Una gomma è una gomma, ecco perché (e come) si lavora alla ruota 4.0

scritto da il 10 Giugno 2019

Poco meno di due secoli fa un fallito e disperato Charles Goodyear si dilettava nella sua officina improvvisata a trovare un’applicazione utile per la gomma naturale. In un video, parte di una serie di documentari, si descrive l’ossessione di quest’uomo per il materiale scoperto nell’America latina. La sua invenzione, la vulcanizzazione, avrebbe aperto la via all’intera rivoluzione industriale: dalle cinghie per la trasmissione dell’energia cinetica (utilizzate in ogni sistema meccanico a vapore) alle gomme per le ruote. Di fatto la gomma vulcanizzata è una delle scoperte della storia recente meno apprezzate e considerate, per quanto ognuno di noi (quanto meno di sicuro chi possiede un’auto, una moto, una bicicletta o abbia giocato ai lego) utilizzi questo prodotto. Da allora, tuttavia, le applicazioni della gomma, nell’ambito dei trasporti, non sono brillate certo per innovazione. Se escludiamo alcuni aspetti tecnici (nuove miscele, differenti sagomature del pneumatico, aspetti piuttosto tecnici in cui, ammetto, non mi cimento) la gomma di 100 anni fa e quella di oggi è (ad occhi poco esperti) concettualmente la stessa. Un cerchio di materiale vulcanizzato, di colore nero, che serve a spostare agilmente un qualunque mezzo di trasporto dal punto A al punto B.

Se escludiamo i cingoli o le slitte, le ruote di gomma sono di fatto la soluzione più importante ed economica per trasportare merci o persone su terra, nel mondo, in modo flessibile. A differenza delle soluzioni di trasporto via nave, via aereo (che comunque ha bisogno di ruote per atterrare e decollare) o ferroviario, i trasporti su gomma non necessitano di impianti e strutture importanti. Un camion o un’auto possono muoversi in modo dinamico e autonomo, secondo le necessità del guidatore, senza che sia necessario avere importanti investimenti infrastrutturali. Ovviamente sono necessarie strade e autostrade ma, se paragonate agli investimenti portuali o ferroviari, sono relativamente più economiche. Eppure l’innovazione in questo campo latita. Siamo all’inizio di una nuova rivoluzione industriale (la 4.0 per intenderci): ogni cosa che vive, respira, si muove o emette un bip produrrà dati che saranno catalogati, analizzati, e si “fonderanno” in un processo più grande (comunemente noto come big data) che accresce lo sviluppo sociale ed economico dell’intera razza umana. Eppure un elemento così vitale del movimento umano resta ancora primitivo.

Come si può innovare un oggetto all’apparenza inerte? La filiera della gomma è ancora strutturata come lo era 50 anni fa: ogni singolo brand vende i pneumatici sia ai gommisti direttamente che ai grandi distributori. I produttori li vendono alla rete di gommisti. I gommisti li vendono ai singoli cittadini proprietari di auto. Con la mancanza di un contatto diretto totale (senza l’intermediazione del distributore) tra il consumatore e il produttore non è un segreto che si perde un immenso raggio di opportunità di vendita.

Come si può modificare un intero settore? Un signore che “produce macchine per sudare” ha deciso di cambiare la sua azienda: Technogym non necessita di presentazioni ma la visione spiegata circa un anno fa dal suo fondatore è vitale per comprendere come mutare un intero settore. Addirittura Nerio Alessandri, con la sua fondazione e partner, sta partecipando a progetti di creazione di comunità fisiche plasmate sul concetto di benessere e stile di vita sano. Nel mondo nuovo delle innovazioni digitali ogni segmento della filiera (sia essa consumer o business) può alterare, innovare, diversificare le sue linee di business.

Ne ho parlato con un paio di persone legate a Bridgestone. Il gruppo è il leader di mercato (dati 2018).usami Quindi a intuito due cose sulle gomme e i trasporti le sanno. Se la percezione della gomma “è data”, è interessante comprendere come su una struttura preesistente si può innestare qualcosa di radicalmente nuovo, al pari di Technogym. Spostare l’asse dal mondo del prodotto a quello del servizio. Questa è la sfida che molti gruppi stanno affrontando. Come per Technogym, che di base produce macchine per stare in forma, la sfida per il mondo della gomma è dare un valore aggiunto, facendo leva sui dati che può raccogliere.

Qualche mese fa parlai di come una compagnia di trasporti (leader nel suo settore, DHL) stava sviluppando un approccio in cui oltre al servizio che offriva (consegna pacchi nel mondo) andava a fare leva aggiungendo soluzioni di business intelligence, sfruttando la capillarità della distribuzione dei suoi mezzi. Ecco, oggi il mondo della gomma si trova a questo punto. Con questo approccio, spostandosi dal prodotto al servizio (a cui ovviamente resta agganciato il prodotto), si muovono l’industria della gomma e Bridgestone (che con la sua posizione di leader di mercato, ha ovviamente una visione globale sull’intero settore). Le innovazioni che apporterà l’industria 4.0 sull’intera filiera possono sicuramente colmare quel vuoto di informazioni tra consumatore finale e brand, tuttavia la sfida, se parliamo di un settore antico come quello dei trasporti su gomma, resta alta.

“Il mondo dei pneumatici in Italia è ancora principalmente B2B2C, il canale diretto verso il consumatore finale si sta sviluppando tramite l’e-commerce ma è ancora poco rilevante e, comunque, il gommista entra in gioco per il montaggio dei pneumatici e l’assistenza” mi spiega Giuseppe Spanò, che di Bridgestone è head of business development, digital and fleet business per il Sud Europa. “Il mercato Italiano della distribuzione dei pneumatici è molto frammentato, si stima ci siano oltre 30.000 rivenditori, tra gommisti specialisti, officine, concessionarie auto e perfino supermercati, dove si possono acquistare pneumatici. Per questo motivo una parte rilevante del nostro business è indiretto. In pratica noi vendiamo ad un grossista, lui a sua volta vende ai singoli gommisti che, infine, vendono al cliente che possiede l’auto. Ma abbiamo anche un canale diretto con i gommisti, che stiamo sviluppando rapidamente. La vendita diretta al gommista ci permette di avere un maggior controllo sulle vendite potendo attivare meccanismi di monitoraggio e fidelizzazione, sugli operatori di riferimento sul mercato (sufficientemente grandi da essere serviti con modello diretto)… e nella nostra visione futura ci permette di avere un tassello da noi gestito / controllato, di una più ampia rete di assistenza sui nostri prodotti e sui servizi”.

Per dovere di cronaca è bene ricordare che le gomme possono essere acquistate anche nei supermercati, tuttavia, il gommista, svolgendo anche il ruolo di montatore della gomma stessa risulta la soluzione più adatta. Diciamo una sorta di servizio completo chiavi in mano. A mio avviso l’industria 4.0 ha un vulnus evidente, che spesso viene tralasciato nelle discussioni su innovazione e futuro: i costi. Nessuno nega i vantaggi di avere una filiera di produttori, fornitori e clienti più fluida. Nessuno vieta che i dati, se opportunamente raccolti possano essere un grande valore per tutti i partecipanti dell’industria 4.0. Egualmente i vantaggi per l’utente finale (il cittadino che compra le gomme in questo caso) sono semplici da comprendere. Se pensiamo, tanto per fare un esempio, alle pubblicità personalizzate che ci vengono assegnate o ai film “di nostro gusto” che ci vengono proposti da Netflix quando si entra sulla piattaforma, si comprendono in vantaggi per l’utente finale. Il mondo del trasporto privato, tuttavia, ha ancora dei gap vistosi. Uno tra tutti “l’intelligenza” delle gomme di un’auto e la filiera ad essa sottesa.

“Raggiungere il gommista e, per estensione il suo cliente, è un passo importante per noi” continua Giuseppe Spanò. “Abbiamo creato una piattaforma che permette al gommista una gestione ottimale del suo punto vendita, attraverso una guida al flusso di lavoro ideale, alla conformità con le legislazioni vigenti (ex. GDPR) e ad un notevole risparmio di tempo. Il gommista ha la propria officina in una app che si porta in tasca, e questa app si comporta come un assistente digitale che lavora per lui, ad esempio ricordando in automatico ai clienti finali quando è il momento di effettuare un cambio gomme.”

“L’approccio è simile, nella sua tecnicalità, a quello di colossi come Google, Apple o Amazon”, mi spiega Fabrizio Trentacosti, digital manager di yourDIGITAL, il gruppo che sti sta occupando del progetto d’innovazione di Bridgestone. “Se ci pensiamo la fortuna di Google non è basata, solo, sulla qualità del suo motore di ricerca. Una buona parte della strategia del gruppo è stata, nel tempo, costruire una serie di servizi accessori, pensiamo a Google Maps o Google Mail. In questo modo il motore di ricerca ha potuto ampliare il suo parco clienti, generare maggiore traffico e quindi dati. In un’ottica simile, la soluzione che stiamo sviluppando per Bridgestone parte da un approccio simile: generare una serie di servizi per il cliente (nel caso di Bridgestone, il gommista) che possano aiutarlo a trovare e fidelizzare nuovi clienti finali (i possessori di un’auto).”

Svecchiare un settore come quello degli pneumatici non è una sfida facile, soprattutto perché è fondamentale trovare un “punto di contatto” tra il cliente finale e il gommista.

“Un punto di contatto è quello del cambio gomme. Statisticamente accade due volte l’anno, per cambiare gli pneumatici estivi con quelli invernali e contrario. In questo momento abbiamo deciso di posizionare una nuova soluzione, Mobox, che permette di vendere le gomme e i servizi associati a canone, un po’ come l’abbonamento del cellulare. Invece di vendere le gomme si viene a creare una soluzione in cui l’utente per un costo minimo mensile ottiene tutto ciò che serve per le sue gomme (montaggio, garanzia, manutenzione ecc.)”.  Spiega Spanò.

Se questo riguarda solo la parte di vendita è importante comprendere che la gomma, in quanto primo elemento che interagisce con la strada, è di fatto un importante elemento dell’intero processo di viaggio.

“La piattaforma creata si chiama BeKube e racchiude all’interno di un unico ambiente digitale, tutti i servizi attuali e futuri di Bridgestone: interagirà con strumenti utilizzati dal gommista all’interno dell’officina e con i sensori di TomTom Telematics (azienda che è stata recentemente acquisita da Bridgestone). In questo modo potremmo avere un dialogo continuo con l’auto e comprendere stili di guida e efficienza dei prodotti. Il concetto è assimilabile alla scatola nera che oggi è presente in molte auto e aiuta a tracciare con maggior efficacia le assicurazioni”, conclude Trentacosti.

“Inoltre” aggiunge Spanò “la connessione del pneumatico tramite sensori permetterà di ottenere una serie di informazioni in tempo reale, penso semplicemente a una perdita di pressione, che oltre ad essere un rischio per la sicurezza comporta anche un aumento dell’inquinamento ambientale”.

Con questo scenario di cambiamento in arrivo resta da considerare come l’integrazione delle tecnologie e le soluzioni digitali potrà essere di vantaggio per la cittadinanza e il semplice utilizzatore. In questo caso torna utile, di nuovo, il paragone con Technogym e la sua visione di creare una comunità più focalizzata al wellness e soluzioni in streaming che gli sono valse il nome di “Netflix del wellness”.

La visione di un mondo dove il trasporto privato e aziendale non significa solo traffico, code e fatica. Si parla anche di dati generati, e la tecnologia che ad essi è legata, che può migliorare l’esperienza di guida, collaborando, nel contempo, con la comunità per ridefinire l’intero futuro della vita urbana e suburbana del nuovo millennio. Sempre di più in futuro il mondo dei trasporti dovrà ambire allo sviluppo di uno scenario più virtuoso e maggiormente compatibile con le necessità dell’ambiente.

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