Leonardo da Vinci, Messi, Beyoncé e l’economia delle superstar

scritto da il 07 Dicembre 2017

La vendita per 400 milioni di dollari – più 50 di commissioni, totale 450 – presso un’asta di Christie’s di un quadro, “Salvator Mundi”, attribuito a Leonardo da Vinci, ha conquistato le prime pagine dei giornali. Il record precedente di Pablo Picasso con “Le donne di Algeri”, aggiudicato per 179,4 milioni nel 2015, è stato polverizzato.

Nonostante l’autenticità sia tutta da dimostrare, l’asta a New York è stata caratterizzata da continui rilanci fino a che un russo – pare – ha chiuso i giochi con un rilancio super.

Uno dei segreti di questa vendita sta nell’aver inserito un dipinto antico non tra i lotti degli Old Masters – i maestri della pittura antica e moderna – ma lanciarlo tra i contemporanei, tra un Andy Warhol e un Jean-Michel Basquiat, nella notte della tradizionale Post-war sale d’autunno, che vede partecipare tutti i grandi collezionisti del mondo.

Ha senso ciò che scrive su Repubblica Melania Mazzucco, autrice di un romanzo storico (La lunga attesa dell’angelo, Rizzoli, 2008) sugli ultimi giorni di vita di Jacopo Robusti, detto il Tintoretto: “L’opera in questione ha smesso di essere ciò che è – una tavola di noce dipinta con colori a olio – ed è stata trasformata prima in oggetto del desiderio e poi in oggetto di culto”.

Il prezzo è giusto (Iva Zanicchi, cit.)? Ci viene in soccorso l’economia. Nei primi anni ’80 l’economista americano Sherwin Rosen scrisse sull’American Economic Review un paper diventato ormai famoso dal titolo The Economics of Superstar. La spiegazione delle ampie differenze di reddito è dovuta al fatto che è difficile trovare un sostituto di una superstar. Solo i migliori vincono, anche se sono migliori di poco. L’unicità si paga. Cara.

L’attacco di Rosen – studioso del mercato del lavoro – è fulminante: “The phenomenon of Superstars, wherein relatively small number of people earn enormous amounts of money and dominate the activities in which they engage, seems to be increasingly important in the modern world. […] In certain kinds of economic activity there is a concentration of output among few individuals, market skewness in the associated distributions of income and very large rewards at the top”. È stato quanto mai preveggente perché con la globalizzazione e le nuove tecnologie, che hanno reso più efficiente la produzione di intrattenimento, Messi, Bolt e Ronaldo, ma anche le star della musica – Coldplay, Rihanna, Madonna, Beyoncé – sono famose in tutto il mondo e possono chiedere stipendi da capogiro. Per vedere le gesta di Maurito Icardi non è necessario andare allo stadio Meazza, basta avere la pay-tv anche in Nuova Guinea.

La “skewness” – ossia l’asimmetria nella distribuzione del reddito e della ricchezza – è ormai diventato un tema “mainstream” dopo i meritevoli studi di Piketty e di Milanovic, e soprattutto dopo che l’1% della popolazione mondiale controlla ormai il 50% della ricchezza. Leonardo – benché scomparso nel Cinquecento (1452-1519) – è ancora intorno a noi, con le sue opere, i suoi disegni, il suo Codice Atlantico. Possiamo considerarlo certamente una Superstar – chi non conosce Leonardo da Vinci? – e siccome le opere sul mercato sono esigue, il prezzo di un suo quadro in un’asta pubblica va alle stelle. Il successo del volume di Dan Brown “Il codice Da Vinci” e il successivo film lo hanno reso ancora più famoso – e quindi più caro. La visibilità e la notorietà, nel mondo dominato dai social, hanno un valore decisivo.

Vittorio Sgarbi, intervistato da “Gente”, pensa che “l’opera d’arte in sé è inestimabile, cioè non ha prezzo. Se costa molto è il segnale che Leonardo è l’artista più grande di ogni altro. Il valore di un’opera è legato al numero di persone che conoscono l’artista. Se ognuno di noi pagasse una tassa di un euro per ogni nome che conosce, Van Gogh incasserebbe 7 miliardi di euro, quanta è la popolazione mondiale. Per Leonardo è lo stesso e se consideri che è molto più raro di Van Gogh, la spiegazione è presto data”.

Mazzucco è sulla linea di Sgarbi sostenendo che “l’arte non ha mai né avrà un prezzo giusto sul mercato. […] Non si può riprodurre Leonardo stesso. Leonardo non rinasce. È l’unicità dell’artista il suo vero valore. Come di ogni singolo essere umano su questa terra. Nessuno può essere copiato, contraffatto, riprodotto. E allora nemmeno 450 milioni di dollari saranno mai abbastanza”.

Quanto vale la Gioconda? Oltre due miliardi di dollari.

Twitter @beniapiccone