Dal Jobs Act ai diritti civili, previsioni sui primi 100 giorni del Governo Conte

scritto da il 03 Giugno 2018

Fare previsioni non è il mestiere degli economisti, anche se molti non-economisti pensano il contrario. Nonostante ciò mi avventuro in una previsione sul tema: quali saranno i primi provvedimenti del nuovo governo giallo-verde?

La prima fase di governo sarà probabilmente il proseguimento della campagna elettorale: i primi provvedimenti avranno queste caratteristiche: alto  contenuto simbolico e impatto mediatico, e basso costo e efficacia. Eccone alcuni:

  1. Rimborsi ai “truffati delle banche”, cioè a quanti sono stati sacrificati alla causa delle banche (cit. Di Maio) per colpa  del “conflitto di interessi” tra vecchia politica (e.g. Boschi) e interessi bancari. Qui il governo potrebbe cavarsela con qualche centinaio di milioni (ne ho parlato qui) ma si porrebbe in conflitto con le norme Europee sul bail-in.
  2. Rimpatrio degli immigrati irregolari. Com’è noto il numero degli irregolarischermata-2018-06-03-alle-15-03-09 conosciuti dalle autorità, quelli a cui ad esempio è scaduto o che sono in attesa del permesso di soggiorno,  si aggira intorno alle 36mila persone. La cifra spesso evocata di 500mila si riferisce ad una stima. Facile pensare ad una spettacolarizzazione televisiva, con alcuni aerei charter che vengono riempiti di “clandestini” e rispediti verso quei pochi paesi con i quali abbiamo degli accordi.  In attesa di nuovi accordi internazionali. Difficile stimare il costo, anche perché i paesi riceventi chiederanno compensi.
  3. Legge e Ordine. Sgomberi di occupazioni abusive e di campi nomadi,  e ampliamento legittima difesa sono obiettivi previsti nel “contratto” : hanno forte impatto mediatico, basso costo, efficacia nulla.
  4. Abolizione definitiva dei vitalizi dei politici, con l’equiparazione del trattamento degli eletti a quello degli altri contribuenti. La riforma del 2012 non ha toccato i diritti acquisti. I risparmi potenziali, se fossero applicati sia ai Parlamentari che ai Consiglieri regionali, sarebbero considerevoli, stimati in circa 1 miliardo e 400 milioni. Ma eventuali provvedimenti retroattivi a danno dei precedenti politici beneficiari supererebbe il vaglio della Corte dei Conti? Sarebbe possibile renderli applicabili alle Regioni?
  5. Tagli alle pensioni d’oro. Qui sono aperte molte strade. Una è quella di tagliare di un 20-30% la differenza tra la pensione corrisposta ed i contributi versati  per le pensioni “d’oro”.  Ma come definire queste pensioni? Le pensioni che eccedono i 3 mila euro sono circa 860 mila e rappresentano poco più del 5% del numero del numero totale e ammontano 45 miliardi, il 17% delle somme versate. Boeri aveva stimato che applicando questa definizione di pensione d’oro si sarebbe generato un risparmio di 4 miliardi. Improbabile che il nuovo governo voglia alienarsi una così ampia platea di pensionati. Le pensioni superiori a 5mila euro ammontano complessivamente a 15 miliardi e dunque i risparmi si ridurrebbero verosimilmente di un terzo.
  6. Abolizione dello Spesometro. Il costo della misura è ovviamente pari a zero (quella per le entrate si vedrebbe in futuro) e il provvedimento sarebbe popolare con i piccoli imprenditori del Nord.
  7. Abolizione del Jobs Act? Il contratto di governo non nomina il Job Act. Ma l’enfasi posta alla lotta alla precarietà potrebbe indurre il M5S a proporre qualcosa del genere. Da capire se la Lega e gli interessi che rappresenta acconsentiranno.
  8. Restrizioni di Diritti Civili? La Lega potrebbe proporre misure a costo zero per limitare i diritti (all’assistenza sanitaria, istruzione, alla casa, alla libertà di culto) degli  immigrati (irregolari) . L’opposizione della Chiesa cattolica, l’unica forza (potenziale) di opposizione rimasta nel paese, potrebbe forse essere ammorbidita da altre misure restrittive in tema di adozioni e matrimoni gay, fecondazione, fine vita. Rimane da capire la posizione del M5S

schermata-2018-06-03-alle-15-00-54La seconda fase del governo sarà dedicata ai punti cardine del “contratto”: riforma fiscale, pensioni, reddito di cittadinanza, ed al recupero di  risorse finanziarie necessarie (ammesso che non si voglia uscire dall’Euro). Il “contratto” prevede una “banca di investimenti” pubblica che “utilizzi le risorse e le strutture già esistenti”.

Facile dunque prevedere che la Cassa Depositi e Prestiti (CDP), la terza banca italiana dopo Intesa e Unicredit, per circa  l’83% sotto il controllo del Ministero dell’Economia, diventerà l’oggetto del desiderio del nuovo governo.  La CDP negli scorsi giorni è intervenuta massicciamente a sostegno dei titoli di Stato in difficoltà. Oggi si stima che CDP e Poste Italiane siano esposte ai titoli di stato per circa 180 miliardi, su un attivo CDP di 419,5 miliardi, a fronte di circa 252 miliardi di raccolta postale nel suo passivo. E i suoi vertici sono in scadenza.

Twitter @pmanasse