Rock the boat: i cacciatori di petroliere tra social media e big data

scritto da il 08 Agosto 2018

L’autore di questo post, Raffaele Perfetto, ha acquisito esperienza decennale in ambito Oil & Gas con una Major Oil Company. Ha conseguito un MBA in Oil & Gas Management nel 2016. Scrive preferibilmente di energia e geopolitica –

Sapevate che i 2/3 del petrolio nel mondo viene movimentato via mare?

Ultimamente abbiamo sentito tanto parlare del prezzo del barile e del suo rialzo grazie all’OPEC, il cartello dei produttori che molti davano per spacciato fino a qualche tempo fa. Si riteneva che l’OPEC non fosse più in grado di garantire quella capacità di controllo del prezzo avuto più o meno negli ultimi decenni. Come dicevamo, dal 2016 il cartello dell’OPEC e la Russia, avrebbero gettato le basi per garantire la stabilizzazione del prezzo: gli effetti sono ad oggi ben evidenti.

All’epoca, novembre 2016, l’OPEC+ (OPEC e altri paesi produttori) annunciò il taglio di 1,8 milioni di barili al giorno (e non faceva tagli dal 2008); proprio su Econopoly ne abbiamo parlato con un post dedicato.

Il problema principale dell’OPEC, o OPEC+ è essenzialmente che una cosa è annunciare i tagli, altra è farli. Ogni paese del cartello può aderire in maniera più o meno stretta con quanto deciso. Per intenderci: paradossalmente se un paese produce più di quanto ha dichiarato, non puoi mandare dei militari che “lo convincono” a produrre di meno: l’adesione è volontaria.

Ad esempio in queste ore tutti sono focalizzati nel capire quale sarà l’impatto delle sanzioni all’Iran: secondo il Wall Street Journal potremmo assistere alla scomparsa dal mercato di circa un milione di barili.

Tra dire e fare c’è di mezzo il mare
La storia che vi raccontiamo in seguito nasce proprio da questo bisogno di informazione e come vedremo il mare calza a pennello.

È la storia di 3 giovani oil-lovers, animati dalla comune passione per il trading petrolifero che si incontrano su Twitter e scambiano informazioni creando l’hashtag #OOTT. Alla base di tutto c’era la comune domanda: ma l’OPEC rispetterà i tagli? A quanto pare questa domanda se la ponevano in molti. Infatti OOTT raggiunge in breve più di due milioni di visualizzazioni al giorno (quasi 6 milioni durante le riunioni dell’OPEC) diventando la parola d’ordine per tutti quelli dell’oil biz: trader, giornalisti, funzionari governativi, investitori, broker, esperti globali del settore energetico e geopolitico, marinai, petrolieri o semplicemente curiosi. Ogni tweet, tra i suoi 140 caratteri, ne conserva cinque per il sigillo dell’Organization of Oil-Trading Tweeters, #OOTT.

Uno dei tre giovani è Samir Madani, vive in Svezia, una carriera nel mondo delle telecomunicazioni ed elettronica, appassionato di tecnologia. Insomma “mestieri” lontani da quelli dell’oilman che ci aspetteremmo di trovare. Tuttavia Sam (per gli amici) coltiva l’hobby del trading del petrolio. Il fatto che circa due terzi del petrolio sono commerciati via mare inizia ad incuriosirlo e inizia a informarsi grazie alla rete. Tramite il sito MarineTraffic.com entra nella sezione petroliere e il suo monitor esplode di puntini rossi: sono tutte le petroliere in circolazione nei vari porti di Singapore, Rotterdam, Houston ecc.

Ecco la folgorazione, inizia a studiare rotte, porti, capacità delle diverse petroliere e insieme a Lisa Ward e Kishore Gunturu dà vita al sito TankerTrackers.com. Tutto grazie ad un “cospicuo” investimento di 4 dollari al mese. Sì, avete capito bene, solo 4 dollari! Il sito è rimasto completamente gratuito per quasi 2 anni, poi si è rinnovato passando in modalità freemium.
TankerTrackers usa essenzialmente come fonti i dati satellitari e i report governativi per compilare i dati di spedizione e produzione di petrolio che altri operatori commerciali possono utilizzare liberamente. I dati satellitari ormai sono disponibili a seguito dell’implementazione sulle navi del sistema AIS (Automatic Identification System), obbligatorio da qualche anno, che fornisce info come: identificazione, tipo unità, posizione e velocità.

Ma TankerTrackers non è l’unico. ClipperData, ad esempio, è una società che si occupa proprio di questo: utilizzerebbe dati da satellite come sorgente primaria, ma anche un loro network tra aziende ed accesso a database di diversi porti. Anche i dati storici sono importanti perché con questi si riesce a valutare il tipo e la quantità di greggio che probabilmente è stato caricato su singole navi.

Anche la Petro-Logistics di Ginevra è tra i più antichi sulla piazza come “cacciatore” di navi, la sua storia va ancora prima dell’uso dei satellitari. Oggi oltre all’uso dei satellitari, conta su una rete di contatti stabilita molto prima dell’utilizzo del satellite e ritiene che la “caccia alle navi” è più un’arte che una scienza: è il fattore umano che fa la differenza.

Antoine Halff (un passato tra i vertici della International Energy Agency), intervistato dal Wall Street Journal, ha affermato: “Un decennio o più fa erano le persone con il binocolo sedute in un hotel a guardare le navi cisterna che entravano e uscivano dal porto”. Halff adesso è alla guida di Kayrros, una startup con sede a Parigi che mira ad utilizzare algoritmi informatici per analizzare immagini satellitari, dati finanziari e notizie dai social per ottenere stime e previsioni dettagliate.

Dal sito TankerTracker.com

Dal sito TankerTracker.com

Insomma l’affare si ingrossa tra i “dilettanti” armati di connessione internet e account Twitter e i professionisti che utilizzano satelliti dalle dimensioni di una scatola di scarpe, algoritmi e big data. Macinano e incrociano dati su tutto: dalle esportazioni dal Medio Oriente ai dati sui pozzi in fase di perforazione, dallo shale gas americano alle scorte dei serbatoi di stoccaggio dei paesi esportatori e importatori.

Volete un esempio? Guardate la figura sotto: sono 3 serbatoi di stoccaggio a tetto flottante (il tetto si muove in base al petrolio contenuto). In base all’ombra che fanno si riesce e determinare abbastanza correttamente quanto petrolio è contenuto all’interno: si confronta la lunghezza dell’ombra all’interno con quella all’esterno (il manualetto per il calcolo è disponibile liberamente a questo link)

Dal sito TankerTracker.com

Dal sito TankerTracker.com

Come abbiamo osservato recentemente, sempre su Econopoly, l’industria spaziale e la Space-Economy sono in forte crescita e soluzioni innovative si fanno avanti come anche nuovi modelli di business. Oggi infatti molti possono affittare posti sui satelliti oppure affidarsi a satelliti miniaturizzati, i cubeseat di cui si parla in un recente articolo del Sole 24 Ore. Essi possono raggiungere dimensioni di 10 cm x 10 x 10 e avere un costo che va fra i 10 e i 20 mila dollari. Il vantaggio? Possono fornire immagini più frequenti rispetto ai satelliti tradizionali.
Non ci resta allora che dire Rock the boat!

Dal sito di AVIO (azienda italiana leader nei lanci di satelliti)

Dal sito di AVIO (azienda italiana leader nei lanci di satelliti)

Twitter @Raff_Perf