anche per banali motivi economici, tra grande impresa e startup. Eccessivamente concentrato su alcuni settori più “spettacolari”.

Dimentichiamo troppo spesso che la sfida dell’innovazione si gioca anche a livello organizzativo e manageriale, anche, se non soprattutto, nei settori più tradizionali.

Dobbiamo parlare di medie imprese, portando casi concreti, analizzandoli, aprendo il dibattito per stimolare il dinamismo di tutto il nostro sistema imprenditoriale, non ultimo per stimolare le PMI a diventare più competitive ed in molti casi più grandi (spesso come dimensioni, in altri casi quanto meno di visione).

Il problema non è dimenticare le PMI ma trovare il modo di aiutarle a crescere, parlando anche a loro.

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