Smart working, l’Italia arranca. E gli uomini superano le donne

scritto da il 20 Giugno 2018

La percentuale di lavoratori occupati tra i 15 e i 64 anni nell’Unione europea (Ue) che solitamente non lavorano in ufficio ma utilizzano la casa o altre postazioni è stata in media pari al 5% nel 2017. Lo ha certificato Eurostat. La percentuale più alta è stata registrata nei Paesi Bassi (13,7%), seguiti da Lussemburgo (12,7%) e Finlandia ( 12,3%). Fanalini di coda Bulgaria (0,3%) e Romania (0,4%). Lavorare da casa è risultato leggermente più comune nell’eurozona (5,7% degli occupati) rispetto all’intera Ue. L’Italia? Da noi esiste una legge, la 81/2017, che regolamenta il cosiddetto lavoro agile o smart working, ma siamo ben sotto la media, con il 3,5 per cento. Per quanto riguarda le donne ci si ferma al 3,3%, gli uomini arrivano al 3,6 per cento.

Per fare un confronto, in Francia le donne che lavorano da casa arrivano all’8%, gli uomini al 5,6%. Senza voler vedere esempi come quello Finlandese od olandese, dove le percentuali superano di molto il 10 per cento. Peggio di noi solo Paesi come Grecia e Cipro. Anche in questo caso quindi l’Italia sembra scontare, nonostante i dati siano in crescita (non nelle Pmi e nella Pubblica amministrazione)*, un atteggiamento culturalmente contrario al lavoro da casa, non considerato produttivo quanto quello in ufficio. Tesi smentita dagli studi più recenti in materia.

Tornando ai dati di Eurostat la percentuale di occupati, sempre nell’Ue, che lavorano da casa più di rado è aumentata costantemente nel corso degli anni, dal 7,7% nel 2008 al 9,6% nel 2017, sebbene nel 2017 il dato sia stato in leggero calo rispetto al 2016 (9,8%).

Nell’Unione, poi, sono gli autonomi quelli che lavorano più spesso da casa (18,1%) rispetto ai dipendenti (2,8%).

Figura 1. Persone occupate che di solito lavorano da casa, nell’Unione europea (2017)

% degli occupati totali. Fonte: Eurostat

% degli occupati totali. Fonte: Eurostat

Più donne che uomini
Nel 2017 una percentuale leggermente più alta di donne nell’UE ha lavorato da casa (5,3%) rispetto agli uomini (4,7%). Tuttavia, in alcuni Stati membri, si è vista la situazione contraria, con un numero sempre maggiore di uomini che lavorano da casa rispetto alle donne (abbiamo visto che è vero anche per l’Italia, seppure di poco). Ciò è avvenuto in modo evidente nei Paesi Bassi (14,7% degli uomini, rispetto al 12,6% delle donne) e in Danimarca (9,5% rispetto al 7,6%). In Italia

Lavorare da casa è più frequente con l’età
Nell’Ue solo l’1,6% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni ha lavorato di solito da casa nel 2017, raggiungendo il 4,7% tra i 25 e i 49 anni e il 6,4% tra i 50 e i 64 anni. La percentuale più elevata di giovani tra i 15 e i 24 anni che hanno lavorato regolarmente da casa è stata registrata in Lussemburgo (10,4%), che ha ampiamente sovraperformato il secondo classificato, ovvero i Paesi Bassi (4,2%).

Per le altre categorie di età, i Paesi Bassi sono risultati in testa (14,8% dei 25-49enni e 16,6% dei 50-64enni), seguiti dalla Finlandia (13,1% dei 25-49enni e 13,6% dei 50-64 anni).

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*NOTA

Secondo i dati riportati nello studio “Lo Smart Working in Italia”, prodotto dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, su 206 grandi aziende interpellate, il 36% ha già avviato iniziative strutturate in tal senso, e il 9% prevede d’introdurne. Il 47% del campione ha scelto il solo lavoro da remoto per quattro giornate al mese nel 43% dei casi, nel 22% otto e nell’11% senza limiti di tempo. Un altro 47% di interpellati ha optato invece per il lavoro da remoto e il ripensamento degli spazi lavorativi, mentre il restante 6% per il solo ripensamento degli spazi. Lo stesso non si può dire per quanto riguarda le Pmi e la Pubblica Amministrazione dove le cose sembra invece stiano andando a rilento.