Banche venete, alcuni leciti dubbi sul via libera di Bruxelles agli aiuti di Stato

scritto da il 29 Giugno 2017

Sono molte le angolature dalle quali si può analizzare la complicata vicenda che ha portato all’emanazione del Decreto Legge n. 99/2017 (il “Decreto” nel prosieguo), recante “Disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A.”.

Una delle angolature riguarda il via libera all’operazione concesso dalla Commissione Europea, con il comunicato del 25 giugno (il “Comunicato 25 giugno” nel prosieguo). Nello stesso si legge che «La Commissione ha accertato che i provvedimenti in questione sono conformi alle norme UE sugli aiuti di Stato, in particolare alla comunicazione sul settore bancario del 2013. (…) Le destinatarie dell’aiuto (BPVI e Veneto Banca) saranno liquidate entrambe in modo ordinato e usciranno dal mercato, mentre le attività cedute saranno ristrutturate e ridimensionate considerevolmente da Intesa: questi due fattori combinati limiteranno le distorsioni di concorrenza determinate dall’aiuto. (…) La Commissione ha inoltre confermato che non si configura un aiuto di Stato a favore di Intesa, perché questa è stata scelta al termine di una procedura di cessione aperta, equa e trasparente, gestita nella sua integralità dalle autorità italiane, che ha garantito che le attività fossero cedute alla migliore offerta disponibile». 

La Commissione indica la principale fonte alla base della sua decisione: «(…) si applicano le norme UE sugli aiuti di Stato, in particolare la comunicazione sul settore bancario del 2013» (“Comunicazione 2013” nel prosieguo)Sulla base di tale fonte, la Commissione ritiene che l’aiuto di Stato per la liquidazione delle due banche, notificatole in data 24 giugno dall’Italia, sia compatibile con la disciplina UE sugli stessi aiuti. Come già era emerso prima dell’annuncio della Commissione, la via di uscita dall’impasse era stata individuata all’interno dei cosiddetti “aiuti alla liquidazione”, previsti nella Comunicazione del 2013, nell’articolo 6 rubricato “Considerazioni specifiche in materia di aiuti alla liquidazione”. Se questa appare essere la base normativa sulla quale si fonda il via libera della Commissione, tralasciando in questa sede tutti gli altri dubbi sull’asserito aggiramento della BRRD, restano alcune perplessità su tale placet, soprattutto per il ruolo di Intesa San Paolo, che ha acquistato per la cifra simbolica di 1 euro una serie di attività e passività descritte nel comunicato stampa del 26 giugno (“Comunicato di Intesa” nel prosieguo).

A tal proposito, si legge nella Comunicazione 2013 – punto 79 – che «La vendita di un ente creditizio nel corso di una procedura di liquidazione ordinata potrebbe comportare aiuti di Stato a favore dell’acquirente, a meno che la vendita non venga organizzata sulla base di una procedura di gara aperta, concorrenziale e non soggetta a condizioni e che gli attivi non siano venduti al miglior offerente. Tale procedura di gara concorrenziale dovrebbe, se del caso, consentire la vendita di parti dell’ente a offerenti diversi». (NB: il “non” sottolineato appare essere un errore di traduzione, non essendo presente nella versione inglese del documento).

Bene, procedura “aperta, concorrenziale e non soggetta a condizioni”, mentre nel Comunicato 25 giugno della Commissione si parla di una procedura di cessione “aperta, equa e trasparente”. Salva l’ “apertura” della procedura, spariscono i requisiti della concorrenzialità e della non-condizionalità, mentre entrano i concetti di “equità” e di “trasparenza”. Sull’apertura e sulla concorrenzialità della procedura sono già stati avanzati molti dubbi, anche per i rumors della stampa internazionale. Analoghi dubbi sull’equità e la trasparenza della selezione. Di certo in altre occasioni, come nel meno mediatico acquisto di Banca Romagna Cooperativa da parte del Gruppo Iccrea, la Commissione – applicando sempre la Comunicazione 2013 – aveva ritenuto la procedura «(…) as open and competitive on the basis of the information submitted by Italy, in particular that (a) all potential competitors, although not formally invited, could participate in the ongoing tender process, (b) that the tender process was overt and easily detectable because the marketplace was aware of the search for a banking partner and (c) that the sale process itself was aimed at selling assets and liabilities to the highest bidder. The Commission consequently excludes the presence of aid to the buyer». Il vaglio sembra molto più stringente.

Di certo è stato totalmente ignorato il requisito  della non condizionalità, non presente né nel Comunicato 25 giugno (nemmeno nella scheda informativa richiamata nello stesso, dove si parla solo di «(…) sales process that is competitive, open and fair») né nel Decreto, ma ripetuto anche al punto 80 della Comunicazione 2013:  «In particolare, al momento di determinare se vi è un aiuto a favore dell’acquirente dell’ente creditizio o di parti di esso, la Commissione valuterà se: a) il processo di vendita è aperto, incondizionato e non discriminatorio (…)», nonché richiamato nella decisione su Banca Romagna Cooperativa sopra citata: «(…) Under section 6.3 of the 2013 Banking Communication it is possible to exclude the presence of aid to the buyer if the sale is organised via an open and unconditional competitive tender and the assets are sold to the highest bidder».

Come noto e come indicato nel Comunicato di Intesa, l’offerta dell’acquirente ha posto numerose condizioni, sia sul perimetro della cessione, sia sulla neutralità dell’operazione dal punto di vista «Common Equity Tier 1 ratio e alla dividend policy del Gruppo Intesa Sanpaolo», con «diritto di Intesa Sanpaolo di retrocessione nel caso di rilevazione, nel periodo fino all’approvazione del bilancio al 31 dicembre 2020, dei presupposti per classificarli come sofferenze o inadempienze probabili».

Su tutti questi aspetti, sarà interessante leggere la versione non riservata della decisione (con le motivazioni), che sarà disponibile al seguente link, considerato che nei principi sull’applicazione degli aiuti alla liquidazione è stabilito che «Tutte le misure di aiuto di Stato a sostegno di tale liquidazione devono essere conformi ai principi illustrati ai punti da 69 a 82».

Conosciamo le ragioni politiche della scelta e conosciamo altresì la scarsa popolarità in Italia della disciplina sugli aiuti di Stato, da sempre vista come uno sgradito freno alla discrezionalità politica nell’uso delle risorse pubbliche. Ma se fosse la Commissione a sconfessare o a forzare discrezionalmente le sue stesse regole, ci sarebbe molto più da preoccuparsi. L’Unione Bancaria ha promesso di togliere la politica dalle banche o quantomeno di ridurre la discrezionalità politica sulla gestione delle crisi bancarie, in modo da limitare l’azzardo morale e il conto finale per il contribuente.

Si può discutere all’infinito, anche se non strettamente pertinente con la vicenda, sull’errore di non aver risolto previamente il problema dell’eredità della crisi nei bilanci delle banche italiane e sul non aver sfruttato la finestra 2008-2013 – in cui la Commissione aveva allentato la disciplina sugli aiuti di Stato – a causa del nostro alto debito (con la conseguente invidia debitorum che affligge la nostra classe dirigente), ma la rule of law e la credibilità delle istituzioni coinvolte restano valori imprescindibili  per portare a compimento la riforma.

Twitter @frabruno88