Care imprese, pronte ad affrontare la tempesta perfetta?

scritto da il 20 Maggio 2019

In questi ultimi mesi si sta delineando uno scenario ormai ben definito ma altrettanto complesso per le nostre PMI. Siccome se ne parla poco (lo so, lo so, sono mesi che si fanno convegni e dotte analisi nelle riviste di categoria, ma ben poco si è raccontato a chi fa impresa) forse è meglio fare un po’ di chiarezza e mettere insieme i pezzi del puzzle.

Io che da sempre tifo per le PMI, non vorrei ritrovarmi a girare il remake de “le parole che non ti ho detto” (giusto per rubare l’ennesima metafora hollywoodiana).

Per me nel caso ovviamente riserverei il ruolo di Paul Newman.

Effetti del nuovo codice della crisi
Il nuovo codice della crisi e dell’insolvenza (di recente pubblicazione, vedremo dispiegarsi i suoi effetti nei prossimi mesi) prevede diverse importanti novità:

Assetti organizzativi dell’impresa ( Art. 375): All’articolo 2086 del codice civile, dopo il primo comma è aggiunto il seguente: «L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale».

Nomina degli organi di controllo (Art. 379): All’articolo 2477 del codice civile il secondo e il terzo comma sono sostituiti dai seguenti: «La nomina dell’organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società:

a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;

c) ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: 1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro; 3) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 10 unità….”.

I suddetti limiti potrebbero essere rivisti. Negli ultimi giorni si è molto discusso sui numerosi emendamenti presentati che andrebbero ad innalzare le soglie per la nomina del collegio sindacale o del revisore.

Indicatori della crisi ( Art. 13): Costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell’attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi. A questi fini, sono indici significativi quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. Costituiscono altresì indicatori di crisi ritardi nei pagamenti reiterati e significativi.

Gli indici saranno elaborati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili. L’obbligo di segnalazione diretta o indiretta della Crisi spetta alle Banche (tramite l’organo di controllo), all’organo di controllo.

Nuovi limiti di segnalazione da parte delle banche
Le nuove regole europee in materia di classificazione dei debitori in “default” (ovvero, in stato di inadempienza di un’obbligazione verso la banca) stabiliscono criteri e modalità più stringenti rispetto a quelli finora adottati dagli intermediari finanziari italiani. Riporto dalla guida predisposta dalle principali associazioni di categoria e che vi invito a consultare integralmente:

“Le disposizioni attualmente vigenti prevedono l’automatica classificazione in default delle imprese che presentano arretrati di pagamento rilevanti per oltre 90 giorni consecutivi sulle esposizioni che esse hanno nei confronti della propria banca.

Con le nuove regole si specifica che per arretrato rilevante si intende un ammontare superiore a 500 euro (relativo a uno o più finanziamenti) che rappresenti più dell’1% del totale delle esposizioni dell’impresa verso la banca.

Per le persone fisiche e le piccole e medie imprese con esposizioni nei confronti della stessa banca di ammontare complessivamente inferiore a 1 milione di euro, l’importo dei 500 euro è ridotto a 100 euro.

Diversamente dal passato, l’impresa non potrà più impiegare margini ancora disponibili su sue linee di credito per compensare gli inadempimenti in essere ed evitare la classificazione in default.

In linea generale, la classificazione dell’impresa in stato di default, anche in relazione ad un solo finanziamento, comporta il passaggio in default di tutte le sue esposizioni nei confronti della banca. Inoltre, potrebbe avere ripercussioni negative su altre imprese ad essa economicamente collegate, esposte nei confronti del medesimo intermediario finanziario.

Per le imprese è dunque fondamentale conoscere le nuove regole e rispettare con puntualità le scadenze di pagamento previste contrattualmente, per non risultare in arretrato nel rimborso dei propri debiti verso le banche anche per importi di modesta entità. Ciò al fine di evitare che la banca sia tenuta a classificare l’impresa in default e avviare le azioni a tutela dei propri crediti, secondo quanto richiesto dalle disposizioni di vigilanza europee.”

Invito gli imprenditori a rileggersi con attenzione queste poche righe e a confrontarsi con il proprio commercialista di fiducia in merito.

In conclusione
Appare chiaro che tutto il sistema normativo spinto da quello bancario imponga alle PMI una forte accelerata nelle capacità di gestione aziendale. Diventa fondamentale pianificare, redigere (ed utilizzare) il business plan, monitorare e gestire i rischi a cui è sottoposta. Stiamo spostando correttamente il focus dal semplice bilancio alla gestione finanziaria dell’impresa.

In estrema sintesi le nostre imprese (indipendentemente dalla dimensione e con forti responsabilità nei confronti degli amministratori) si trovano a dover:

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Se le finalità della norma sono corrette a mio parere l’attuazione è decisamente carente. A Milano 10 dipendenti li ha pure la pizzeria sotto casa, portare la banca a classificare l’impresa in stato di default per 100 euro francamente lo trovo eccessivo. Difficilmente ho visto una norma così lontana dalla realtà aziendale.

Il primo problema purtroppo non risolto a cui si cerca di mettere una toppa è che le banche oggi per mille ragioni non riescono più a valutare il merito creditizio. Come soluzione che facciamo? Mettiamo il revisore “di cittadinanza” (perdonate la polemica).

Proviamo a ripartire dai fondamentali:

– Una crescita di cultura imprenditoriale serve alle nostre PMI? Si.

– La presenza dell’organo di controllo può essere utile a questa crescita? Certamente.

Io non parlo di stravolgere gli obiettivi della norma, parlo di applicare il principio di proporzionalità in base alle dimensioni e diluirlo in un paio di anni per evitare effetti di accelerazione della crisi mediante previsioni autoavverantesi. È ben diverso.
Ma è così difficile pensare che il piccolo imprenditore oggi ha in testa due limiti (giusti o sbagliati) che lo portano a vedersi più grande al loro superamento:

– 5ml di ricavi derivanti dagli ex studi di settore;

– per similitudine 5ml di attivo patrimoniale;

– 15 dipendenti per le norme sul lavoro.

Non avrebbe senso almeno in una prima fase partire da lì? Ovviamente inserendo la previsione di superamento di almeno due di tali soglie in due esercizi consecutivi per stabilizzare il dato. In una economia dinamica come l’attuale è una previsione necessaria e doverosa.

Sotto tali importi non si potrebbero invece utilizzare meccanismi premiali, che peraltro già in parte ci sono? Ad esempio, la banca è più felice e presta più volentieri e ad un tasso più basso se c’è un revisore, il fisco riduce termini di accertamento, concede agevolazioni e rimborsi più velocemente, ecc.

Questo avrebbe il grande vantaggio di far percepire meglio la presenza dell’organo di controllo come una opportunità per l’impresa. Io sono un commercialista, non voglio essere imposto o subito, io sono utile a chi fa impresa e voglio essere scelto consapevolmente dall’imprenditore.

Proviamo poi a risolvere il problema della nomina dei sindaci? Non avrebbe più senso che almeno uno (magari oltre certi livelli di indebitamento) fosse nominato dai creditori (es. banche…)? Attenuerebbe il conflitto insito nella nomina per cui il controllato sceglie il controllore. Ne gioverebbe l’indipendenza. Prima miglioriamo lo strumento, poi lo diffondiamo, non viceversa.

Il nostro sistema imprenditoriale deve essere accompagnato verso un percorso di crescita virtuoso ma senza traumi. La PMI deve imparare a rimettersi in discussione, monitorando la validità del proprio business model, ridefinendo la dimensione minima per competere, ecc.
Per fare questo è necessario aiutarla, non penalizzarla.

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