Il fermo dell’auto è uno strumento di tortura?

scritto da il 09 Agosto 2018

L’autore è Costantino Ferrara, vice presidente di sezione della Commissione tributaria di Frosinone e giudice onorario del Tribunale di Latina –

Un cittadino qualunque, dopo aver messo la propria auto in vendita su internet ed aver concluso una trattativa, si reca presso una sede dell’Aci per procedere al passaggio di proprietà. Tuttavia, in quel momento, scopre che sulla propria auto è stata adottata una procedura di fermo amministrativo da parte dell’Agente della riscossione. Sconcertato, il cittadino si reca presso l’Agente della riscossione e scopre che la misura è stata adottata per il mancato pagamento di una presunta differenza sulla tassa rifiuti liquidata dal Comune per l’anno 2013, con un importo totale da pagare pari ad euro 112. Importo comprensivo di interessi e spese di notifica dell’atto. Si perché l’importo inizialmente dovuto, quello da cui scaturisce la misura coattiva è pari a euro 31. Trentuno!

Senza fare i dovuti controlli, nell’impossibilità di approfondire, il cittadino si reca a pagare il proprio debito, ma all’Aci gli riferiscono che deve portare una liberatoria del fermo, firmata dall’Agente della riscossione. Armato di pazienza, si reca nuovamente presso l’Agente della riscossione, esibendo la ricevuta del pagamento, per chiedere il rilascio della liberatoria, ma il pagamento non risulta acquisito dal sistema e quindi gli viene chiesto di ritornare fra qualche giorno. Nel frattempo l’auto è sempre sottoposta a procedura di fermo amministrativo per il mancato pagamento di una differenza di imposta pari a 31 euro. Passato qualche giorno, la storia si ripete: il pagamento non è ancora acquisito dal sistema. La vendita dell’auto salta definitivamente.

Sembra un romanzo di fantascienza. Invece no, è solo l’Italia e, nello specifico, siamo in provincia di Frosinone.

Questi fatti accadono di continuo e uno strumento pensato per la lotta all’evasione diventa un meccanismo di tortura per il cittadino che per non aver pagato (forse) trentuno euro perde giorni a fare file, sbattuto da un ufficio all’altro, perde la possibilità di vendere un bene e perde, soprattutto, la propria serenità.

Si tratta di fatti inammissibili che devono trovare preciso rimedio nell’azione legislativa. E’ impensabile, infatti, che per un debito di tale importo si proceda a fermare un’autovettura, senza peraltro assicurarsi che il cittadino sia a conoscenza di tale misura. Oltre tutto, se durante il fermo dovesse malauguratamente succedere un incidente, l’assicurazione non darebbe copertura.

È dunque evidente come sia del tutto inconcepibile non stabilire un tetto minimo di debito, prima del quale non sia possibile intraprendere una misura così gravosa.

Altro profilo, la difficoltà del contribuente di liberarsi di questa ganascia, pur avendo pagato il debito. La misura dovrebbe essere automatica, con la liberazione del bene sottoposto a procedura all’atto del pagamento.

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Sono spunti normativi che nessun movimento politico (o semplicemente ideologico) non può non condividere.

Facciamo un passo indietro e vediamo da cosa può derivare il fermo amministrativo e come comportarsi quando si è sottoposti ad una tale misura.

Se ad un contribuente è stata notificata una o più cartelle esattoriali, anche nel passato, e il debito è rimasto impagato, c’è la concreta possibilità che l’Agente della riscossione adotti dei provvedimenti cautelari per assicurare il proprio credito e “stimolare” il debitore al solerte pagamento dello stesso.

C’è da precisare che il pericolo sussiste anche nel caso in cui il debito sia molto vecchio, avendo magari raggiunto i termini di prescrizione, che sono di cinque anni dalla ricezione della cartella, per le multe, i contributi INPS, le sanzioni e gli interessi, o dieci anni per i debiti più longevi, ad esempio quelli derivanti da una qualunque sentenza di esito sfavorevole, in ambito tributario o civile. L’Agente della riscossione, infatti, può comunque continuare a vantare il pagamento, non essendo tenuto alla cancellazione d’ufficio del debito e spettando invece al contribuente attivarsi per far dichiarare la prescrizione dello stesso..

Nell’ambito delle misure cautelari, uno strumento utilizzato sempre con maggior frequenza è il fermo amministrativo dell’autovettura: questo provvedimento comporta il divieto di circolazione su strada, l’impossibilità di radiare il veicolo dal Pubblico Registro Automobilistico (PRA), di demolirlo o esportarlo all’estero. Il veicolo potrà essere anche venduto, ma i divieti rimarranno in vigore anche per il nuovo proprietario fino a quando il debito non verrà estinto. Chi contravviene alle regole rischia una sanzione amministrativa che va dai 1.988 ai 7.953 euro, oltre ovviamente al sequestro del veicolo.

Il fermo amministrativo, come è evidente, rappresenta una misura particolarmente invasiva per il contribuente e l’uso indiscriminato e poco attento dello stesso può portare seri danni ai cittadini. Si pensi, ad esempio, al caso di un contribuente che utilizza l’unica automobile di proprietà quale mezzo per recarsi a fare la dialisi, o altre cure necessarie. O, magari, al geometra che usa la vettura per svolgere la propria attività professionale, unica fonte di sostentamento della propria famiglia; solo per citare alcune delle infinite situazioni in cui il blocco dell’auto può portare a delle conseguenze particolarmente gravose.
E’ sicuramente giusto pagare le multe, le tasse e i contributi, ma è altrettanto sacrosanto, in uno stato di diritto, salvaguardare il cittadino, nel rispetto dei principi di tutela costituzionale. Specialmente nei casi in cui il fermo, peraltro, appare una misura sproporzionata rispetto all’entità del debito.

Che rimedi può esperire il cittadino raggiunto da una misura di fermo amministrativo sulla propria auto?

In primis, si deve tener presente di una possibilità introdotta dal Legislatore nel 2016, ovvero la sospensione del fermo amministrativo La sospensione è una misura diversa rispetto alla cancellazione del fermo, perché quest’ultima avviene solo a debito interamente pagato: tuttavia il cittadino, una volta ottenuta la sospensione, può tornare a circolare con la macchina sottoposta alla restrizione.

Per ottenere la sospensione del fermo amministrativo, il debitore dovrà presentare domanda e versare la prima rata della dilazione richiesta all’Agente della riscossione. Il contribuente, a questo punto, dovrà recarsi personalmente al PRA e presentare l’autorizzazione di Equitalia all’annotazione della sospensione del fermo.

Parallelamente alla sospensione, il cittadino potrà contestare il fermo amministrativo, esperendo le vie legali e proponendo ricorso per ottenerne la cancellazione definitiva. Ciò, ovviamente, nel caso in cui il provvedimento sia stato apposto in maniera illegittima, potendo annoverare tra i casi più frequenti di illegittimità del fermo, la mancata notifica del preavviso di fermo, oppure l’apposizione dello stesso su un veicolo strumentale per l’attività lavorativa.